Saturn, ricetta anti-Tokyo di M. Fe.
Saturn, ricetta anti-Tokyo Saturn, ricetta anti-Tokyo // modello prodotto a SpringHill racchiude le nuove strategie Gm NASHVILLE. A due passi dalla capitale della musica country, Nashville, c'è Spring Hill, persa fra le colline del Tennessee. Un posto come un altro nella sterminata America rurale se qui non fosse sorto, dopo una ricerca che aveva preso in esame oltre mille luoghi, uno stabilimento destinato a rivoluzionare la filosofia industriale della General Motors, quello della Saturn. Non solo una nuova vettura articolata in tre modelli (berlina, station wagon e coupé), ma anche e soprattutto un nuovo approccio al modo di pensare, realizzare e vendere le auto. La Saturn, in sintesi, è la prima, sofferta quanto vigorosa risposta degli Usa e del maggiore costruttore mondiale all'offensiva lanciata dalle Case giapponesi. Questa vettura - che per gli standard Usa è «small», cioè piccola, ma che in Italia definiremmo di classe media, a trazione anteriore e con motorizzazioni due litri a 8-16 valvole, prezzi fra i 10 e i 12 mila dollari - è il frutto di un progetto che ha mosso i primi passi nell'82 e che si è concretato il 30 luglio 1990 con l'uscita dalle linee di montaggio dell'esemplare numero uno. Da allora Spring Hill ha prodotto circa 600 mila Saturn (nel '93 281.508 unità): per ora niente esportazione in Europa. Nel Progetto Saturn la Gm ha investito finora 4 miliardi e 300 milioni di dollari e un altro miliardo è previsto per ulteriori sviluppi (fra l'altro, un secondo stabilimento che dovrebbe portare la capacità produttiva da 320 a 500 mila vetture). Una cifra enorme, e solo adesso stanno arrivando i primi profitti. Ne valeva la pena? A Spring Hill tutti ne sono convinti. Dicono con forza i responsabili della Saturn: «Abbiamo dimostrato che anche noi americani eravamo in grado di costruire una piccola auto capace di competere con i giapponesi sul piano della qualità e dei costi». Per far questo la Gm e il sindacato dei metalmeccanici hanno dato vita a una sorta di patto sociale e industriale. «Abbiamo capito - dicono a Spring Hill managers e dirigenti sindacali - che il tempo dell'antagonismo doveva finire e che se volevamo battere la concorrenza era necessario lavorare insieme e non divisi». Una sorta di sapiente co-gestione che ha portato a dosare in modo equilibrato il valore dell'uomo e della tecnologia, a sposare la causa del lavoro per team, dell'allargamento verso il basso dei processi decisionali e, naturalmente, della produzione «snella» e «just in time». I dipendenti della Saturn, che costituisce una divisione della General Motors, sono 8600, di cui 6500 a Spring Hill, dove il lavoro (dallo scorso aprile) è articolato in tre turni. L'età media è di 36 anni, guadagnano fra i 32 e i 34 mila dollari all'anno, tutti hanno fatto e fanno ogni anno decine di ore in corsi di aggiornamento e formazione professionale. La produttività è di 52 auto per addetto. L'impianto, in sé, non ha nulla di fantascientifico, anche se, è chiaro, appare moderno e razionale. «L'efficienza - dicono qui nasce dagli uomini, dall'impegno e dall'entusiasmo». Ma c'è anche un'altra faccia della medaglia, e cioè l'imponente operazione commerciale varata insieme con il Progetto Saturn. I concessionari sono 150, monomarca (il che è una eccezione per il mercato Usa), e 300 i punti di vendita. Riecheggia un concetto che ormai conosciamo bene anche in Europa: prima di tutto la «soddisfazione del cliente». Approccio chiaro e professionale, assistenza rapida ed efficiente, 3 anni di garanzia, ogni auto ha una sua scheda clinica conservata in un computer centrale. E quando il cliente ritira la sua nuova Saturn, lo fa passando su un tappeto rosso mentre un fotografo immortala la cerimonia. Un po' ridicolo per i nostri gusti, ma in America la ricetta funziona. E bene. [m. fe.]
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