Suspense nucleare per Clinton a Mosca

Prima del vertice con Eltsin tappa in Ucraina, dove il Parlamento boicotta il disarmo Prima del vertice con Eltsin tappa in Ucraina, dove il Parlamento boicotta il disarmo Suspense nucleare per Clinton a Mosca Walesa mugugna ma si piega alla partnership Nato KIEV DAL NOSTRO INVIATO Bill Clinton è atterrato ieri sera all'aeroporto di Kiev in mezzo a nebbie non solo meteorologiche. Non si sa se, in privato, durante la breve sosta di ieri sera all'aeroporto della capitale ucraina, Clinton abbia chiesto a Leonid Kravchuk quante possibilità ritenga di avere di non venir sconfessato dal suo Parlamento riguardo all'accordo sulla restituzione di quasi duemila testate nucleari alla Russia in cambio di denaro americano. Si sa che, prima di lasciare Praga, stretti collaboratori del Presidente degli Stati Uniti hanno espresso piena fiducia sul fatto che domani, a Mosca, Clinton e Kravchuk firmeranno l'accordo insieme a Boris Eltsin. Ma il problema è cosa succederà dopo. Ieri mattina, a Praga, durante la conferenza-stampa seguita agli incontri tra i rappresentanti dei quattro Paesi del «Gruppo di Visegrad» e Clinton, quest'ultimo, quando gli è stato chiesto se ritenesse che Kravchuk fosse in grado di onorare la decisione presa, ha risposto: «Dobbiamo lasciare al Presidene ucraino la decisione su cosa può o non può fare». Ma le decisioni, una volta prese, possono anche essere rovesciate e se l'opposizione ucraina all'accordo sulla denuclearizzazione avesse il sopravvento, quello che era stato presentato come un grosso successo del Presidente americano si trasformerebbe in uno scacco perché tutti penserebbero che era stata compiuta un'accelerazione a scopi di propaganda. Questo è comunque un problema del futuro. Adesso Clin¬ ton deve uscire vittorioso sulla quarta sfida del primo suo viaggio europeo: ottenere da Eltsin precise assicurazioni sulla marcia della Russia verso la democrazia e, soprattutto, conquistare a questa causa quanti più russi può durante i tre giorni della visita a Mosca. Non gli basterà, per concludere il viaggio con un pieno successo, un altro ricorso alla diplomazia del sassofono e, soprattutto, non dipende che in piccola parte da Clinton la solidità della tenuta di Eltsin. La comitiva americana atterrerà a Mosca tenendo le dita incrociate al pensiero di quello che può trovarvi. A proposito: qual è lo stato di salute di Eltsin? Dopo quella a Bruxelles, anche la visita a Praga è stata per Clinton un discreto successo. La Repubblica ceca, la Slovacchia, l'Ungheria e perfino la Polonia hanno accettato la proposta americana di limitata (per ora) adesione alla Nato. L'unico dubbio, ormai, riguardava solo la Polonia, il cui presidente Lech Walesa aveva minacciato fino al penultimo minuto di non offrire l'adesione del suo Paese al progetto. Si sapeva già da martedì che Walesa sarebbe venuto a Praga per esprimere un «sì» poco convinto. Ma ieri mattina, nella conferenza-stampa congiunta dei cinque capi di Stato, il sanguigno ex elettricista di Danzica avrebbe potuto pronunciare qualche battuta caustica, ricordare che la Nato stava facendo un errore a non concedere subito una partecipazione piena ai Paesi dell'Europa dell'Est e ripetere i propri dubbi. Ma, rispondendo a una precisa domanda al riguardo, Walesa ha detto: «Qualche volta piccolo è bello. Ne faremo buon uso». Solo più tardi ha commentato: «Noi vogliamo essere partner non solo attorno al tavolo dove si firmano dei documenti». Clinton, pur senza indicare date, ha ripetuto in pubblico che il problema, ormai, non è più «se» questi Paesi entreranno a pieno titolo nella Nato, ma solo «quando e come». Negli incontri separati avuti con ciascuno dei quattro Presidenti e dei quattro primi ministri, Clinton è stato prodigo di rassicurazioni, estraendo anche qualche dono dalla borsa. Ha assicurato che gli Stati Uniti non lasceranno mai «soli» gli ultimi arrivati al grande tavolo delle democrazie occidentali. In pubblico, nel cortile dell'ambasciata americana, ha affermato: «La sicurezza dei vostri Stati è decisiva per la nostra». E poi, in un gesto di cortesia verso Walesa, ha citato un detto polacco: «Nulla che riguardi noi senza di noi». I doni offerti non sono naturalmente eccezionali, ma anche in questo caso: meglio di niente. Il programma americano per aiutare le nuove democrazie dell'Est aumenterà da 50 milioni di dollari a 200 il limite per i prestiti concepibili. Sarà varato un nuovo programma per complessivi trenta milioni. Gli Stati Uniti organizzeranno questo stesso anno una conferenza a Washington per spingere gli imprenditori privati a investire nell'Europa dell'Est e premeranno per un rapido accoglimento di tutti e quattro i Paesi del «Gruppo di Visegrad» nell'Ocse, sperando che tutti diventino presto «nazioni democratiche, prospere, sicure e libere». Paolo Passarmi Due immagini di Clinton a Praga in birreria e al cimitero ebraico con la kippah