«Non si vota il 27 marzo

L'ultima decisione al Consiglio dei ministri, resta una sola alternativa: il 20 marzo L'ultima decisione al Consiglio dei ministri, resta una sola alternativa: il 20 marzo «Non si vota il 27 marzo» E Ciampi media con la comunità ebraica ROMA. Si voterà domenica 27 marzo se Ciampi riuscirà ad appianare l'incomprensione che è nata con la comunità ebraica. La quale, per bocca del rabbino capo Toaff, fa sapere ufficialmente che quella domenica gli ebrei non potranno andare a votare perché per loro è Pasqua. Si è parlato, addirittura, di ricorso alla Corte Costituzionale contro le elezioni il 27 ma, a quanto sembra, non è una via praticabile né la comunità ebraica intenderebbe praticarla. Il presidente del Consiglio avrebbe cercato di mettersi in contatto ieri sera col rabbino Toaff, ma non gli sarebbe stato spiegato che potrà avere il colloquio solo dopo il tramonto di oggi, al termine del sabato ebraico. Ieri Scalfaro ha ascoltato a lungo i presidenti delle Camere, per sentire le loro opinioni sullo scioglimento del Parlamento che dovrebbe avvenire domani, domenica. E' una data che permette di andare alle urne sia il 20 marzo (63 giorni dopo lo scioglimento delle Camere) che il 27 (70 giorni dopo). Alla peggio, se dovessero sorgere ostacoli insormontabili, si voterebbe il 20. Ma c'è un problema tecnico che Pannella ha messo in rilievo. I Comuni debbono far sapere a ciascun elettore in quale col- legio voterà 30 giorni prima delle elezioni, in modo da poter raccogliere le firme per le candidature. Se si votasse il 20 marzo, i Comuni avrebbero ancora 35 giorni di tempo per sbrigare questa incombenza. Altrimenti, verranno rinviate le elezioni nei Coi •-•'ni inadempienti. Di questo e del problema con la comunità ebraica ha discusso il presidente del Consiglio, assieme al ministro dell'Interno, Mancino, a Maccanico e ai ministri Elia, Paladin. La conclusione è che toccherà a Ciampi trovare la soluzione con gli ebrei. Se rimane fissa la data del 27, bi¬ sognerà fare ampie scuse, facendo presente la situazione che non permette rinvìi, ma neanche anticipi. E' previsto un Consiglio dei ministri «più probabilmente per domenica», secondo quanto ha detto il ministro Merloni. Consiglio che dovrà fissare la data delle elezioni. Il presidente della Repubblica ha annullato i suoi viaggi per oggi e domani, segno che la decisione incombe. Certo, è singolare come le prevedibili rimostranze della comunità ebraica siano state sottovalutate. Da un mese, fonti ufficiose delle più varie istituzioni andavano dicendo che il problema non esisteva. Oggi il ministro per le Riforme, Elia, ammette: «Il problema esiste». Qualcuno coglie l'occasione per suggerire di andare al voto il 10 aprile. Bisognerebbe ritardare lo scioglimento e concludere prima il dibattito sul governo col voto finale di fiducia. Il de Gargani suggerisce o di sottoporre il governo al voto del Parlamento o di iniziare consultazioni a largo raggio «per valutare la situazione». Ma la via sembra impraticabile. Il vero problema è, invece, il destino del governo. Ciampi si è dimesso ma preferirebbe che le sue dimissioni non venissero accettate dal Presidente della Repubblica. Insistono i consiglieri giuridici e costituzionali della presidenza del Consiglio, mentre pare che questa soluzione non sembrerebbe opportuna ai presidenti delle Camere. C'è in corso un dibattito sotterraneo tra costituzionalisti per definire i poteri che può avere un governo dimissionario e uno non dimissionario, quando si è in attesa delle elezioni e con le Camere sciolte. Sospettoso, Marco Pannella ieri si chiedeva: «Si vuole assolutamente che governi sin da domani senza l'ingombro del Parlamento? E perché?». [a. rap.] Napolitano A destra, Oscar Luigi Scalfaro

Luoghi citati: Roma