Elezioni, conto alla rovescia di Alberto Rapisarda

Elezioni, conto alla rovescia Elezioni, conto alla rovescia Ma il fronte del rinvio prende tempo «Non si vota in queste condizioni» ROMA. Via al conto alla rovescia verso le elezioni anticipate. Ormai tutti lo sanno che sabato 15, esattamente settanta giorni prima del 27 marzo, il Presidente della Repubblica vuole sciogliere le Camere. Anche il presidente del Senato, Spadolini, si è convinto che non ci possono essere ulteriori indugi. Ma da oggi al 15 passano sei giorni di fuoco durante i quali chi non vuole le elezioni a marzo tirerà fuori tutti gli argomenti possibili per impedirle. Il campo di battaglia per lo scontro decisivo sarà la Camera dei deputati, dove dopodomani comincia il dibattito sulla mozione di sfiducia al governo presentata da Marco Pannella e firmata da 150 tra democristiani, socialisti e altri vecchi partiti di governo. Ciampi aprirà il dibattito con un suo intervento? Ancora non lo ha deciso. Il presidente del Consiglio sta valutando i prò e i contro e, molto probabilmente, sarà incerto sino all'ultimo minuto. Parlare potrebbe essere troppo impegnativo. Potrebbe poi obbligarlo ad ascolta- re le repliche degli oratori. Tacere potrebbe essere imbarazzante. Un modo per evitare di affrontare il problema del ministero dell'Interno nella burrasca, col capo della polizia che deve dare spiegazioni ai magistrati. Sarà questo l'argomento sul quale punteranno quelli che non vogliono le elezioni per chiedere un altro rinvio. Come può vegliare sulla campagna elettorale un ministero in queste condizioni? E' l'argomento più subdolo offerto dalla cronaca degli ultimi giorni. Per questo il ministro Mancino ha chiesto ai magistrati romani di chiarire immediatamente la sua posizione. Prima del dibattito di mercoledì. Già ci sono avversari delle elezioni che cominciano a preparare il terreno per l'offensiva che si aprirà in Parlamento. «Tante più persone si vanno convincendo che in queste condizioni non si può votare. Non perché deve essere caparbiamente conservato questo Parlamento, ma perché vengono meno le condizioni di serenità e di libertà che sono i presupposti di una competizione democratica» dice il democristiano Gargani. «Le supreme cariche dello Stato», secondo l'on. Gargani, debbono lasciar perdere «sospetti e paure che possono venire da rivelazioni interessate» e dedicarsi a governare «un Paese che non vuole perdere le conquiste così faticosamente raggiunte in tanti anni di lotta». E' una linea che scommette sulla stanchezza degli elettori. E un altro democristiano, il senatore D'Amelio, esorta Scalfaro ad avere «grande equilibrio» nello scioglimento delle Camere «pur comprendendo lo stato d'animo del Presidente della Repubblica». Questo e chissà cosa altro si sentirà nel dibattito alla Camera che Marco Pannella vorrebbe diffuso in diretta tv da tutte le reti, pubbliche e private. Saranno fuochi d'artificio con l'utilizzazione di tutte le possibilità che offrono i regolamenti parlamentari. Per esempio, non è chiaro in che momento Ciampi potrà alzarsi dal suo seggio al banco del governo per andare da Scalfaro a dire che è pronto a dimettersi. All'inizio del dibattito, a metà, alla fine? Il presidente del Consiglio pare intenzionato ad anticipare la sua decisione nel caso il dibattito divenisse burrascoso. Se andasse al Quirinale giovedì 13, il Presidente della Repubblica potrebbe consultare Spadolini e Napolitano il 14 e sciogliere le Camere il 15. Una procedura a passo di lumaca resa necessaria dai termini imposti (70 giorni tra scioglimento e elezioni) per poter votare poi il 27 marzo. Se diventasse necessario sciogliere le Camere prima, si voterebbe il 20 marzo. Alberto Rapisarda

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