Il bello della sconfitta di Pierluigi Battista
Il bello della sconfitta Il bello della sconfitta Da Martinazzoli a Buttiglione «perdere ma conservare Vanima» ROMA. Non resta che rassegnarsi. All'alba della Seconda Repubblica serpeggia tra le schiere dei moderati d'Italia come un senso di spossatezza, di mesta accettazione di un destino che oramai ha già emanato i suoi decreti. Una rassegnazione intrisa di fatalismo, un rannicchiarsi un po' indolente nell'attesa che la sorte avversa produca tutti i suoi effetti che forma un singolare contrasto, esistenziale prima ancora che politico, con la baldanza animosa e pugnace di Silvio Berlusconi e con i proclami reboanti di Umberto Bossi. Che insomma lo si beva, il calice amaro della sconfitta annunciata. E se i moderati pronti alla battaglia campale, intenti ad affilare le armi del primo duello maggioritario dell'Italia repubblicana evocano la vittoria del Nemico «progressista» come un evento corrusco e apocalittico, i moderati rassegnati pregustano la dignità della sconfitta, l'arte delV under statement, il lento addestrarsi al purgatorio dell'opposizione. Ma quali cosacchi in procinto di profanare San Pietro. Il campione del moderatismo italiano, Indro Montanelli, punzecchia il rivale Berlusconi mettendone alla berlina fobie e ossessioni: «I comunisti non mangiano i bambini». Vincerà il «campo avverso», il grande Indro ne è convinto e «a noi moderati occorrerebbe un certo tempo» per dare robustezza al «nostro schieramento». Dunque: opposizione. Via le clave, bando alle urla. Che si lavori di fioretto, in attesa di tempi più propizi. Ora non è il tempo di vincere ma di limitare le perdite. Lo dice anche Rocco Buttiglione: «Il pds non è il male peggiore». L'importante è evitare lo sfascio del fronte moderato, mettere insieme i cocci, tenere accesa la fiammella per i cimenti che verranno. Per Gerardo Bianco non c'è che da attendere il momento in cui «i progressisti vinceranno le elezioni». E' una certezza: basta esserne consapevoli e non cedere alla sindrome autodistruttiva. Martinazzoli invita i suoi al faticoso esercizio dell'ascesi politica: non si deve «perdere l'anima» pur di correr dietro al feticcio della vittoria purchessia. Si perde, si perde. Lo dice anche Gianfranco Miglio, che smette i panni dell'ideologo luciferino sicuro di avere la vittoria in mano e di invocare il Vae victis ai relitti della Prima Repubblica per trasformarsi nel profeta dei successi altrui: «Mi auguro che alle prossime elezioni vinca la coalizione comunista anziché quella liberaldemocratica». Certo, nell'immaginazione di Miglio la vittoria «comunista» è tutta un rovinare di devastazioni, crolli, Italia in ginocchio, economia allo sfascio. Ma intanto per il «cattivo» della Lega i tempi sono quelli che sono: «E' arrivato il momento di tirare i remi in barca». Persino Miglio, in prima fila tra i rassegnati d'Italia. Altro che rassemblement. Bossi, che non è rassegnato ma che non appare più tanto galvanizzato dall'euforia del successo, liquida l'adunata, il «polo» dei moderati nel più scettico dei modi: ma quale «pool del Kaiser». E come può questo vago sentore di rassegnazione non ripercuotersi sugli intellettuali che hanno scommesso sulla carta dei moderati? Ecco Saverio Vertone che quasi preannuncia «il governo delle sinistre» come un evento liberatorio: quando la sinistra «andrà al governo» si dissolverà «la nebbiolina protettiva» che sinora ha circondato lo schieramento dei futuri vincitori e «ci libereremo dall'ipoteca della cultura di sinistra sul Paese» perché finalmente la sinistra «si assumerà direttamente responsabilità di governo». Ed ecco il filosofo Lucio Colletti che all'indomani della vittoria «progressista» nell'elezione dei sindaci trova che se anche i mercati internazionali non hanno reagito scompostamente al trionfo della sinistra allora vuol dire davvero che «Occhetto è sempre meglio del caos». E allora che si scavino le nicchie, che si apparecchino le tane che ospiteranno i moderati in attesa di tempi migliori. Rassegnati al meno peggio. La rivincita sarà per un'altra volta. Pierluigi Battista
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