Padova, infermiera ricorre alla magistratura, deciderà la Corte costituzionale Il marito ha l'Aids la licenziano

Padova, infermiera ricorre alla magistratura, deciderà la Corte costituzionale Padova, infermiera ricorre alla magistratura, deciderà la Corte costituzionale Il marito ha l'Aids, la licenziano L'ospizio le ha chiesto il test: c'è rischio di contagio Ma lei si è opposta in base a una disposizione di legge ROMA. Un'infermiera sposa un malato di Aids e viene allontanata dal lavoro. Ma può essere sospesa dal servizio, se si rifiuta di esibire una certificazione medica che attesti il suo perfetto stato di salute? Al delicato interrogativo, che non ha precedenti, dovrà rispondere dopodomani la Corte Costituzionale, su richiesta del pretore di Padova, Luciano Jauch. A parere del magistrato la legge, almeno per particolari attività lavorative che presentino il serio rischio di trasmissione dell'Aids dagli operatori di assistenza (medici e infermieri) agli assistiti (malati o anziani non autosufficienti) dovrebbe, invece, consentire al datore di lavoro di sottoporre un proprio dipendente - con le dovute garanzie di riservatezza, ma eventualmente anche contro il suo consenso - ad accertamenti medici che escludano l'infezione da Aids. Secondo il magistrato sarebbe, infatti, illegittima l'attuale normativa del 1990 che oggi consente a un'infermiera di non sottoporsi al test anti-Aids. Motivo: sarebbe violato l'articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come «interesse della collettività», un bene che il giudice ha ritenuto più rilevante di qualsiasi diritto individuale. Il caso è finito all'esame della Consulta in seguito al ricorso presentato il 25 marzo scorso da Patrizia Marchioro, un'operatrice di assistenza a «Villa SS.ma Trinità», una Casa di riposo di Padova, gestita dall'O.I.C. (Associazione Opera Immacolata Concezione), che ospita 114 anziani non autosufficienti. Dal 24 febbraio '93, vale a dire tre settimane dopo il matrimonio con Maurizio Businaro, anch'egli infermiere presso la stessa Casa di riposo e da tempo malato di Aids, la dipendente era stata sospesa dal servizio. Ma era stata regolarmente retribuita ogni mese. Il provvedimento dell'O.I.C. era stato motivato dall'esigenza e dalla responsabilità di tutelare gli interessi collettivi dei 114 anziani ricoverati a «Villa Ss.ma Trinità», che dovevano essere aiutati nelle più elementari operazioni quotidiane (dalla pulizia all'igiene intima, dall'assunzione dei pasti al movimenti degli arti invalidi, dai massaggi antidecubito alle piccole medicazioni), nonché dei loro parenti e degli altri sessanta dipendenti della Casa di riposo. Questi interessi - era la tesi dei datori di lavoro - dovevano essere considerati superiori a quello individuale della lavoratrice. Di qui la necessità di accertare che la Marchioro, dopo essersi sposata con Maurizio Businaro, affetto da Aids in fase conclamata da circa tre anni, non avesse contratto anch'essa la grave infezione da Hiv. Ma l'infermiera, dopo aver dichiarato al pretore di essere disponibile a sottoporsi agli Pv esami sanitari richiesti presso la divisione malattie infettive dell'ospedale di Padova, aveva poi cambiato parere e si era rifiutata di sottoporsi alle analisi. Si era così avvalsa della facoltà concessa dalla legge n. 135 del 5 giugno '90. E, in particolare, dell'articolo 5, secondo il quale «nessuno può essere sottoposto senza il suo consenso ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da Hiv, se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse». La normativa del '90 prevede anche che «l'accertata infezio¬ p ne da Hiv non può costituire motivo di discriminazione per l'accesso o il mantenimento di posti di lavoro». E vieta «ai datori di lavoro, pubblici e privati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti l'esistenza di uno stato di sieropositività». Ma per il pretore di Padova la legge n. 135/90, pur essendo informata a principi di alto valore sociale e all'esigenza di non discriminare o isolare, neppure sul lavoro, le persone sieropositive o affette da Aids, appare illegittima, perché «il drastico e perentorio tenore letterale del- le citate disposizioni che escludono in ogni caso la possibilità di analisi e di accertamenti su un eventuale stato di sieropositività senza il consenso dell'interessato, contrasta con l'arti¬ colo 32 della Costituzione, che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività». Pierluigi Franz Il caso mette in conflitto i diritti di due categorie Un reparto per malati di Aids. Nella foto piccola: Casavola, presidente della Corte Costituzionale

Persone citate: Casavola, Luciano Jauch, Marchioro, Maurizio Businaro, Patrizia Marchioro, Pierluigi Franz

Luoghi citati: Padova, Roma