Verona, denunciati tre complici dei killer dell'autostrada. Quattro minorenni sorpresi a Venezia Cresce la «banda del sasso» Altri sette giovani nei guai di Giuliano Marchesini

Verona, denunciati tre complici dei killer dell'autostrada. Quattro minorenni sorpresi a Venezia Verona, denunciati tre complici dei killer dell'autostrada. Quattro minorenni sorpresi a Venezia Cresce la «banda del sasso» Altri sette giovani nei guai VERONA DAL NOSTRO INVIATO Hanno preso anche il terzo. Davide Lugoboni, 18 anni, di Palazzolo di Sona, era alla scuola aeronautica di Viterbo, dove prestava servizio di leva. Ora è nel carcere veronese del Campone, insieme con Marco Moschini e Riccardo Garbin. Oggi i ragazzi del cavalcavia devono raccontare tutto al sostituto procuratore della Repubblica Angela Barbaglio: i sassi giù dal ponte, le auto come bersagli in corsa, quella pietra che ha ucciso Monica Zanotti. Ma ce n'erano altri, di ragazzi, che passavano pezzi di notti sul cavalcavia, a fare lo stesso forsennato gioco. I carabinieri di Villafranca ne hanno denunciati tre: Michele Baldo e Salvatore D'Auria, operai di 20 anni, e Riccardo Anzi, 19 anni, carrozziere. Anche loro di Palazzolo di Sona, e dello stesso gruppo, di Moschini e Garbin, di quelli che si accanivano nel lancio dei sassi sull'autostrada. Loro non c'erano, la notte in cui è rimasta uccisa Monica Zanotti. Ma ci sono stati parecchie altre volte, sul ponte, a bersagliare. Qualche volta si tiravano dietro la morosa, qualche ragazza reclutata in birreria. «Venite, ci sarà da divertirsi». Le ragazze andavano e stavano a guardare quel fare teppismo nel buio. Adesso Salvatore D'Auria dice: «Bravate, mi dispiace moltissimo. Però, quando c'eravamo noi, sul cavalcavia, era un'altra cosa. Non è che ci stavamo mezz'ora: venivamo via dopo pochi minuti, e non tiravamo mica sassi di 16 chili». Salvatore ripete: «Mi dispiace». «Per lei, la ragazza. Io avevo capito da tempo che il gioco poteva finir male, e ho smesso». Altri non hanno smesso, anche se Marco Moschini con un lancio ha ucciso. Ieri pomeriggio, nei pressi di Fossalta di Portogruaro, quattro minorenni sono stati sorpresi mentre scagliavano pietre da un cavalcavia sulla A4. Denunciati e rimandati a casa. Padri e madri hanno saputo dai carabinieri a che cosa stessero giocando i loro figli. Come il papà di Garbin, Bruno, che se l'è visto portar via: infilato in un'auto della polizia e portato in carcere, insieme con Moschini. Quest'uomo è stravolto. «Voglio andare dalla mamma di Monica - dice - a chiederle perdono per mio figlio». Garbin ha un fratello, Michele, 24 anni. Che non riesce a capire quel che è successo. «Definire mio fratello un ragazzo a posto è poco. Lavorava tutta la settimana, e la sera era sempre 0 primo a tornare a casa. Il sabato stava con la morosa, Laura, e con gli altri della compagnia, quelli di Palazzolo. Secondo me, si è fatto trascinare dagli altri». Fino a qualche tempo fa, Michele accompagnava Riccardo in discote¬ ca. «Poi lui si è messo con una ragazza, e di solito andavano a Palazzolo, a divertirsi un po'». Talvolta, in mezzo agli amici, Riccardo finiva per rovinare la serata. Era irascibile, litigava. «Sì, ma perché è sensibile. E dopo aver offeso qualcuno è capace di mettersi a piangere». Bussolengo, questo è il paese di Riccardo Garbin. Un paesone, con le fabbriche di scarpe, i fumi degli stabilimenti della zona industriale, le case nuove, le banche, lo sviluppo che si mangia la campagna. Di¬ cono che qui ai ragazzi i soldi non mancano, e anche i divertimenti: le discoteche, i ritrovi, il bowling e le sale giochi. Allora, perché ci sono quelli che vanno a tirar sassi sull'autostrada? Vincenzo, 19 anni, spalanca le braccia: «Chi lo sa? Si vede che non sono contenti di quello che hanno. Anch'io, qualche volta, son preso dalla noia, ma non vado mica a fare stupidaggini». Dice il sindaco di Bussolengo, Lorenzo Zenorini: «Fa venire i brividi, il vuoto che c'è in certi giovani. Per fortuna sono una minoranza. Molti altri, invece, sono impegnati, sanno come vivere. Ma questo, sapete, è un paese tranquillo, un posto dove il tasso di disoccupazione è tra i più bassi d'Italia. E i giovani, se vogliono divertirsi, non hanno che da scegliere: abbiamo strutture sociali, parchi, sale da ballo. Probabilmente, per qualcuno, non è mai abbastanza». Poco più avanti, verso il lago di Garda, c'è Palazzolo di Sona, il paese di Marco Moschini e Davide Lugoboni. Quel grappolo di case sulla collina. Una borgata insonnolita, dalla quale i ragazzi scendono appena possono, per andare giù alla megadiscoteca, lungo la statale. «Cosa volete che ci stiamo a fare qui, se non c'è niente?», dice una ragazza che sta per partire in macchina con la compagnia. Si sporge dal finestrino: «Ma non crediate che andiamo a tirar pietre dai cavalcavia». Dalla chiesa esce un gruppetto di uomini e donne. Sono tutti anziani. Guardano le auto dei ragazzi infilare la discesa. «Chissà cosa vanno a cercare», dice uno. Non molto distante da qui, nella campagna bresciana, ci sono altri paesi scossi per un dramma di cui sono stati protagonisti i giovani. Sono Leno, Pavone del Mella, Gottolengo: i paesi di Gianluca Vaglia, Hans Peli e Andrea Cipani, i ragazzi che rapinavano coppiette e hanno sparato a un uomo, lasciandolo morire nel bagagliaio della macchina. Anche loro volevano riempire un vuoto, in questa campagna della Bassa bresciana. Non bastavano loro le partite di calcio, le discoteche, i soldi. Uno diceva: «Che cosa facciamo, stasera?». L'altro rispondeva: «Andiamo a rompere le palle a qualcuno». «Balordi - dice uno del paese - che non sapevano come passare il fine settimana». Anche questi hanno ucciso «per riempire un buco». Giuliano Marchesini