La «Recherche» di Raboni di Giovanni Bogliolo

La «Recherche» di Raboni La «Recherche» di Raboni Figli devoti del caro Proust Marcel ProustC| ON la pubblicazione del quarto volume di Alla rimarca del tempo perduto (ed. Mondadori, collana «I —I Meridiani») si è conclusa una delle più rilevanti iniziative editoriali di questi ultimi anni. Per la prima volta il lettore itaiano - che aveva imparato a conoscere l'opera di Proust attraverso le personali modulazioni che nella gloriosa edizione einaudiana vi avevano impresso ette diversi traduttori - si trova di fronte a un testo che è passato attraverso una sola e coerente mediazione. E' un indiscutibile guadagno: nessuna traduzione è cosa nota - può restituire la ricchezza dell'originale, ma quella che di un'opera unitaria procurano più mani aggiunge alle tante, inevitabili inadeguatezze quella, evitabilissima, dele variazioni di tono e degli scarti di stile che corrispondono al mutare del particolare patto di fedeltà che ogni traduttore instaura col testo. Con quello proustiano Giovanni Raboni ne ha stabilito e rispettato fino in fondo uno chiarissimo e al tempo stesso flessibie: tra tutti i livelli, ha considerato assolutamente rrinunciabile quello sintattico e ha restituito nella loro complessa architettura le celebri «frasi lunghe» dello scrittore; per gli altri invece - lessico, musicalità, toni, figure, ecc. - si è affidato alla sua sensibilità di poeta e alla sua esperienza di traduttore e, come si conviene, ha puntato all'obiettivo di una sostanziale, equilibrata fedeltà passando per le vie traverse di tante minime «trasgressioni controllate» e «infedeltà funzionali». Ma è anche la prima volta che il lettore - e non solo quello italiano: le analoghe iniziative che sono fiorite in Francia e altrove hanno seguito l'esempio e sfruttato il lavoro di questa - ha a disposizione per l'opera di Prousun minuzioso apparato di note esplicative e interpretative. Come e più di ogni altra opera, la Ricerca rimanda continuamente e spesso enigmaticamente asuo autore, al mondo che rappresenta e a se stessa. E se il sistema dei rimandi interni è autosufficiente e completo e schiarisce col procedere della lettura secondo un piano strategicamente predisposto dallo scrittore, la tavola dei riferimentesterni è troppo ricca e variperché un lettore anche colto lpossa padroneggiare. Alberto Beretta Anguissolper Dalla parte di Swann, I G/iermantes, La Prigioniera e Albert inscomparsa e Daria Galateria peAll'ombra delle fanciulle in fioreSodoma e Gomorra e // tempo ritrovato si sono assunti l'onere dfornirgliela, ricostruendo quecomplesso di conoscenze culturali, artistiche, storiche e mondane che erano patrimonio comune dello scrittore e dei suocontemporanei e che oggi sonandate per gran parte perduteevidenziando le allusioni e le ctazioni che potevano passarinosservate, sciogliendo gli engmi che lo scrittore ha spessdeliberatamente disseminatnella sua opera. Si sono invece rigorosamentastenuti, per non sciupare ltensione voluta dall'autore, dal'anticipate spiegazioni e scoperte che il testo ritardava ad ar te ma che a tempo debito avrebbe offerto. Hanno insomma messo il lettore in grado di praticare quella lettura attiva che un libro come la Recherche esige e per molti versi inaugura e di azionare da solo «tutti i congegni inventati da Proust per dire senza dire, per lasciar intendere negando». A questo fine tutto l'imponente apparato filologico delle varianti che rende conto minutamente e, in più d'un punto, ancora confusamente della tormentata redazione e costruzione del capolavoro sembrava superfluo e i due commentatori si erano imposti di escluderlo. Ma, in corso d'opera, la ricerca filologica ha a tal punto modificato l'assetto, soprattutto dei volumi postumi della Recherche, che non è stato più possibile ignorarne i risultati: a partire dalla Prigioniera, la traduzione ha abbandonato il testo fino allora considerato canonico di Clarac e Ferré per seguire quello che per la nuova edizione Plèiade stava procurando Jean-Yves Tadié; e il commento, pur continuando a svolgere la sua funzione esplicativa, non ha potuto esimersi, almeno nel caso di Albert ine scomparsa, di ricapitolare l'intricata querelle che si è accesa nell'87 col ritrovamento di una stesura inspiegabilmente abbreviata del testo e si è anche spinto ad avanzare, con sommessa arguzia «fantacriti ca», una suggestiva spiegazione dell'ancora insoluto mistero. Non sono le sole vistose modificazioni che l'edizione mondadoriana ha subito nei quindici anni che sono intercorsi tra il progetto e la completa realizzazione. I volumi da tre sono divenuti quattro per dare spazio ad un apparato che di libro in libro è cresciuto in ragione della con sapevolezza della propria vali dita e del favore con cui è stato accolto: in numero di pagine, il rapporto che le note del quarto volume hanno col testo è più che doppio di quello che si erano concesse nel primo. Un po' come quei grandi dizionari o enei clopedie che si dilatano a mano a mano che scendono lungo l'alfabeto e che, arrivati alla Z, devono provvedere ad adeguare alle loro accresciute ambizioni i primi, ormai lontani volumi. Ora che è conclusa, anche l'edizione annotata della Ricerca può procedere a un simile riequilibrio, adeguando l'intera traduzione al testo di Tadié, integrando le note più remote con quanto la conoscenza proustiana ha successivamente acquisito, sopprimendo le tracce di incertezze (per esempio, l'allusione al caso Albert ine nel III volume) che poi sono state approfondite o chiarite, e, perché no, trasformando i nudi Indici dei nomi, dei luoghi e delle opere che figurano in coda al quarto volume in quel «piccolo dizionario enciclopedico del mondo proustiano» in cui, secondo le promesse, dovevano essere convogliate «alcune annotazioni di carattere più strettamente informativo, tra cui quelle necessarie per ricostruire le cosiddette "chiavi" dei personaggi». Traduttori e commentatori, posseduti dal demone proustiano della perfettibilità, non si sgomenteranno per questo. Giovanni Bogliolo Marcel Proust

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