la prima vittoria degli indios

8 I ribelli riconosciuti «esercito guerrigliero», psicosi da bomba nella capitale la prima vittoria degli indios II governo del Messico dichiara la tregua CITTA' PEL MESSICO DAL NOSTRO INVIATO Ieri mattina alle dieci, il presidente della Repubblica Carlos Salinas ha ordinato il cessate il fuoco nel Chiapas. E' la sospirata conseguenza dei cambiamenti avvenuti nel governo la sera di lunedì scorso. E' l'ora delle trattative, il mediatore tra indios e governo sarà il vescovo. Il governo ha accettato quasi tutte le richieste degli insorti, in primo il luogo il riconoscimento come esercito di guerriglieri. Ma a Città del Messico, le vecchie inquietudini che riguardavano e riguardano il furore del traffico, l'inquinamento atmosferico, l'invasione dei topi (uno per abitante e gli abitanti sono venti milioni), sono ancora sopraffatte dalla paura delle bombe. L'automobile carica di dinamite esplosa sabato scorso in Piazza dell'Università mandando in frantumi dieci vetture, ha aperto la caccia al dinamitardo e atterrito una popolazione che sino a qualche giorno fa seguiva la rivolta del Chiapas come si segue un dramma che si svolge su di un palcoscenico estraneo, voci e notizie filtrate dalla lontanaza, con una solidarietà silenziosa. Si moltiplicano i falsi allarmi. Squillano i telefoni negli uffici pubblici, nelle imprese private, nelle banche, nelle stazioni della metropolitana, nei centri commerciali: attenti, c'è una bomba che sta per esplodere. Sotto l'ululato delle sirene, si sgoberano supermercati e grandi magazzini. Nell'elegante Avenida Presidente Masarik, guardie con manganelli lunghi come pali della luce proteggono gli ingressi delle boutiques delle più celebri firme europee. La polizia con giubbotti antiproiettile e mitra in pugno sor- veglia gli istituti di credito del Paseo de la Reforma e dell'Avenida Chapultepec, il palazzo delle Bellas Aretes, i musei, le scuole, gli albeghi. I granaderos, nelle caserme, si tengono pronti a intervenire. Soltanto nella zona antica la capitale sembra ignorare gli ultimi avvenimenti. La ribellione del Chiapas hasconvolto drasticamente la fisionomia politica del Paese che sino alla fine del '93 era caratterizzata dal rafforzamento del progetto economico adottato all'inizio della gestione di Salinas e dalla preparazione del processo elettorale che culminerà il prossimo 21 agosto. Saltato il ministro degli Interni Patrocinio Gonzalez Gar- rido e rimpiazzato da Jorge Carpizo, profondo conoscitore del diritto e della legislazione messicana. Designati il nuovo procuratore generale, Diego Valadés, e un commissario per la pace e la riconciliazione nel Chiapas, Manuel Camacho Solis. Insomma, il riconoscimento ufficiale che in alcune aree del governo, il conflitto non aveva avuto la valutazione che meritava e pretendeva. E il proposito di una maggiore flessibilità nei confronti dei ribelli e dell'abbandono della strategia di rispondere alla disperata violenza dei campesinos con la violenza istituzionale, non meno disperata della sua controparte, è approdato ieri, con la dichiara- zione del presidente, al cessate il fuoco. Gli ultimi scontri sono avvenuti l'altro ieri, gli zapatisti hanno lanciato l'attacco contro la zona militare di Rancho Nuevo, a dodici chilometri da San Cristobal de las Casas. Contemporaneamente, un elicottero federale ha mitragliato un'auto di giornalisti messicani e della televisione tedesca. Combattimenti isolati si sono verificati nelle località di Simojovel, El Bosque, Bochil, Huitiupan e Jttoli. A Las Margaritas sono giunti alcuni dei settanta ostaggi prigionieri degli zapatisti nell'ospedale di Guadalupe Tepeyac. Ciò che chiedevano i ribelli in un comunicato che elencava: il riconoscimento delle truppe zapatiste come parte belligerante, il cessate il fuoco con il ritiro del contingente federale, l'interruzione dei bombardamenti sulla popolazione rurale e la formazione di una commissione internazionale mediatrice è stato in parte ottenuto. In parte, giacché per ora l'esercito resta nel Chia. E si fa il conto delle vittime. Il nume) o varia da bollettino a bollettino, le cifre federali, ridotte al minimo, vengono moltiplicate per cento dalle notizie provenienti dal fronte di liberazione nazionale, che parlano di «combattenti assassinati» a sangue freddo dagli ufficiali. I 9 morti «accertati» tra le file federali e i 61 tra quelle dei ribelli appaiono come l'improbabile risultato di una guerra che sicuramente ha già ucciso centinaia di persone. Mentre a Città del Messico la polizia fa irruzione nella sede del Partito rivoluzionario operaio clandestino in Calle de Adormidera e arresta otto sospetti colpevoli dell'esplosione di sabato in Piazza dell'Università; mentre lievita nella capitale e a Tijuana, Guadalajara, Puebla, Monterrey, dove sono stati fatti saltare alcuni tralicci dell'elettricità, l'ossessione delle bombe, a San Cristobai de Las Casas s'è smorzato l'incubo dell'offensiva che si pensava dovesse esplodere da un momento all'altro scatenata da quindicimila soldati federali appoggiati da 40 Tank, elicotteri e paracadutisti su Guadalupe Tapeyac. Ma gli umiliati, i miserabili campesinos del Chiapas non riescono a credere che dopo la ricomposizione avvenuta nel governo e l'ordine del cessate il fuoco di ieri mattina, il sangue smetta di correre. Gianni Ranieri Donne indie sciacquano i panni in un campo profughi vicino a San Cristobal de Las Casas

Luoghi citati: Bochil, Città Del Messico, El Bosque, Huitiupan, Jttoli, Las Margaritas, Messico