Anche noi siamo stati emigranti quante storie per i mezzibusti Rai

Anche noi siamo stati emigranti; quante storie per i mezzibusti Rai lettere AL GIORNALE Anche noi siamo stati emigranti; quante storie per i mezzibusti Rai Italiani, basta col razzismo Sono una studentessa universitaria di 20 anni, ho letto con orrore l'articolo del 30 dicembre, intitolato «L'Italia imiti il nostro bar e cacci i neri». E' una vergogna che alle soglie del 2000 la stragrande maggioranza della gente, anche persone intelligenti e sensibili, si abbassi a idee degne della mentalità di Hitler (proprio, così, non esagero). Le parole, che il giornalista ha raccolto nel bar «Al reporter», pesano come pietre e cosa ancora peggiore sono uno spaccato dell'opinione della società italiana di adesso. Basta andare in giro per le strade per sentire discorsi egoisti e razzisti come questi, pieni d'insulti e di ostilità verso gli extracomunitari. Ma cos'è successo agl'italiani? Perché siamo diventati così xenofobi? Non mi si venga a dire che l'Italia ha fatto entrare troppi stranieri rispetto agli altri Paesi europei, perché non è vero. Gli altri Stati sono nelle nostre stesse condizioni. La crisi economica non è una giustificazione per chiudersi in un atteggiamento di rigetto verso l'esterno; non dobbiamo dimenticare che proprio il nostro è il Paese che ha sparso più emigrati nel mondo (e anche loro hanno incontrato ingiustizie e umiliazioni all'estero), che è vissuto di più sulle spalle dei prestiti dell'America e dell'Europa e che quindi dovrebbe essere l'ultimo a rifiutare, ora, solidarietà agli altri. Ma il passato si dimentica sempre, si sa, e per questo la storia ruota sempre intorno agli stessi principi. Paola Pian, Asti Telepensionati tutti d'oro Su La Stampa del 4 gennaio leggo la notizia del pensionamento di alcuni mezzibusti della tv che hanno raggiunto i 60 anni di età ed i 35 anni di contribuzione pensionistica. Anzitutto si tratta di gente che esce dal lavoro con liquidazioni principesche e pensioni altrettanto ragguardevoli, dopo un lavoro certo molto più comodo di quello dei battilastra della Fiat, dei laminatori a caldo di Taranto, Terni o Piombino, o degli operai ed impiegati delle mille altre imprese, ora in Cassa integrazione o licenziati (pardon, in mobilità), che «godono» di ben altro trattamento e che hanno contribuito allo sviluppo del Paese ben più dei mezzibusti. Inoltre mi chiedo perché a costoro si debba offrire tanta pubblicità solo perché i loro datori di lavoro ed i loro sindacati abusivamente dispongono di un mass media, il che non è per altri lavoratori. Ricordiamoci sempre che questo mass media è nostro, di noi italiani tutti, e che a moltissimi di noi i chiacchieroni, spesso non conoscono nemmeno la grammatica, non interessano per niente; interessano le notizie che essi leggono, non le loro vicende personali, prive per noi di qualsiasi rilevanza. Eppure è invalso l'uso di informarci accuratamente delle loro assunzioni, dei loro trasferimenti, delle loro nozze, filiazioni, malattie e finanche della loro disparita dagli schermi domestici. Prof. Oscar Perruchon, Aosta Ingiustizie religiose Leggo su Riforma del 31 dicembre 1993 che il pastore delie Assemblee di Dio Francesco Toppi ha indirizzato una «vibrata protesta» ai direttori dell'indipendente, del Messaggero e del Tg 1 per due rispettivi articoli ed una notizia in cui la sua denominazione evangelica di appartenenza è stata definita una «setta» e associata ai Testimoni di Geova. Che il termine «setta» abbia assunto nel vocabolario cattolico una connotazione negativa non c'è dubbio. D'altra parte an- che il cristianesimo storico, degli oppositori, venne definito una «setta» (Atti 28:22). Il pastore Toppi respinge il termine con motivazioni storiche, ma soprattutto in nome della recente Intesa siglata dallo Stato italiano con le Assemblee di Dio, citandola come una specie di attestato di promozione al¬ la «serie A»; lasciando intendere che non è più ammissibile ora associare la sua denominazione di appartenenza ai Testimoni di Geova che, ancor privi della Intesa, appartengono ad un'altra serie. (L'idea della