Onorevole, che farà da grande? di Massimo Gramellini
Onorevole, che farà da grande? L'ADDIO AL PALAZZO Onorevole, che farà da grande? E il ministro pensa a una fuga d'amore ROMA IAMOCI un taglio. Zac. Dietro i bagni extra-lusso di Montecitorio, circondato da specchi, velluti e flaconcini colorati, il barbiere Luciano assesta gli ultimi colpi di forbice alla prima Repubblica. Ecco: il governo si è dimesso, i capelli sono asciutti. E' finita. L'onorevole si spazzola, saluta e se ne va. Chissà dove. Dove va, ad esempio, l'onorevole Riccardo Misasi, col suo maglione affezionato alle briciole e gli occhi cerchiati del vecchio demitiano deluso? «La gloria non è di questo mondo», sentenzia, biblico e sognante. Mentre tanti altri padroni del nostro passato promettono o minacciano di infliggerci le loro memorie, Misasi ha progetti più intimi ma, come dire, multimediali: «Ho tante cose da fare, ma le terrò tutte per me, senza mostrarle in giro. Tornerò a dipingere i miei quadri. E a metter su carta certe musiche che ho in testa da tempo. Poi scriverò per la mia nipotina la saga della nostra famiglia, alternando il racconto a pensieri politici e notazioni personali. Alla Montaigne, per intenderci. Tutto comincia nel 1450, quando il mio avo Bernardino arrivò in Calabria dalla Macedonia... Un grande soldato, Bernardino». Sì, ma adesso la guerra è finita. Si smobilita. Tanto hanno vinto «loro». I giudici, i giornalisti, i progressisti. L'ultimo passo del vecchio-che-arretra è un tango della rassegnazione. «Lascio la Camera. Nei prossimi anni mi occuperò di Virgilio e di D'Alema», promette il presidente latinista dei deputati demo- cristiani, Gerardo Bianco. «L'alleanza del progresso vincerà le elezioni e io mi divertirò a studiare i discorsi governativi del pds. Intanto finirò il mio libro sugli animali in Virgilio, primo capitolo: il cavallo». Immune dagli avvisi di garanzia, Bianco è più padrone di altri del proprio destino. E se sceglie di scendere dalla giostra è per ritemprare le forze in attesa del grande ritorno, che lui trascina fino al 1998, quando indosserà la toga dell'anti-Rutelli. «Ci sto già pensando. Potrei presentarmi alle ele¬ zioni di Roma con un programma semplice: il ripristino del latino come lingua cittadina. Il latino classico, s'intende, non quello ecclesiastico». Il futuro console non perde il buonumore e la speranza. Altrove le facce sono meno energiche, gli occhi meno accesi. Sfilano tutti, per l'ultima volta, sul tappeto magico del Transatlantico. Il vecchio fascista Pino Rauti, con la faccia polverosa come l'ammasso di carte che gli esplode sotto l'ascella: continuerà a studiare Evola a casa. Gianni De Michelis, dimagrito e sfuggente, ormai concentrato sui business internazionali: ma la storia che starebbe impiantando una tv in Ucraina è una leggenda metropolitana di fine regime. Enzo Scotti, che medita di trasferirsi all'università di Malta. Un Pomicino invecchiato e melanconico che tesse l'elogio dell'ozio e si dice disposto a parlare «soltanto di pallone e cavalli». E Giulio Di Donato, l'ex potente socialista che a trent'anni dalla laurea aprirà finalmente il suo studio da avvocato. Dice: «Ho bisogno di guadagnare». Ma anche lui, | come tutti, ha paura. «C'è un clima plumbeo, non sarà facile lavorare». E' la sindrome di Siila: quando il dittatore romano lasciò la politica, il primo elettore che incontrò per strada gli fece subito una pernacchia. E Siila aveva parecchi delitti sulla coscienza, ma nessun avviso di garanzia. Insomma, c'è da impazzire. Gli psicologi già parlano di «onorevoli a rischio», inclini al divorzio e alla depressione. Sabino Acquaviva traccia l'identikit della vittima-tipo: «Uomo, settentrionale, di mezza età». Come il Gianni Prandini da Brescia: «Ma io non corro rischi: ho un equilibrio interiore. Certo, non è facile lavorare con l'immagine che mi ritrovo addosso. Ma io ci provo. Mia moglie ha un'agenzia di assicurazione dove vuole continuare a comandare lei. Al massimo mi permette di farle da vice. E così nei weekend sto tornando al mio primo mestiere, l'agricoltore. Intanto studio lo spagnolo. Mi serve per l'import export. Lo spagnolo è importante, sa? E' la seconda lingua degli Stati Uniti. Mi piace lavorare con gli imprenditori stranieri. Non è come con i politici: lì si è più diretti, si va subito al sodo. Me ne vado di qui con un sogno irrealizzato: il ministero per il commercio con l'estero, la mia passione. Forlani mi impose di prendere i Lavori pubblici, dove dopo ha messo quel suo due di coppe, Merloni. E' stato l'inizio dei miei guai, ma io non volevo andarci, davvero». E' tardi. Si chiude, in attesa del grande ribaltone: ((Avremo avvocati in parlamento e politici in tribunale, non so chi ci rimetterà di più», dice Di Donato. E che dire allora di Mauro Sanguineti, il deputato socialista che sta per scambiarsi il lavoro addirittura con Berlusconi? Mentre il padrone della Fininvest irrompe nel Palazzo, lui va a fondare una televisione privata in una nazione misteriosa, di cui dice soltanto che «non è europea». In mezzo a tante fughe tristi o forzate, c'è spazio anche per quella più romantica. La fuga d'amore. Sembra proprio che il ministro della sanità Maria Pia Garavaglia non si ricandiderà. Da un po' va ripetendo che la politica «porta via troppo tempo» e mentre lo dice le scintillano gli occhi. Le cronache la descrivono innamorata di un consulente del ministero: arrivata a 47 anni, la signorina avrebbe deciso di godersi un po' la vita, lontano da ticket, ricette e farmacisti arrabbiati. Uno dei tanti modi, forse il migliore, di scomparire dentro la seconda Repubblica. Massimo Gramellini Misasi: scriverà la saga di famiglia Di Donato farà il legale; Prandini studierà spagnolo Maria Pia Garavaglia. A destra Riccardo Misasi e Giulio Di Donato
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