Binario 19 «Jude Kaputt»

Cinquantanni fa da Porta Nuova il primo treno per Mauthausen Cinquantanni fa da Porta Nuova il primo treno per Mauthausen Binario 19, «Jude Kaputt» II lungo calvario verso i lager «Cinquanta sul carro merci, divisi da quattro Ss. Il treno va, a un tratto le Ss prendono i nostri cinque compagni ebrei: i due Segre, Salvatore e Alberto, i due Treves, Luciano e Renato, e Giuseppe Diaz. Li mettono con la testa fuori dal vagone urlando "Jude Kaputt". Non li uccidono, li gaseranno al momento buono. Quello che vogliono è affondarci nel terrore...». Italo Tibaldi è il più giovane «passeggero» di quel Trasporto numero 18 (così i tedeschi burocraticamente chiamavano il cammino delle loro vittime verso la morte) la cui partenza, il 13 gennaio 1944 da Torino, destinazione Mauthausen, viene commemorata stamane a Porta Nuova. Binario 19, 50 anni dopo: un anonimo angolo di stazione diventa da oggi una sorta di luogo-simbolo d'una tragedia unica nella Storia: uno, per tutti i 123 convogli sinora individuati, che portarono 40 mila italiani dal nostro Paese ai lager. «Su quel treno - sintetizza Tibaldi - eravamo tutti molto giovani, però da una scena così orrenda anche un ragazzo sedicenne come me non poteva non capire che tutto era finito». All'epoca qualcun altro, oltre al piccolo partigiano sceso dalla Val Maira, ha già avuto la consapevolezza di un destino la cui atrocità sembra ineluttabile. E' Bruno Vasari, uno dei testimoni più lucidi e appassionati di quel dramma, triestino e torinese d'adozione, arrestato a Milano nel novembre del '44 e deportato a Mauthausen: «In una serena notte autunnale - racconta Vasari in un libricino finissimo e introvabile, "Il presente del passato" - dal carcere di San Vittore veniamo trasportati verso l'ignoto che sarà il campo di smistamento di Bolzano. L'unica donna, Marisa Scala, additando il cielo cristallino fittamente stellato, dice: "Di questo non potranno privarci". Rispondo: "Non credo ci rimarrà la forza di sollevare gli occhi verso l'alto"». Vasari parte da Bolzano con il Trasporto 111, nel dicembre '44: «Ci caricarono in 66 in un vagone merci, dove rimanemmo stipati per cinque giorni e dal quale durante il viaggio fummo fatti uscire soltanto due volte. Ci dissetammo con la neve, stalattiti di ghiaccio si formavano sulle pareti del vagone...». Nel calvario verso il lager il treno è una presenza determinante. Quel treno che a Birkenau sarà fatto arrivare sino alla soglia delle camere a gas, strumento per un viaggio-agonia nella promiscuità, nel sudiciume, nella sete e nella disperazione, durante il quale si compie il primo dei misfatti senza perdono dei nazisti: la distruzione della dignità dell'uomo. Sul Trasporto 27 da Fossoli a Auschwitz 22-26 febbraio '44, c'è Primo Levi. «... Il nostro sonno inquieto - è l'agghiacciante scena rievocata in "Se questo è un uomo" - era inter¬ rotto sovente da liti rumorose e futili, da imprecazioni, da calci e pugni vibrati alla cieca. Allora qualcuno accendeva la lugubre fiammella di una candela e rivelava un brulichio fosco, una materia umana torpida e dolorosa, sollevata qua e là da convulsioni improvvise subito spente dalla stanchezza». Racconti come questi pullulano nelle diecimila pagine di registrazione dalla viva voce dei sopravvissuti, raccolte negli ultimi quattordici anni dall'Aned, con un équipe di ricercatore dell'Università. E ognuna di esse ancorché saturare rinnova stupore e angoscia. Così come i volumi, oltre una dozzina, di testimonanza e studi sulle esperienze del lager. Quale reazione, se non di inesauribile dolore, possono suscitare, anche a mezzo secolo di distanza, queste parole di una oscura ex deportata a Ravensbruck, Trasporto 57 del 27 giugno '44 da Torino?: «Noi donne ci hanno messe nei vagoni da sole, ne avevamo quattro in stato interessante; noi, ottanta per vagone, per paura di schiacciarle, per paura di fare male al bimbo, non sapevamo come stare...». E proprio a «le donne nei lager», alla loro sofferenza, sarà dedicato, nella tarda primavera, un convegno organizzato a Torino dall'Aned con il patrocinio della Regione. Un appuntamento importante, preceduto da un altro, a carattere internazionale, su «Gli scioperi del marzo '44», mentre sta per uscire, da Franco Angeli, «Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia», a cura di Anna Bravo e Daniele Jalla. Nuovi frutti di un lavoro senza sosta che ha come traguardo, in un futuro non lontano, la prima «Storia della deportazione italiana» e, come imperativo categorico, «trasmettere la memoria». Drammaticamente necessario in un momento come questo in cui è lecito riprendere il pensiero di Vasari, durante la sua prigionia in campo: «Il sacrificio dei caduti, la lotta dei resistenti, affrancherà il nostro Paese dalle ipoteche del fascismo?». Mirella Appiotti Il racconto di un sopravvissuto allora sedicenne: «Piombati in cinquanta sul carro merci per affondarci nel terrore» 3 a i o ò da nche ome e che o, olceso dalo la conno la cui abile. E' estimoni ci, divisi a, a un stri cine Segre, Treves, iuseppe sta fuori ude Kagaseranello che l terrogiovane rasporto hi buro il camverso la 13 gennazione memoraa. Bina Ieri a Palazzo Lascaris è stato presentato il libro di Italo Tibaldi «Compagni di viaggio» e (sotto) una foto di Primo Levi che ha rievocato in «Se questo è un uomo» la sua tragica esperienza nei lager

Luoghi citati: Bolzano, Italia, Milano, Torino