Segni, apertura alla Lega Occhetto vuole volti nuovi

Segni, apertura alla Lega Occhetto vuole volti nuovi VERSO le mm Segni, apertura alla Lega Occhetto vuole volti nuovi SROMA ONO le dieci del mattino e nella mansarda del Nazareno, lì dove ha preso le decisioni più difficili della sua vita, Mario Segni ha riunito gli amici più fidati. Con loro può confidarsi: «Sarà difficile, ma credo che almeno al Nord sia possibile mettere a punto un accordo elettorale con la Lega». Sono parole impegnative, è il preannuncio di una svolta e gli amici di Mariotto - Alberto Michelini, Giuseppe Bicocchi e pochissimi altri - hanno il fiato sospeso. Segni si spiega meglio: «Certo, non credo sia possibile che i leghisti entrino nel nostro Patto, ma se al prossimo congresso di Bologna chiuderanno col separatismo, un accordo esclusivamente elettorale si potrebbe l'are, che ne dite?». Dunque Segni esce allo scoperto. Mariotto non ha mai amato le battaglie di sola testimonianza e la sua voglia di vincere lo scontro elettorale, di conquistare palazzo Chigi fa premio su tutto. E cosi, due ore dopo, Segni interviene alla Camera sulla mozione Pennella e. quando parla della Lega, indossa i guanti bianchi, fa capire che si può trovare un'intesa se nel Carroccio prevale la «linea che vuole ragionevolmente combattere lo statalismo». A scoprire un gioco fatto di ammiccamenti pubblici e di contatti segreti ci pensa l'agenzia Asca, che mette nero su bianco le chiacchierate private di Segni. Mariotto è costretto a smentire un accordo con Bossi, ma lo fa con parole illuminanti: «La Lega non mi ha candidato come premier e se non c'è accordo politico non ci può essere nemmeno una candidatura» «aperture alla Lega». Ma ormai la frittata era fatta. Umberto Bossi, interpellato in serata, in un Transatlantico ormai vuoto, sembra un agnellino: «Segni vuole un accordo elettorale? Bisogna vedere cosa vuol dire, ma comunque si può fare». E soprattutto conferma che ormai lui e Segni stanno trattando: «Quel che è certo è che abbiamo preso formalmente l'impegno a confrontarci. Nelle prossime ore i miei più strotti collaboratori incontreranno Segni o qualcuno dei suoi». Segni esce allo scoperto, ma sa benissimo che l'accordo elettorale con la Lega può farlo soltanto se si porta dietro tutto il partito popolare, impresa difìcilissima visto che la sinistra de su questo punto è intransigente. E per Segni l'operazione «aggancio del Carroccio» ò ancora più difficile perché, forse, Mariotto immagina quel che i capi leghisti si dicono tra loro: «L'ideale sarebbe portare Segni e i centristi con noi e lasciare soli Martinazzoli e la Bindi». E' quel che il presidente dei deputati Maroni ammette a mezza bocca: «I centristi avrebbero dovuto già lasciare la de». Cosa che il gruppo Casini-D'Onofrio-Mastella farà, probabilmente, già oggi. E mentre lo schieramento di centro cerca di trovare un accordo minimo elettorale, la nave della sinistra ò già salpata. Ieri pomeriggio, in terreno neutro (negli uffici romani del Parlamento europeo) si sono incontrati per il primo «assaggio» i capi della sinistra italiana: attorno allo stesso tavolo il segretario del pds Occhetto, il presidente di Rifondazione comunista Cossutta, il leader della Rete Orlando, il verde Ripa di Meana, il cristiano-sociale Gorrieri e il folto drappello di Alleanza democratica formato da Bordon Scoppola, Adornato, Ruffolo, Ayala. Quattro ore di colloqui che sono serviti a prendere atto che non ci sono scogli terribili all'orizzonte, che i socialisti di Del Turco (guardati con sospetto da Orlando) saranno presto ammessi al «tavolo» e che invece su un punto si dovrà ancora discutere: Ad e i cristiani sociali vorrebbero un accordo elettorale con tutto il cartello, ma tenere fuori Rifondazione dal patto di governo; tutti gli altri invece puntano ad un accordo complessivo. Ma intanto si pensa già alle candidature e no- vita si preparano a Botteghe Oscure. Occhetto ha in mente un radicale svecchiamento dei gruppi parlamentari, chiederà di farsi da parte - ma le resistenze sono già cominciate - a tutta la «guardia» berlingueriana: Ugo Pecchioli, Aldo Tortorella, Alfredo Reichlin, salvando soltanto Nilde lotti e Giorgio Napolitano. L'obiettivo è quello di fare largo alla cosiddetta società civile. E tra i possibili candidati, il giornalista che meglio conosce Silvio Berlusconi: il direttore dell'Espresso Claudio Rinaldi, candidato magari nello stesso collegio del Cavaliere. Fabio Martini Salpa la nave dei progressisti ma c'è lo scoglio di Rifondazione Il leader della Lega Umberto Bossi (sopra) oggi firmerà i nuovi referendum lanciati da Mariotto Segni

Luoghi citati: Bologna