La frontiera della droga, la «Notte Santa» cantata dai ragazzi di V. Rav.

La frontiera della droga, la «Notte Santa» cantata dai ragazzi LETTERE AL. GIORNALE La frontiera della droga, la «Notte Santa» cantata dai ragazzi Contro la morte e l'indifferenza Due notizie recenti. Manuel Branca, 31 anni, tossicomane, è morto in carcere dopo aver subito una brutale aggressione da parte di un compagno di cella. Antonio Morabito, tossicomane, malato di Aids, è morto in questura a Torino dopo l'ennesimo arresto per scippo: due poliziotti sono indagati per omicidio preterintenzionale. Le morti di Branca e Morabito ripropongono, in termini drammatici, il problema di trovare dopo l'esito del referendum del 18 aprile 1993 - strumenti adeguati per: 1 ) ridurre i reati (scippi, rapine, estorsioni, ecc.) di cui i tossicomani si rendono responsabili, «costretti» a farsi criminali per acquistare la dose; 2) limitare, per quanto possibile, la sofferenza di chi, allo stato attuale, non può fare a meno della droga e usa ogni mezzo per procurarsela; 3) offrire alternative al mercato clandestino, e al ricatto degli spacciatori, per le decine di migliaia di tossicomani privi di qualunque contatto con strutture terapeutiche. Per fare questo, non è sufficiente - pur se assai utile - rafforzare i servizi pubblici e le comunità terapeutiche già esistenti. Si può andare oltre. Fin da subito è possibile aprire, in ogni città, centri di accoglienza per chi - se abbandonato a se stesso - finirebbe col commettere nuovi reati al fine di procurarsi la dose giornaliera. Centri di accoglienza dove, in caso di necessità, sia possibile somministrare, sotto controllo medico, farmaci sostitutivi. Si potrà così non solo limitare le morti per overdose e la trasmissione del virus Hiv. ma anche intraprendere un rapporto terapeutico che comprenda supporti di carattere psicologico; e, soprattutto, sarà possibile ridurre la violenza di cui i tossicomani sono, sempre più spesso, o autori o vittime. Luigi Manconi, Giuliano Pisapia, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky Gozzano in musica Siamo gli alunni della classe III C della scuola media Cadorna di Verbania; in questo gioioso giorno (22 dicembre) in cui finisce la scuola, abbiamo letto sul vostro quotidiano, nella pagina culturale, un articolo su Guido Gozzano, intitolato «Gozzano, ladro di notti - E' un plagio la poesia di Betlemme». Il nostro professore di musica, maestro Adriano Cavaliere, conoscendo quella poesia sul Natale, qualche anno fa ha deciso di musicarla e l'ha fatto in modo fantastico. Noi vorremmo farvi sapere quanto «La notte santa» sia diventata più bella. E' infatti una melodia tanto bella che possiamo assicurare che sarebbe un grande successo se fosse conosciuta. Ogni anno, il 22 dicembre, la nostra scuola fa una rappresentazione - ne siamo appena ritornati - in una chiesa della nostra città e tra i molti canti vi ò anche quello della Notte santa. Quest'anno Alice ha fatto la parte di Maria che insieme a Giuseppe cerca di trovare un posto dove ripararsi e, cantando, chiede agli osti e alle ostesse un letto per riposare. Oltre agli osti e alle ostesse, ci sono altri personaggi e il coro: siamo superorganizzati. Cantare «La notte santa» è diventata ormai una tradizione della nostra scuola e ogni anno la canzone riceve un applauso formidabile. E così, noi desidereremmo, con grande felicità, che qualcuno della redazione, possibilmente un critico musicale, venisse a gustare la dolce melodia (e saremmo onorati di ospitarvi). Vorremmo che dopo aver ascoltato questa bella, anzi bellissima canzone, la giudicasse perché a noi sembra una cosa strepitosa. Dai, dai, venite e forse la poesia diverrà più famosa e non importerà più se era un plagio perché, dopo che voi l'avrete sentita, magari verrà pubblicata su dischi e cassette e cantata in tutto il mondo. Allora, in poche parole, gradiremmo al più presto la presenza di un critico musicale e crediamo proprio che l'apprezzerà (se non vi andrà, fa niente... noi ci abbiamo provato). Un bacio da tutta la III C e saluti dalla nostra professoressa Maria Grazia Ottolini Reami. Per