Ciampi oggi le dimissioni

Nel discorso ha annunciato: «Certi fatti sono irreversibili» Nel discorso ha annunciato: «Certi fatti sono irreversibili» Ciampi, oggi le dimissioni Al Quirinale prima del voto di fiducia ROMA. «Siamo ad un passaggio fisiologico previsto, non a una rottura: il cammino è sì difficile, ma ben delineato; certi fatti sono irreversibili». Suonano come una sentenza definitiva le parole del presidente del Consiglio in apertura del paradossale dibattito bifronte alla Camera. Dove si discute sulla sfiducia (chiesta da Pannella, una parte della de e altri) e sulla fiducia (offerta da un'altra parte della de più altri). Una confusione di idee che non dovrebbe ritardare lo scioglimento del Parlamento secondo la tabella di marcia che Scalfaro si è dato. Anche perché Ciampi ha detto chiaramente che nell'origine del suo governo «era chiaramente scritta la sua fine. Questa fase sta per giungere all'epilogo». Non ci sta Carlo Azeglio Ciampi a farsi chiudere dentro una maggioranza politica di centro e moderata dopo che ha governato per otto mesi con l'appoggio di quasi tutti, esclusi solo missini, Rete e Rifondazione comunista. Al termine del dibattito, che prosegue questa mattina, il presidente del Consiglio dovrebbe salire al Quirinale verso le 12,30, per mettere il suo incarico a disposizione del Presidente della Repubblica. E' probabile che non senta il bisogno di attendere il voto di fiducia che la de ufficiale ora gli vorrebbe dare a tutti i costi, assieme a psdi, pli e un pezzo di socialisti. Voto offerto nella speranza di indurre Scalfaro a ritardare le elezioni almeno al 10 aprile. Ma sino a ieri sera non era stata presentata ancora né una risoluzione né una mozione di fiducia a causa di divergenze tra i proponenti. A questo punto la data più probabile per lo scioglimento continua ad essere domenica prossima, con conseguenti elezioni il 27 marzo. Il ministro Giugni ieri vedeva, addirittura, scadenze ancor più ravvicinate: «Potrebbe essere sciolto tra giovedì e venerdì». Il ministro Fabbri ammetteva che la scelta di presentare la mozione di sfiducia «anziché agevolare, ha reso difficile l'appendice di attività parlamentare». In realtà, l'iniziativa di Pannella è stata una mossa che ha creato più scompiglio del previsto proprio nell'area che tendeva ad unificare. Dopo la presentazione della famosa mozione di sfiducia firmata da 161 parlamentari, resta sul campo un gruppo democristiano diviso (51 hanno ritirato le firme, un'altra trentina no) tra chi vuole abbattere il governo Ciampi e chi vuol tenerlo in vita, un gruppo socialista arrivato a una rabbiosa scissione tra i craxiani che vogliono star coi moderati e gli altri con i progressisti, i repubblicani divisi anche loro. E, fatto ancor più di rilievo, con un Umberto Bossi che, per alcune ore, è parso tentato dal dare l'appoggio all'operazione per far nascere un governo Segni. Il capo della Lega si è accorto rapidamente che stava scivolando in una trappola e ieri se ne è tirato fuori tornando a chiedere elezioni subito. «Al centro prevale una volontà di trucchi. Siamo più battaglieri che mai» ha assicurato al suo elettorato, che doveva essere rimasto alquanto sconcertato. «Quello di Segni e Berlusconi mi sembra un balletto di fantasmi che non conclude nulla» ha concluso. Subito al voto chiede anche il pds. E D'Alema, in aula, può fare dell'ironia sui presentatori della sfiducia: non è vero che vogliamo imporre le elezioni, è un cospicuo gruppo di de che ha presentato una mozione di sfiducia. A fine giornata, Ciampi aveva già un esauriente quadro della situazione da riferire a Scalfaro: c'è in piedi una mozione di sfiducia che non avrebbe, però, i voti sufficienti per fare cadere il governo; non riesce a decollare una mozione di fiducia perché si accapigliano gli alleati dell'area politica del vecchio quadripartito più Pannella; msi, pds, Lega, Rete, Rifondazione chiedono l'immediato scioglimento delle Camere. C'è abbastanza confusione per non far cambiare idea al Presidente della Repubblica. Ciampi ne esce nel migliore dei modi, con l'onore delle armi dei sostenitori ufficiali (compreso Pannella), di coloro che si sono astenuti (pds) e anche degli oppositori missini. Fini gli ha riconosciuto «una buona dose di dignità. Ora non smentisca se stesso e si dimetta» perché c'è il rischio che i «velenosi sospetti dilaghino» coinvolgendo i vertici delle istituzioni. Occhetto lo ha salutato dicendo che Ciampi «rappresenta una riserva per il Paese». E il presidente del Consiglio ha ringraziato tutti, come fosse già sull'uscio per andare al Quirinale: «E' stato un dibattito civile che fa onore a questo Parlamento». E poi un riconoscimento ecumenico: «Posso dire con piacere che anche dalle opposizioni costanti al governo è venuto un apprezzamento». Insomma, non serve proprio una mozione di fiducia. Alberto Rapisarda Oscar Luigi Scalfaro

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