«Nel suo viso forza e bontà» di Fulvia Caprara

«Nel suo viso forza e bontà» «Nel suo viso forza e bontà» ROMA. Nell'ultima scena dell'ultima «Piovra» andata in onda in tv Vittorio Mezzogiorno moriva tra le squallide pareti di un ex-lager nazista mentre il suo nemico storico, il cattivo Tano Cariddi, si fermava sulla via della fuga nel tentativo, vano, di prestargli aiuto. Una scena lunga e intensa che in queste ore, più ancora di tante altre, passa e ripassa davanti agli occhi del regista del film tv Luigi Perelli e dell'attore Remo Girone. LUIGI PIRELLI. «Vittorio esprimeva nel viso una forza straordinaria, una forza interiore che ci convinse subito a sceglierlo come erede del commissario Cattani, adatto ai tempi duri e senza speran¬ za in cui sono state ambientate le due ultime Piovre. Nella sua faccia di interprete dalle mille esperienze si leggevano solitudine, rabbia, voglia di riscatto: i sentimenti che ci muovevano negli anni in cui abbiamo lavorato insieme. Anni passati condividendo momenti che non si cancellano: il giorno in cui siamo andati a trovare insieme Leonardo Sciascia; le riprese ambientate a San Vittore nel periodo in cui cominciavano le indagini che hanno portato a Tangentopoli, quando abbiamo conosciuto il giudice Italo Ghitti. E poi la serata terribile in cui, tornando dal set, abbiamo saputo della morte di Giovanni Falcone e insieme con la rabbia e il dolore abbiamo sentito forte il rischio di star facendo un film in qualche modo arretrato rispetto alla cronaca. Ho parlato con Vittorio per l'ultima volta il 23 dicembre, mi ha detto che la sua malattia era una battaglia, come le altre, da combattere». REMO GIRONE. «In Mezzogiorno si sposavano perfettamente la ricerca del rigore professionale con un entusiasmo quasi fanciullesco, ma mai leggero. Quel finale dell'ultima "Piovra" con noi due da soli in scena Vittorio l'aveva voluto provare a lungo e poi lo aveva interpretato straordinariamente bene. Era un compagno di lavoro piacevole e buono, sempre interessato alla realtà che lo circondava. Era anche un difensore estremo del mestiere d'attore, convinto che in Italia questa professione, a differenza che in altri Paesi come la Francia, venga profondamente sottovalutata». SANDRO PETRAGLIA (con Stefano Rulli ha scritto la storia della «Piovra»), ricorda il primo incontro con Vittorio Mezzogiorno: «Quando bisognava decidere, dopo la morte di Cattani, se andare avanti con la serie oppure no. Noi avevamo messo in chiaro che, prima di tutto, serviva un attore. Mezzogiorno venne a Roma da Parigi dove stava interpretando il "Mahabharata" di Peter Brook: sembrava un atleta tanto era forte, teso, pieno di muscoli. Subito abbiamo pensato che avremmo costruito il nuovo personaggio andandogli incontro e che Davide Licata sarebbe stato molto più duro, più triste, più disperato del suo predecessore». PATRICIA MILLARDET, il giudice Silvia Conti che, nella «Piovra numero 6», intrecciava una storia d'amore con il poliziotto Davide Licata, ha sottolineato «la grande preparazione e professionalità di Vittorio Mezzogiorno, in lui si avvertiva forte la scuola del teatro». FRANCESCO ROSI ha diretto l'attore in «Tre fratelli», ora dice: «Era un interprete ricco di un'alta coscienza della propria professionalità, e di un grande rispetto per l'esperienza e la formazione avuta in teatro. Sono rattristato per la scomparsa di un uomo cui volevo bene e per la perdita di un attore dotato di sensibilità, entusiasmo e grande professionalità. Scrupoloso e schivo, Vittorio Mezzogiorno rinunciò, dopo il successo ottenuto con "Tre fratelli", a molte proposte di lavoro facili per affrontare invece la difficile sfida del "Mahabharata"». Fulvia Caprara

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