il Preside Maria Giri Gobbetti I guerriglieri della televisione Ho letto i resoconti sul carosello di polemiche fra i televolti di casa Fininvest, dopo che Fede a combinato il pasticciaccio Montanelli. Sgarbi contro uno, Ferrara contro l'altro, Mentana in porta e in attacco, Costanzo che dice che non ospiterà più Sgarbi, eccetera. Visto che il dottor Berlusconi vuole darsi alla politica, farebbe meglio a mandare un ordine di servizio: fate il vostro mestiere, soltanto quello. E noi potremo guardare la tv riuscendo a capire che cosa guardiamo. Bruna Ponti, Ancona La cremazione fra tabù e pietà Vorrei fornire qualche precisazione alla signora di Villadora (Torino), relativamente alle sue preoccupazioni su notizie negative lette e sentite sulla cremazione («Se le ceneri non hanno mercato»). Per disposizioni di legge (D.P.R. 10-9-1990 n. 285) l'intero feretro viene posto nel forno crematorio e, a Savona, i familiari o comunque disponenti possono presenziare a tale operazione ed alla successiva raccolta delle ceneri. Personalmente, per la scelta della cremazione, sono stato convinto dalle regole scritte da monsignor Mario Naldi, medico e cameriere segreto di papa Alessandro VII - anno 1656, dove si legge questo inciso: «Non può stimarsi abominevole quello che per tanti secoli fu tenuto onorevole né vi è altra differenza dal bruciare al seppellire, senonché l'incendio riduce i cadaveri con sicurezza nello stesso modo che li riduce, con sommo pericolo, il tempo». Agostino Parodi, presidente società di cremazione, Savona L'assalto alle foreste Leggo su Tuttoscienze di mercoledì 5 gennaio un articolo a firma Vittorio Ravizza che riferisce dell'ultimo rapporto Fao: «Agri coltura, verso il 2000». Secondo il signor Ravizza, fra le righe del rapporto Fao si leggerebbe che, in futuro, per ottenere i terreni coltivabili necessari al sostentamento della popolazione umana in continuo aumento nei Paesi in via di sviluppo, «all'incirca 50 milioni di ettari di foreste tropicali dovranno quindi essere sacrificati» e «diventerà sempre più difficile preservare ciò che resta della vita selvaggia...». Se questo è il tono del rapporto, bisogna dedurre che la Fao ignora alcuni aspetti tutt'altro che trascurabili: una quantità enorme di terreni coltivabili in Africa e Sud America sono in mano a multinazionali americane ed europee, che li sfruttano per produrre caffè, tabacco e frutti tropicali per le nostre già stracolme tavole e, soprattutto, per coltivare vegetali destinati alla produzione di mangimi per gli allevamenti da cui provengono le bistecche, simbolo del nostro «benessere». Se consideriamo che per ogni kg di carne, che può alimentare una persona per cinque giorni, bisogna nutrire l'animale da cui si ricava con 20 kg di cereali e legumi, che basterebbero ad una persona per 50 giorni, possiamo renderci conto dell'enorme spreco di cui siamo responsabili. Perché, anziché imbracciare la scure, non ridiamo le terre ai loro legittimi proprietari? Non è forse questa, fra l'altro, una delle cause delle recenti rivolte in Messico? O certi interessi economici non possono proprio essere toccati, anche a costo di radere al suolo la natura dell'intero pianeta? Ed è proprio necessario continuare ad ingozzarsi di bistecche, qui dalle nostre parti, o non sarebbe il caso di imparare di nuovo a nutrirsi di cereali e legumi, come è tradizione, come consigliato dalla moderna scienza della nutrizione (oltre che dal buon senso) e come io, e molti altri, facciamo già da anni? Claudio Viano, Torino Non tra le righe ma a chiare lettere: «Bisogna attendersi che la deforestazione continui [pag. 22]... Circa 90 milioni di ettari supplementari rischiano di essere convertiti alla produzione agricola nei Paesi in sviluppo, non compresa la Cina [pag. 304]... almeno il 47% di queste terre sono attualmente occupate dalla foresta». La Fao nel fare le sue previsioni non può che ragionare sulla base dei rapporti reali (sia pure «pazzeschi») tra Nord e Sud, ricchi e poveri, supernutriti e affamati. Quanto alle considerazioni generose e angosciate del signor Viano non si può che essere d'accordo, [v. rav.]