Johan, angelo dalle ali logore di Igor Man

Johan, angelo dalle ali logore IL MEDIATORE DELL'IMPOSSIBILE Johan, angelo dalle ali logore Quel capolavoro diplomatico nella fattoria ANCHE la pace uccide? «Il ministro degli Esteri della Norvegia, Johan Joergen Holst, 56 anni, il sommesso artefice dell'accordo fra Israele e l'Olp, è morto inaspettatamente questa notte a Oslo». Cosi la Reuter. In redazione, il giornalista legge, incredulo, te parole che algidi impulsi elettronici fanno zampettare sul computer. Sono parole terribili ma appaiono normali. Tutte insieme formano la notizia. Questa notizia. Ma cos'è una notizia per un giornalista? Dico: per il giornalista che la riceve e che la deve passare, che deve leggerla, cioè, giudicarne l'importanza, mandarla a comporre, commentarla, magari. Cos'è, cosa rappresenta una notizia? E' un 'atto impersonale. Città, uomini, accadimenti. Lontani, freddi, staccati. Anche quando sono spaventosi. Ma fra le tante c'è. sempre una notizia diversa dalle altre. Diversa poiché li colpisce come un cazzotto sfondando la corazza del cinismo professionale. La morte di Holst è la notizia-cazzotto. Una notizia drammatica e dilemmatica, sempreché così possa dirsi. Accantonato il turbamento, il giornalista si interroga. E veloce arriva la tentazione, umanissima, di domandarsi se sia «giusto» che un uomo come Holst, un uomo-angelo, ecco: un angelo (della pace) uomo, venga stroncato da un ictus in un letto d'ospedale, «inaspettatamente» come scrive la Reuter. Te lo chiedi anche perché quell'uomo-angelo era (relativamente) giovine. Era padre (di 5 figli), e sposo felice di una donna innamorata di lui. E' lecito porsi simili interrogativi?, si domanda smarrito il giornalista. E l'ascensore della memoria lo porta rapido nella Basilica di San Giovanni il giorno livido in cui, celebrando la Messa in morte di Aldo Moro, Paolo VI gridò penosamente la sua angoscia: mio Dio, abbiamo tanto pregato affinché il nostro fratello Aldo si salvasse. Ma tu non ci hai ascoltato. Se un uomo di fede quale fu papa Montini, lui che al tormento dell'artrosi aggiungeva il tormento del cilicio «per tentare d'accostarsi allo strazio fisico di Cristo Gesù»; se lui, Paolo VI, si rivela percosso dalla «ingiustizia della morte» è forse consentito al vecchio giornalista sentirsi smarrito. Ma un altro dubbio incalza. Una notizia simile, la morte di Holst, in che chiave raccontarla al lettore? Vogliamo andare sul patetico? Nulla di più facile. Vogliamo darla con distacco, «professionalmente»? Nulla di più difficile. Forse la chiave giusta è dire in breve cosa fece, nell'ultimo scorcio della sua vita terrena Johan Joergen Holst, ministro degli Esteri di Norvegia. Alla vigilia del Natale del 1992, in un albergo di Londra, Yair Hirschfeld, un professore di storia di Gerusalemme, violò la legge israeliana incontrando Ahmed Kriah, capo del Dipartimento economico dell'Olp. Durò poche ore quell'incontro ma c'erano voluti sei mesi per prepararlo. Il palestinese disse d'essere «interessato» a nuovi incontri-diretti con rappresentanti del governo di Israele. L'idea sembrò buona al professor Hirschfeld. Nessuno pensava, avrebbe successivamente detto costui, che da quell'incontro bizzarro sarebbe sortita una grande, difficile, miracolosa operazione di pace (tuttora in corso). Non lo pensavano l'ebreo e il palestinese, ma lo speravano il ministro degli Esteri di Norvegia del tempo, Thorvald Stoltenberg, e un pugno di suoi collaboratori. Tra di essi suo cognato, Holst appunto, allora ministro della Difesa. Come ricercatore universitario Holst aveva condotto uno studio sulla condizione dei palestinesi, giovandosi dell'aiuto di colei che sarebbe, poi, divenuta la sua seconda moglie: Marianne Heiberg. Il 13 di dicembre del 1993, annunciando l'accordo fra Israele e l'Olp, il presidente Clinton ringraziò solennemente Holst del suo «ruolo chiave». Si deve infatti alla tenace, sorridente «testardaggine pacifista» di Holst se ebbero luogo 14 incontri segreti, invero propedeutici, tra israeliani e palestinesi che, infine, scrissero insieme la bozza dell'accordo «storico», affidato a Rabin, ad Arafat. Molti degli incontri segreti si svolsero in una fattoria dell'Ottocento, in un immenso bosco norvegese. Li israeliani e palestinesi discutevano, passeggiavano, desinavano, bevevano buone grappe. Insieme. Spesso giuocavano davanti al caminetto con Eduard. Un bambino di 4 anni, il figlio di Johan e di Marianne. Giuocare con Eduard li distendeva, avrebbe raccontato poi Holst; dimenticavano frustrazioni e sospetti, arrivavano a darsi pacche sulle spalle grazie a quel bambino. Un giornale norvegese ha proposto di assegnare al piccolo Eduard il Nobel per la pace al quale la Germania aveva candidato Holst. «Mi viene in mente la Bibbia, il destino di Mose», ha detto l'ambasciatore di Israele a Roma, Avi Pazner, quando ha appreso della morte di Holst. Pazner, già falco moderato, oggi aggressiva colomba, ricorda Mose poiché questi intravide la terra promessa senza raggiungerla. «Il contributo di Holst alla svolta nel negoziato di pace è stato determinante, enorme». Certamente, dopo quella «enorme, determinante», fatica estrema, Holst andò in tilt. Prima un esaurimento nervoso, poi, il 16 di dicembre, un insulto cerebrale. Due giorni fa il nuovo ricovero; l'altra notte la morte. Holst disse un giorno ad Arafat che aveva «intuito e sofferto» la tragedia dei palestinesi leggendo i versi di Mahmud Darwish, il poeta della diaspora palestinese. Guest! versi. «La patria è il sapore dal caffè / preparato dalla madre / La patria è il ritorno / a casa / nella sera». Cosa lo aveva colpito di più, gli fu chiesto, durante la trattativa nel bosco? «La voracità di parlare, di parlarsi, delle due parti. Parlare per esorcizzare l'odio, verosimilmente, parlare per sentirsi eguali. Parlare sino allo sfinimento». Anche la pace uccide? E qual è il segnale di questa morte (morte da stress) non annunciata? Forse che l'uomo non può, non deve osare troppo? Prendiamo gli astronauti che misero piede sulla luna. Edwin Aldrin: tre matrimoni, crisi di paranoia, alcolismo. Secondo uomo sulla luna; scese con Neil Armstrong il 21-7 del 1969. Charles Duke: divorziato, si è fatto prete dopo la missione Apollo 16; decimo uomo ad allunare. Edgar Mitchell: sesto uomo sulla luna (febbraio del 1971), divorzio, crisi psicologica, inguaribile depressione. James Benson Irwin: «Apollo 15», morto di stress dopo essere andato alla ricerca dell'Arca di Noè, l'8 di agosto del 1991. E allora? Dice il Vangelo: «Il vento soffia dove vuole. Ne senti la voce, ma non sai di dove viene, dove va. Così è di chiunque sia nato dallo Spirito». (Giov. 111-3,7/8). Già, il vento soffia dove vuole. Igor Man