la Nato apre le braccia all'Est Zhirinovskij:attenti,rischiate la guerra

Sì alla partnership per la pace, ma Havel e Walesa mugugnano la Nato apre le braccia all'Est Zhirinovskij: attenti, rischiate la guerra L'ALLEANZA OLTRE IL MURO BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «In questo momento nessuno può predire con certezza il futuro politico della Russia». Questa frase di Carlo Azeglio Ciampi fornisce la migliore chiave di lettura per la trasformazione che la Nato ha avviato ieri, in un vertice destinato ad avere un posto di prima importanza negli annali dell'Alleanza. «Partnership per la pace», così è stato definito il compromesso lanciato da Bill Clinton: una graduale integrazione delle nuove democrazie dell'Est nella difesa occidentale, condita da una promessa di adesione per i «buoni», e da un sorriso di maniera alla Russia di Boris Eltsin. La proposta ò stata accolta, e approvata, con un sospiro di sollievo dai membri europei della Nato. Ma ha suscitato le stizzite reazioni di quei Paesi appena liberatisi dal giogo sovietico, che temono i rigurgiti nazionalistici di una Russia ancora in preda a convulsioni post-comuniste. Polonia, Ungheria. Slovacchia e Repubblica ceca chiedono infatti a gran voce la copertura dell'ombrello Nato. Le loro speranze sono per ora destinate a restare insoddisfatte, soprattutto perché gli occidentali non hanno alcuna intenzione di regalare un argomento in più al vincitore delle recenti elezioni politiche russe: il fascista Zhirinovskij. Proprio ieri, nel nuovo Parlamento moscovita, il leader della destra naziona lista ha ripetuto che l'allargamento ad Est della Nato «aprirebbe la strada alla terza guerra mondiale». Pensando a Zhirinovskij, Ciampi ha invitato i Paesi dell'Est a capire che «il modo migliore per impedire un nuovo imperialismo in Russia è tentare di aiutare Mosca a liberarsi dal suo eterno complesso di isolamento». Ungheresi e slovacchi si sono piegati, seppur malvolentieri, alla logica delle cose. Il presidente ceco Vaclav Havel ha auspicato perlomeno che oggi, a Praga, quello con Clinton «sia un vero dialogo, e non un incontro-in cui qualcuno viene ad annunciare qualcosa». Ma ò al polacco Lech Walesa che, invece, la mancata adesione immediata alla Nato, e l'arrendevolezza dei suoi vicini nell'accettarla, non sono proprio andate giù. «L'atteggiamento di Praga mi irrita» ha detto, cedere di fronte alle farneticanti minacce di Zhirinovskij «è un errore che pagheremo tutti». Ma ò proprio così? «E' l'eterna disputa tra chi vede il bicchiere mezzo vuoto e chi lo riconosce mezzo pieno», dice il segretario generale della Nato Manfred Woerner. La «partnership per la pace» non è certo una soluzione ideale, ma come ha ricordato John Major, il premier inglese, la formula è «evolutiva e transitoria». Nel 1996 in Russia ci saranno le elezioni presidenziali; nello stesso anno l'Unione europea rivedrà il Trattato di Maastricht. Siamo ancora nel mezzo del guado, tra i muri crollati e le rive del futuro ordine mondiale. Inchiodarsi ad una scelta rigida, oggi, potrebbe rivelarsi un errore drammatico. La formula adottata ieri garantisce invece flessibilità, senza escludere, ed anzi dichiarando, la volontà della Nato ad abbracciare nuovi soci. «Noi riaffermiamo che l'Alleanza resta aperta all'adesione di altri Stati europei», recita la dichiarazione dei Sedici, «aspettia¬ mo l'espansione della Nato verso gli Stati democratici ad Est, come parte di un processo evolutivo». L'invito formale verrà mandato a tutti i Paesi europei e tutte le Repubbliche dell'ex Urss. Ma è chiaro che solo pochissimi potranno accettarlo. Major ha nominato Polonia, Ungheria e Repubblica ceca, per un motivo espresso nello stesso invito. Al progetto potranno infatti aderire solo i Paesi «democratici» che rispettino i diritti umani al proprio interno, e l'indipendenza politica, l'integrità territoriale, i confini degli altri all'estero. Chi risponderà ai requisiti, chi assicurerà il controllo dei bilanci militari e dei propri ministeri della Difesa, potrà partecipare alle esercitazioni Nato già da quest'anno. Potrà condividere dati, esperienze, addestramenti con gli occidentali. Potrà partecipare alle operazioni di pace, avere accesso permanente al quartier generale occidentale, mantenervi ufficiali di collegamento, e qualificarsi così per la futura, piena adesione. E' una via crucis? Forse, ma è pur vero che per 50 anni i militari dell'Est si sono formati alla scuola della dittatura. Clinton, ai nostri cugini dell'Est riuniti a Praga, non porterà solo promesse. Nella sua bisaccia c'è la più drammatica trasformazione mai tentata dalla Nato, un'Alleanza che resta «l'unica organizzazione di difesa collettiva funzionante del globo, l'elemento più importante di stabilità in un mondo sempre più scosso dalle crisi e dai conflitti». Non è poco. Fabio Squillante Sì alla partnership per la pace, ma Havel e Walesa mugugnano Sì alla partnper la pacee Walesa m Missili dell'arsenale ucraino e a fianco il presidente polacco Lech Walesa (FOTO REUTER]