Aria di Watergate alla Casa Bianca di Franco Pantarelli

Il Presidente torna a Washington dall'Europa nella condizione di inquisito Il Presidente torna a Washington dall'Europa nella condizione di inquisito Aria di Watergate alla Casa Bianca Sulla Casa Bianca l'incubo di uno stillicidio di rivelazioni Prima puntata: la consegna delle carte del suicida Foster NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Sarà un ritorno imbarazzato quello di Bill Clinton a Washington. Dopo il via libera che lui stesso (a furor di popolo) ha dato alla nomina di uno «special prosecutor» indipendente per far luce sui suoi trascorsi finanziari in Arkansas, quello che riprenderà possesso alla Casa Bianca sarà formalmente un Presidente inquisito. Come Richard Nixon, che mentre si adoperava a porre fine alla guerra in Vietnam e a riallacciare i rapporti con la Cina aveva su di sé l'ombra di Archibald Cox intento a studiare le carte e i nastri registrati dello scandalo Watergate; e come Ronald Reagan, che mentre firmava con Gorbaciov gli accordi per smantellare un'intera generazione di missili nucleari era tallonato da Lawrence Walsh che cercava di raccapezzarsi nel labirinto dello scandalo Iran-contras. Nessuno sa, naturalmente, se l'avventura di questo nuovo «special prosecutor» (il suo nome si dovrebbe conoscere tra qualche giorno, dovrà essere un giurista «dalla specchiata reputazione di indipendenza», come dice la norma) si concluderà con una vittoria totale come quella di Cox, che costrinse Nixon alle dimissioni, o con lo sprofondamento nell'indifferenza generale come è accaduto a quella di Walsh, le cui conclusioni sono date per imminenti ma a questo punto nessuno se ne cura più. Certo è che finché quell'inchiesta sarà in corso non è da escludere uno stillicidio di indiscrezioni destinato periodicamente a imbarazzare la Casa Bianca. Per gli amici di Clinton, che negli ultimi giorni si erano uniti ai suoi nemici nel chiedere lo «special prosecutor», il suo improvviso «sì» comunicato l'altro ieri da Kiev dopo essersi consultato per telefono - si dice - con la moglie Hillary costituisce una vittoria del buon senso, perché ormai il tentativo di «sfuggire» era diventato insostenibile; per altri si è trattato comunque di una sconfitta politica perché la pretesa di contrapporre la sua parola ai sospetti diffusi non ha funzionato. Ma al di là di questo, ciò che molti si aspettano dall'indagine indipendente che verrà fatta è l'emergere di un'immagine della coppia BillHillary del tutto diversa da quella che in questi quasi due anni di Casa Bianca si è cercato di accreditare: lui come un nuovo Kennedy, lei come una nuova Eleanor Roosevelt. Già le storie delle «performances» sessuali, che hanno coinvolto principalmente lui ma hanno lambito anche lei, un proprio contributo alla demoli- zione di quell'immagine lo hanno dato. Ora, le attività finanziarie rischiano di fare il resto, e questa volta il ruolo principale potrebbe essere proprio quello di Hillary. Il problema, come si sa, è quello di accertare se l'istituto di credito dell'Arkansas «Madison Guaranty», al momento del suo fallimento nel 1982, costato alle casse pubbliche 50 milioni di dollari, abbia illegalmente trasferito fondi alla società immobiliare Whitewater, e se quel trasferimento di fondi sia stato in realtà un finanziamento mascherato alla campagna governatoriale di Clinton del 1984. Lui e Hillary della Whitewater possedevano la metà, e per di più lei, in quanto partner dello studio legale Rose, avrebbe operato in prima persona nel curare gli interessi della Madison Guaranty, anche di fronte all'ufficio del Governatore, cioè suo marito. Con Hillary, nello studio legalo Rose lavorava anche Vince Foster, che poi ha seguito la coppia alla Casa Bianca in veste di consigliere speciale ed è finito suicida nel luglio scorso, «schiacciato dai veleni di Washington». La sua morte fece scalpore, i Clinton piansero pubblicamente l'amico perduto e ci fu perfino chi tentò di incoraggiare i politici di Washington a una specie di esame di coscienza: non saremo irrimediabilmente minati alla base, se riusciamo a distruggere a tal punto una persona onesta che arriva qui dalla provincia? Ma quei buoni pensieri sono stati subito dimenticati. Del suicidio di Foster, l'aspetto più importante è diventato quello dei documenti lasciati e di quelli scomparsi. Alla prima categoria appartiene un foglietto con elencate cifre e nomi di città dell'Arkansas e le indicazioni «B», «H» e «C», che stanno palesemente per Bill, Hillary e Chelsea, la figlia. Non si sa bene cosa significhi («forse ha a che fare col libretto di risparmio di Chelsea», ha azzardato Betsey Wright, un'ex collaboratrice dei Clinton), nr.a ormai ogni cosa desta sospetto. Alla seconda categoria, quella dei documenti scomparsi, c'è invece la vicenda sconcertante del dossier scomparso nel giorno del suicidio. Gli investigatori che si recarono nell'ufficio di Foster trovarono il «titolo» del dossier menzionato nell'elenco di quelli che dovevano essere contenuti in un certo mobiletto, ma dentro il dossier non c'era. Che fine aveva fatto? Lo avevano preso i Clinton, ma per confessarlo hanno aspettato fino a dicembre, cioè qualcosa come cinque mesi. Si dissero anche «disponibili» a consegnarlo agli investigatori del dipartimento della Giustizia, ma ora, con lo «special prosecutor», la loro disponibilità non serve più: quel dossier dovranno consegnarlo per forza. Franco Pantarelli ■ i 1 Il segretario agli Interni Janet Reno [FOTO REUTER]