un intruso al tavolo-scudetto di Roberto Beccantini

un intruso al tavolo-scudetto I giudizi di un tecnico «interessato» sul girone di ritorno che comincia oj un intruso al tavolo-scudetto Oggi comincia il girone di ritorno. Il Milan ha tre punti di vantaggio su Juventus e Sampdoria, quattro sul Parma, cinque sulla Lazio, sei sull'Inter. SvenGoran Eriksson allena la grande intrusa, la Samp di Gullit, Platt ed Evani: gli scarti del secolo. Quando pilotava la Roma, il professorino svedese recuperò otto punti alla Juve di Platini, salvo poi saltare in aria sulla mina del Lecce. Eriksson, cos'ha il Milan più di voi? «Più di noi e, direi, più di tutti: la rosa». E la Juve? «Roberto Baggio». E il Parma? «Viene da due anni di successi (Coppa Italia, Coppa della Coppe), mentre noi siamo solo all'inizio». E' vero che ai tempi in cui lavorava a Firenze fece di tutto per scambiare Baggio con Gerolin? «Baggio con Gerolin? Un pittore con un imbianchino? Io? Ma lei è impazzito. Al contrario, lasciai la Fiorentina perché mi avevano ceduto Berti (all'Inter) e mi stavano per cedere anche Baggio». Si è mai chiesto perché i partner del Codino, da Schillaci a Casiraghi, a Vialli, segnino sempre così poco? «A dire la verità, mai. Comunque, non mi sembra che Moeller sia a dieta. E poi, a Firenze, Baggio mi fece 15 gol e Borgonovo, la sua spalla, 14. Era, se non ricordo male, la stagione 1988-89». Lei passa per un perdente. «Finché campo, sarò ricordato per Roma-Lecce 2-3. Non è giusto. In Svezia e in Portogallo ho vinto moltissimo. Con l'Ifk Goteborg conquistammo una fantastica Coppa Uefa, e sa come? Umiliando quell'Amburgo che l'anno dopo, ad Atene, avrebbe messo in ginocchio una "certa" Juve». Ci definisca la sua Samp. «Una squadra d'attacco, che segna e incassa molto. Divertente. Sempre uguale, in casa e fuori. Come dice mio figlio, una squadra di matti». Come si sta nei panni di terzo incomodo? «Benone. Anche se il nostro obiettivo era, e rimane, la zona Uefa. Il difficile viene adesso». Cos'ha portato Gullit, a parte i dieci gol? «Classe, professionalità, allegria». Ruud voleva fare il libero... ((All'inizio. Lo provai a Udine, in pre-campionato. Interpretò il ruolo in maniera così spavalda che di comune accordo decidemmo che, forse, in quella posizione era sprecato». Ci sono analogie fra la Roma 1985-86 e questa Samp? «Il disegno è identico. Una punta (là Pruzzo, qui Mancini) e Giuseppe Abbagnale s'è rotto, correndo, un metatarso: stop di 45 giorni. Ma questi degli sport minori chi credono d'essere? Dei Vialli? Il quale Vialli, quando si è ri-rotto il piede nello stesso punto di Abbagnale, si è sentito in barca, sapendo che per riprendere dovrà remare a lungo... uno stuolo di centrocampisti votati all'attacco: a Roma avevo Conti, Cerezo, Boniek, Graziane Ancelotti, Giannini; a Genova ho Gullit, Platt, Jugovic, Lombardo, Evani». Quali giocatori della sua Roma travaserebbe nella Samp? «Cerezo e Pruzzo, che con me si laureò capo-cannoniere». Il Milan è a più tre. «Resta favorito, ma non deve illudersi. Questo è un campionato che si vince in volata, non per distacco». Sia sincero: Trap, per lei, ha fatto il suo tempo? «Sciocchezze. La sua Juve è la squadra che ha fatto più gol. E lui, quello che ha vinto di più». Due parole sul Napoli, il vostro avversario di oggi. «La sorpresa dell'ultimo mese. E senza rigori, il primo attacco del campionato». Si gioca da cani... ((Al contrario. Sa qual è la cosa che mi ha colpito di più? Il gusto del gioco che accompagna Cremonese, Piacenza e Reggiana. L'anno scorso erano in B. Nessuna fa il catenaccio». L'Inter è in crisi. «Esagerato. Contro di noi, in Coppa, poteva straperdere. Ma a San Siro, non più tardi del 12 dicembre, aveva stravinto». Il Torino? «Con l'Ajax, il più fertile granaio d'Europa». Quando scade il suo contratto? «Il 30 giugno». Indiscrezioni, progetti? «Mi piacerebbe restare alla Samp, ma non pongo limiti alla provvidenza. La Juve? Come potrei dire no a una Juve, a un Milan, a un'Inter? Una squadra da scudetto, in alternativa alla Samp, sarebbe l'ideale. L'importante, ripeto, è non muoversi dall'Italia. Per un allenatore, il vostro calcio è il massimo». In che senso? «Nel senso che è il più stressante e il più ricco del mondo. Mi spiego. Negli altri Paesi, giocano tutti allo stesso modo. In Italia, no. C'è chi fa la zona, chi la zona mista e chi marca a uomo. Quasi ogni partita diventa, così, un confronto tra scuole. Ancora: non esistono squadre mataresso e, di conseguenza, non ci sono domeniche tranquille. Vi giocano i campioni più illustri. Mi creda: la serie A italiana sta al resto del mondo come la Nasa a un laboratorio di provincia». Cragnotti si è innamorato di lei e della sua zona. «Sono onoratissimo, ma non ho nulla da insegnare a Zoff». Al Milan non hanno ancora mandato giù Nicchi e la sconfitta dì Marassi. «Ingrati. Sapesse quante volte è andata male a noi e non abbiamo fiatato». Gli arbitri? «Bravi». I guardalinee? «Bravini...» Allude al fuorigioco? «Proprio così. Ma per carità, non lo scriva, altrimenti Casarin s'arrabbia». Roberto Beccantini «Milan e Juve più forti noi più divertenti; e io non sono perdente» o «Milan e Juve più forti noi più divertenti; e io non sono perdente»