Le femmine d'Italia sempre più scaltre di Giorgio Pestelli

Una versione smagliante dell'opera di Rossini Una versione smagliante dell'opera di Rossini Le femmine d'Italia sempre più scaltre BOLOGNA. Un altro punto a segno del Teatro Comunale che ha allestito una brillantissima «Italiana in Algeri» diretta da Gianluigi Gelmetti e Roberto De Simone: come nel «Trittico» pucciniano che ha aperto la stagione, anche per Rossini il teatro bolognese è riuscito ad abbinare rarità e curiosità testuali con la presa diretta della felicità rappresentativa. Le radici dello spettacolo, salutato dalle feste più calorose, risalgono a dieci anni fa quando Gelmetti e De Simone lo presentarono alla Fenice con scene e costumi di Emanuele Luzzati: ripresi ora al Comunale e più smaglianti che mai nella loro fantasia, che li fa godere quasi di per sé come quadri e capricci mediterranei, densi di immagini, pieni di colore e di umorismo. Salvo la protagonista, nuovo di zecca il cast vocale, da citare con giubilo perché allineando nomi noti e meno è tutto armoniosamente schierato sul piano della totale immedesimazione con i personaggi: Bernadette Manca Di Nissa è ormai una rossiniana a diciotto, perché oltre la bravura tecnica e la bellezza vocale è entrata in quella dimensione spirituale per cui si diverte a cantare, a giocare sulla diversità di intonazioni, a oggettivarsi con autoironia; la sua Isabella ha una autorità che si pone ormai accanto ai più famosi modelli degli ultimi anni. Degno di lei il suo fidanzato Lindoro, che è Rockwell Blake: nella sua prima aria, «Languir per una bella», attacca le colorature a testa bassa, forza la voce e spara mortaretti; ma solo come per dire: «eccomi qua!», in una turbolenta e indiavolata presentazione; dopo di che, nei pezzi d'assieme e nell'altra sua cavatina, «Concedi amor pietoso» (scritta da Rossini in un secondo tempo), diventa tutto consumata eleganza e filate dolcezze. Ma il bello era sentire e vedere come tutti si ingranassero a questo livello: il giovane Michele Pertusi, una rivelazione nella parte di Mustafà, Bruno Praticò in quella di Tadaeo e ancora Maria Costanza Nocentini (Elvira), cui nel grande finale del primo atto spettano gli acuti più squillanti, Claudia Nicola Bandera (Zulma) e Roberto Scaltriti (Haly). Gran regolatore dal podio Gianluigi Gelmetti, altro rossiniano di provata fede: nell'acustica ipersensibile del Comunale, dove basta un nulla perché le voci siano coperte dall'orchestra, Gelmetti dosa i pesi con mano ammirevole e non si perde una inten¬ zione o un accento; e procede a braccetto con De Simone nel legare il ritmo del fraseggio musicale a quello del palcoscenico. Un momento è sopra tutti emozionante, da meritare da solo il viaggio a Bologna: l'«ensemble» dei partenti, «Pria di dividerci», con il riconoscimento di Isabella e Lindoro e l'attonito stupore di tutti: come in un arcano minuetto, come marionette caricate a molla, le voci di ciascuno entrano in circolo e la pagina evapora in una misteriosa leggerezza. Certo, proprio l'autorità dell'esecuzione, mette in luce la inesorabile superiorità del primo atto sul secondo, dove Rossini ha lavorato di grezzo e i barcolloni di Kaimakan e Pappataci non aggiungono più nulla al gioiello del finale primo; e allora, quasi a sopperire il calo dell'invenzione musicale, interviene l'estro di De Simone con pulcinellate e altri appelli alla gestualità partenopea, stile Totò. Resta solo il tempo di citare le particolarità più musicali dell'edizione, che si basa sul testo curato da Azio Corghi per la Fondazione Rossini di Pesaro: la realizzazione dei recitativi a cura di Adriano Cavicchi, che nella loro completezza diventano più naturali di quando sono tagliati, la musica turca, il violoncello obbligato nell'aria «Per lui che adoro», prima scelta di Rossini che poi sembra aver ripiegato sul flauto; e tanti altri particolari di fraseggio, che è facile sentire in teatro quanto superfluo riferire qui; meglio compiacerci ancora per come tanti particolari si saldino nel ritmo e nel timbro generale dello spettacolo. Giorgio Pestelli Pertusi nell'«ltaliana in Algeri»

Luoghi citati: Algeri, Bologna, Italia, Pesaro