«Come sei brutta»: l'ultima arma della politica di Filippo Ceccarelli

Un governo di centro-sinistra con Segni al posto di Moro L'insulto a Rosy Bindi e i precedenti nella storia della Prima Repubblica, dalla Noce alla Faccio «Come sei brutta»: l'ultima arma della politica Agli uomini va meglio, nasoni e gobbe fanno parte del look da protagonisti QUANTO CONTA LA BELLEZZA MROMA A quanto è brutta Rosy Bindi!», ha scritto il Secolo d'Italia. Ma quanto è brutto, viene anche un po' da pensare, quando l'attacco è portato sul piano della bruttezza. Anche senza indulgere a una concezione cicisbea della politica, è un bel salto all'indietro, con scivolamento sul fango primordiale della guerra fredda. O magari un salto in avanti, sui carboni ardenti dell'insulto totale, tele-scenico e ultrapersonalizzato, come da sistema maggioritario. Che sia stato rivolto alla Bindi - con quel tanto di finto stupore - appare del tutto sintomatico e funzionale. E' soprattutto per le donne impegnate nella vita pubblica, infatti, che la spiacevolezza fisica finisce per rappresentare un punto debole e quindi più che un appiglio di allegra ferocia per i loro nemici. In altre parole: neanche Oronzo Reale era bello, per dirne uno, come non erano belli Umberto Terracini, Tommaso Merlino, il ministro Bonifacio o Pietro Longo. Non erano, anzi non sono belli né Gava, né Gaspari, né Galloni, le tre «G» della de. Bene, nessuno di loro si ebbe quel particolarissimo genere di ostilità fulminante e pregiudiziale. L'unico che nella Prima Repubblica ebbe una qualche fastidiosa notorietà dal suo aspetto - e non dalle discusse, pure di recente, frequentazioni siciliane - fu il socialdemocratico Giuseppe «Joe» Lupis che, divenuto ministro della Marina mercantile, venne chiamato «l'abominevole uomo delle navi». E tuttavia, sia pure a suo modo, il nomignolo sdrammatizzava l'approccio. Così co¬ me, nel caso delle irregolarità somatiche di alcuni protagonisti, sembra quasi che la carica aggressiva si sia con il tempo depotenziata, sminuzzandosi in tanti particolari. Ecco, perciò, le ironie «leggere» sul nasone di Sceiba, la statura di Fanfani, la gobba di Andreotti, fino ai capelli grassi di De Michelis. Caratteristiche che rendevano questi «brutti» ancor più prota¬ gonisti, croce e delizia di almeno un paio di generazioni di giornalisti. Nel caso di Rosy Bindi, invece, il processo di «mostrificazione» sembra rapidissimo e completo, e di tale intensità da polverizzare la malevolenza di cui a suo tempo fece le spese un'altra brutta-intelligente (e trasgressiva) come Adele Faccio. Così forte e negativo ora, l'anatema estetico su questa quarantenne toscana, da andare forse al di là della sua stessa, impetuosissima irruzione sulla scena pubblica come Giovanna D'Arco, ragazza che per una Causa si fa soldato, donna che diventa maschio e taglia pure le teste. Così profondo, risolutivo e in fondo spaventato, il giudizio dei suoi nemici, che appena a sentirne pronunciare il nome il senatore Cossiga s'è ritenuto in diritto di far sapere: «Preferisco Kim Basinger». E se pure, tra parentesi, parecchie italia¬ ne al Quirinale avrebbero preferito Kevin Costner o Sean Connery, ecco, dopo quell'uscita non proprio cavalleresca si apriva un impietoso, corale concorso di bruttezza senza aspiranti perché la vincitrice era ormai stata proclamata. In un articolo intitolato «Rosy, un fisico davvero bestiale», dopo averla paragonata a un cow boy, YIndipendente scopriva nella Bindi «la prima, vera donna taurina». Poi, in altra puntata, il sociologo (cattolico) Morra allargava il confronto a Moana Pozzi (naturalmente giocando sulla «mona», chi ce l'ha e chi no) e quindi, tra un insidioso affondo sulla zitellaggine e una greve battuta sulla verginità («Verginella» l'ha chiamata il leghista Rocchetta, «perché - secondo la chiosa del moderato Formentini - non se l'è presa nessuno»), s'arrivava addirittura a sostenere che Rosy non si lava. Brutta, quin¬ di, sporca e cattiva. A questo punto il prototipo era completo. Lo stessa orribile caricatura con cui veniva raffigurata la donna del nemico negli anni del grande scontro. La comunista Teresa Noce. O la Nella Marcellino, descritta sul Borghese come «pingue, con gli occhiali, il volto duro e sgraziato, di comportamento piuttosto mascolino». Oppure, sul fronte opposto, la «pasionaria bianca» Elisabetta Conci: «E una tale pasionaria ben fa capire come nella de la maggior parte delle passioni vadano in bianco». Fino alla donna con barba e baffi o alla donna bestia delle vignette di Attalo sull'Azione Cattolica femminile. Con il vescovo miope che dice: «Ma oggi doveva esserci il raduno delle donne o la benedizione degli animali?». Piccole crudeltà da guerra fredda su cui fare un pensierino. Filippo Ceccarelli E Cossiga aprì la strada «Preferisco Kim Basinger» Da sinistra, Rosy Bindi Giuseppe Lupis Adele Faccio e Nella Marcellino Da sinistra, Rosy Bindi Giuseppe Lupis Adele Faccio e Nella Marcellino

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