«Quel giorno è la nostra Pasqua» di Andrea Di Robilant

«Quel giorno è la nostra Pasqua» «Quel giorno è la nostra Pasqua» II rabbino Toaff: il Quirinale ha capito ROMA. Sembrava fatta: elezioni il 27 marzo. Ma la coincidenza con la Pasqua ebraica ha finito per creare una ennesima incertezza sulle prossime elezioni, che adesso, secondo le ultime indiscrezioni, potrebbero essere anticipate al 20 marzo. Ien sera il rabbino capo di Roma Elio Toaff appariva piuttosto fiducioso circa un ripensamento da parte del presidente Scalfaro: «Dai vertici dello Stato ci sono arrivate assicurazioni che le nostre ragioni saranno tenute nel debito conto per evitare che le elezioni si svolgano il 27 marzo, giorno della Pasqua ebraica». Per la verità, dal Quirinale, non è arrivata alcuna conferma. E Tullia Zevi, presidente della Unione delle comunità israelitiche, è parsa più cauta di Toaff. «Ci sono senz'altro l'auspicio e la volontà di trovare una via d'uscita a questo problema, ma per quanto mi riguarda non ho ricevuto alcuna assicurazione». L'incertezza rimane, dunque, ma gli incontri già fissati per oggi con gli ambasciatori del Quirinale e di Palazzo Chigi dovrebbero portare ad un chiarimento. «E comunque - aggiunge la Zevi - c'è da parte di tutti gli interessati il desiderio di arrivare ad una onorevole soluzione, soprattutto per l'immagine dell'Italia». La diplomazia della comunità ebraica si era messa in moto a metà settimana quando la possibilità che il presidente Scalfaro indicesse le elezioni il 27 marzo si era improvvisamente fatta concreta. In una lettera a Scalfaro e in una al ministro degli Interni Mancino, il rabbino Toaff e la Zevi hanno fatto presente che i circa 30 mila elettori ebrei non avrebbero potuto partecipare al voto. La Pasqua ebraica (Pesah), che quest'anno cade dal 27 marzo al 28 marzo dopo il tramonto, è una delle principali festività della religione ebraica. E il riposo nelle festività è uno degli obblighi fondamentali fissati dalle leggi della Torah. Per questo il diritto all'osservanza del riposo è garantito dalla legge dell'8 marzo 1989, che regola i rapporti tra lo Stato italiano e l'unione delle comunità ebraiche. E l'articolo 5 garantisce specificamente il riposo durante la Pesah. Che cosa succede quando la norma religiosa e la legislazione civile entrano in conflitto, come sicuramente succederebbe nel caso di elezioni il 27 marzo? In genere si applica il principio enunciato dal filoso¬ fo medioevale Maimonide, che tende a far prevalere la legislazione civile. Alcuni giuristi consultati dal Quirinale e da Palazzo Chigi sostengono che questo principio è implicito nell'intesa del 1989. In linea di massima, dunque, non ci sarebbe alcun obbligo da parte del presidente Scalfaro di spostare la data per non farla cadere il 27 marzo. Per questo l'annuncio del rabbino Toaff di voler ricorrere alla Corte Costituzionale per ottenere lo spostamento nel caso che quella data rimanesse non ha preoccupato più di tanto i vertici dello Stato. Se Scalfaro e Ciampi appaiono orientati a cambiare la data è piuttosto per una questione di opportunità politica: perché offendere inutilmente la comunità ebraica visto che la data può essere anticipata senza troppe complicazioni? Tanto più che in favore della comunità ebraica si sono pronunciate anche alcune forze politiche (Alleanza democratica, repubblicani, Pannella, Berlusconi). Andrea di Robilant Elio Toaff

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