classificazione in serie è di Giorgio Gardiol, attuale direttore di Riforma, in un articolo su La Luce del 31 gennaio 1986). Viene da chiedersi: è un riconoscimento legale che può trasformare una «setta» in una religione? Che lo Stato sia tenuto dalla Costituzione che si è dato (art. 8, III comma) a regolarizzare i rapporti con i culti ammessi, e che questi ultimi ambiscano a tale dovuto riconoscimento, è un fatto. Een altro fatto è considerare l'eventuale riconoscimento ottenuto come un attestato di promozione alla «serie A». Questo per due semplicissime ragioni. La prima: la «serie A» è la prerogativa esclusiva di chi, oltre all'Intesa, gode anche del Concordato; per cui i cittadini appartenenti a confessioni regolate da Intese saranno sempre e comunque, religiosamente parlando, cittadini di «serie B». La seconda: il definire sprezzantemente «setta» un culto, ammesso o non ammesso che sia dallo Stato, è una questione di storica, radicata intolleranza religiosa, che non si estinguerà certo né di fronte ad un Riconoscimento né di fronte ad un'Intesa pur se conseguiti dai concorrenti. E' in questa tramandata intolleranza religiosa che i mass-media (ovviamente quelli non di parte) dovrebbero stare attenti a non farsi coinvolgere loro malgrado, attribuendo pari dignità a tutte le confessioni religiose; ad esempio, e in questo concordo col pastore Toppi, non usando il termine «setta» così come lo usano i vescovi. In ogni caso, ritengo sia meglio smentire le classificazioni sprezzanti alla maniera di Gesù che, accusato d'essere un ghiottone ed un beone, disse: «Eppure la Sapienza di Dio è manifestata dalle sue opere» (Matteo 11:19). Alberto Bertone Ufficio Stampa Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova Moncalieri (To) Il pasticcio farmaceutico Sono completamente d'accordo con Luciano Gallino (un brutto pasticcio...) su La Stampa del 6 gennaio e, per quanto possa valere, ecco la mia doppia testimonianza, di sottosegretario alla Sanità e di parlamentare, a conferma della sua tesi sulla «Crisi storica... dell'arte di concepire e di attuare». Già nel giugno suc¬ cessivo alla mia nomina, inviai al ministro e ai direttori generali della Sanità un promemoria di proposte per il settore. In relazione alla questione farmaceutica, che è divenuta emblematica della crisi analizzata da Gallino, dopo un serrato confronto con il famoso dottor Poggiolini alla presenza dei suoi colleghi ed informali pareri dall'Istituto Superiore di Sanità e dal ministero dell'Industria, proposi la verifica d'una ipotesi costruita intorno alla premessa che «corrispondendo ogni malattia ad un principio attivo, una volta elencati per ciascuno di essi tuffi i farmaci effettivamente efficaci, il sostegno pubblico potesse limitarsi soltanto al meno costoso di essi (individuato periodicamente da apposito osservatorio) con differenza a carico dell'acquirente in caso di sua diversa scelta». Epperò, ecco il succo della mia testimonianza, questa proposta non soltanto è rimasta senza risposta, ma, quel ch'è più significativo nella direzione segnalata da Gallino, non è stata nemmeno contestata: si badi, neppure in Parlamento, dove pur fu esposta in occasione dell'audizione della Cuf, sebbene nelle forme sfumate «consentite» ai sottosegretari che sono vincolati a decisioni sulle quali non è consuetudine nemmeno ascoltarli. Sicché, pur nella facile previsione del caos che ne sarebbe derivato, non tutte le ipotesi avanzate in sede «propria» sono state esaminate e discusse. Questo per quanto riguarda il versante «politico» dell'esecutivo. Quanto poi alle «viscere burocratiche», le considerazioni di Gallino sono da integrare con il riferimento alle procedure di selezione dei dirigenti in un ministero ancora privo di regolamento (mia rinuncia alla delega per il personale in data 11 settembie 1993) e dominato dal gabinetto, per esserlo - talvolta illusoriamente! - dai ministri. on. Nicola Savino

Persone citate: Alberto Bertone, Gallino, Giorgio Gardiol, Hitler, Luciano Gallino, Nicola Savino, Oscar Perruchon, Poggiolini

Luoghi citati: America, Aosta, Asti, Europa, Italia, Moncalieri, Piombino, Taranto