Milano, dopo 20 anni fatta luce sui sequestri con omicidio di Cristina Mazzotti e Emanuele Riboli Presi i boss dei rapimenti

Milano, dopo 20 anni fatta luce sui sequestri con omicidio di Cristina Mazzotti e Emanuele Riboli Milano, dopo 20 anni fatta luce sui sequestri con omicidio di Cristina Mazzotti e Emanuele Riboli Presi i boss dei rapimenti Blitz nel Nord Italia, 155 arresti MILANO. Altro che Puerto Escondido. L'«Isola felice», almeno per la 'ndrangheta calabrese specializzata in sequestri, è stata per decenni la dolce terra di Lombardia. E così i carabinieri hanno voluto definire proprio Isola felice l'operazione che ha portato all'emissione di 155 ordini di custodia cautelare: 87 già eseguiti tra Lombardia, Piemonte e Calabria; 54 notificati in carcere a già detenuti; altri 14 da eseguire nei prossimi giorni. Ci sono anche nomi eccellenti delle cosche, oltre a manovali ed incensurati. C'è, innanzitutto, Domenico Lojacono, 69 anni, il professore della 'ndrangheta arrestato ieri mattina a Torino. Fu lui, secondo gli inquirenti, la mente del sequestro di Cristina Mazzotti, a metà Anni Settanta. Oppure c'è Giuseppe Piromalli, parente del boss più famoso della Calabria. E, ad avvalorare il lavoro degli inquirenti, ci sono le rivelazioni di un pentito, ritenuto fondamentale dai carabinieri: Antonio Zagari, già figura di primo piano dell'organizzazione, capo della 'ndrangheta a Varese. Ma le sue rivelazioni hanno trovato conferma nelle confessioni di ben altri 15 pentiti. Un altro primato di questa operazione spettacolare che ieri mattina ha coinvolto più di mille carabinieri, elicotteri ed unità cinofile «sguinzagliati» in tutto il Settentrione. Spiega Armando Spataro, sostituto procuratore di Milano, da sempre grande protagonista delle indagini sulla mafia nel Nord: «Perla prima volta si sono potuti collegare in un'unica grossa inchiesta diversi fatti criminosi diluiti nel tempo». Già, la maxi retata riguarda rapimenti dall'esito tragico, avvenuti negli Anni Settanta: due sequestri di persona, 6 tentativi di sequestro, 19 omicidi, 12 tentati omicidi, 14 estorsioni e 18 rapine aggravate. Su tutti spiccano i casi più famosi. Quello di Cristina Mazzotti, sequestrata e giustiziata nel '75, Emanuele Riboli, stessa trama sanguinosa, nel '74. Oppure l'esecuzione di un pentito, Antonio Lancellotti, nell'89 (assieme a un occasionale accompagnatore, Ettore Versino), proprio quando cominciava a cadere il velo sull'organizzazione della 'ndrangheta di Lombardia. Ma le indagini toccano altri tentativi di sequestro e, soprattutto, vanno a colpire la struttura industriale che sta alle spalle di queste operazioni criminali. Non si tratta di gesti isolati di «balordi, ma di vere e proprie operazioni pianificate da cervelli decisi a sviluppare un'industria del sequestro, in grado di finanziare a basso costo il traffico della cocaina, lo smercio della droga in Lombardia, giù giù fino al riciclaggio delle immense somme ricavate». Un'intuizione da giallo americano, insomma, che prende corpo dalle indagini sul tentato sequestro di Antonella Dellea. Quattro anni fa, il 16 gennaio del '90, i carabinieri del Ros affrontano nelle campagne del Varesotto un comman- do della 'ndrangheta che si accinge a sequestrare la ragazza. Dopo un sanguinoso conflitto a fuoco restano sul terreno quattro rapitori, un carabiniere rimane ferito. Vengono catturati altri componenti della banda, tra cui il capo Giacomo Zagari. Ma è il capo per davvero? Una lunga inchiesta permette di stabilire i primi incroci, i primi contatti, le alleanze, la struttura di una vera e propria federazione del crimine gettata tra le province ricche di Mi¬ lano, Como e Varese, con filiali a Brescia, in Piemonte e in altre lande del Nord. Una sorta di 'ndrangheta trapiantata, con buoni rapporti - ma senza sudditanza - col quartier generale calabrese, capace di coniugare le occasioni di un'area ricca, piena di servizi finanziari, vicina al confine svizzero, con le regole di una malavita feroce. Ci vogliono quattro anni perché i carabinieri possano rispondere, ma con un pizzico d'ironia, alle polemiche segui¬ te alla sparatoria di Luino, in occasione del tentato sequestro della Dellea. Tanti accusarono l'Arma di violenza gratuita contro «piccoli criminali», vittime della società o del sottosviluppo di Piatì. «Altro che piccoli. Sapevamo - dicono gli uomini dell'Arma - che almeno altri 4 o 5 obiettivi erano pronti. Vittime da segregare in un box della periferia milanese, da trasferire poi sull'Aspromonte, E magari poi da eliminare, come è accaduto alla Mazzotti o a Riboli. Si trattava della più feroce organizzazione che avesse mai operato in questo campo». E dalla traccia di Varese si risale al ruolo delle famiglie Pesce e Piromalli, ai delitti più svariati: altri sequestri di persona; omicidi; taglieggiamenti di imprese; traffico di droga; vendette sui pentiti; riciclaggio in imprese commerciali. Altro che isola felice, sotto il tallone di una malavita un po' tribale, un po' multinazionale. Ma feroce come una belva, [u. b.] Decisivo il contributo di 16pentiti La banda stava preparando altri colpi Il blitz della polizia ha permesso di sgominare l'Anonima sequestri del Nord