Manette a Giallombardo ultimo latitante

Si consegna l'uomo di fiducia di Craxi. Ieri interrogato, stamattina sarà al processo Cusani Si consegna l'uomo di fiducia di Craxi. Ieri interrogato, stamattina sarà al processo Cusani Manette a Giallombardo, ultimo latitante «Con Bettino soltanto rapporti politici» MILANO. In volo da Parigi fino a Nizza dove incontra il suo avvocato, poi in taxi fino al valico di Ventimiglia e là, oltre la frontiera, Antonio Di Pietro. Finisce così, dopo quasi 12 mesi, la fuga di Mauro Giallombardo, ex segretario e uomo di fiducia di Bettino Craxi, l'ultimo tra i grandi latitanti di Tangentopoli. Questa mattina Giallombardo sarà al processo Cusani, a 36 ore dal suo ritorno. Sono le 22,30 di giovedì quando in gran segreto avviene l'incontro tra Giallombardo e il suo giudice. Il valico è lo slesso in cui, un anno fa, si consegnò Silvano Larini, stesse abitudini e stesse strade per i portatangenti di re Bettino. Ad attenderlo all'aeroporto c'è uno dei suoi difensori, Salvatore Lo Giudice. Insieme al padre, Enzo, difende Craxi. E' un primo segnale per capire una cosa importante: Mauro Giallombardo non è tornato per «impallinare» l'ex segretario socialista. Da Nizza a Ventimiglia ci sono 35 chilometri. L'ex latitante e il suo avvocato li corrono in taxi. All'appuntamento c'è Di Pietro. Con lui, oltre alla scorta, la «squadretta» di investigatori che da due anni lavora su Tangentopoli, e che da uno ha nel mirino Giallombardo. Mezz'ora di colloquio in un ufficio della dogana, poi via verso Milano. Un caffè in autogrill, poi la caserma di via Fabio Filzi. Quando Mauro Giallombardo arriva nel carcere di Busto Arsizio, provincia di Varese, sono le tre di notte. 12 ore dopo il primo interrogatorio davanti al giudice Ghitti. Dura 5 ore il faccia a faccia, 20 le pagine di verbale riempite, 6 in più quelle del memoriale che l'ex collaboratore di Craxi consegna al giudice, un solo limite invalicabile: «Con Craxi ho sempre avuto solo rapporti politici». Esce alle 20 il giudice Ghitti. Si ferma, e davanti alle telecamere dice: «Per me l'interrogatorio è finito. Come è andato? E' andato». Impossibile sapere di più. Mezz'ora dopo escono i difensori. Parla l'avvocato Enzo Lo Giudice: «Il mio assistito ha messo a disposizione del magistrato tutti i suoi conti bancari, anche quelli fino ad oggi sconosciuti: in Lussemburgo, a Strasburgo e a Bruxelles». Allora collabora, avvocato? Prende fiato Lo Giudice, poi spiega: «Giallombardo ammette di essersi prestato, in pochissimi casi, a cercare di contribuire per il partito di fronte alle richieste del segralrio amministrativo che gli aveva fatto notare una situazione debitoria gravissima. Ma Giallombardo non è un faccendiere, è fuori dagli schemi di Tangentopoli». Dunque, qualcosa ammette Mauro Giallombardo. Tre versamenti: due per gli appalti Enel da Paolo Stafforini e da Paolo Scaroni della Techint, poche centinaia di milioni in tutto. Ammette anche un altro versamento, 1 miliardo e 500 milioni, da Lorenzo Panzavolta della Calcestruzzi, gruppo Ferruzzi. E poi nega, nega tanto Mauro Giallombardo. Nega di aver ricevuto, sempre da Panzavolta, 10 milioni e mezzo di dollari. Quei soldi, spiega Giallombardo dalla sua cella singola, furono un pagamento (lecito) come mediazione per l'acquisto di un cementificio in Jugoslavia. E Craxi? Davvero Giallombardo trattava solo con Vincenzo Balzamo, l'ex cassiere morto d'infarto? Risponde l'avvocato Lo Giudice: «Il rapporto con Craxi era completamente diverso, un rapporto politico e culturale. Lo ha messo sull'avviso che era circondato da mercanti, nani e ballerine». Ci sono altre nubi nel panorama giudiziario di Giallombardo: le società in Lusemburgo, il tangentone Enimont passato dallo Ior e finito ne! Granducato. Nega anche questo, Giallombardo. Spiega l'avvocato: «Sui conti del mio assistito non è passato danaro per il psi, il gruppo Mer¬ chant non è mai stato utilizzato per passaggi dì danaro». Anche su quei mesi in fuga, con la famiglia in Lussemburgo, l'avvocato Lo Giudice dice il meno possibile: «Giallombardo ha passato questi mesi a soffrire, in Europa. Ha letto cose assurde su di sé. Poi ha capito che il carcere doveva metterlo in cónto. Noi abbiamo comunque già presentato istanza per la sua libertà». Fabio Potetti L'avvocato: «Non è un faccendiere» E ammette solo tre versamenti A sinistra, Mauro Giallombardo in compagnia di Bettino Craxi A destra, Antonio Di Pietro