Elsa divide ancora

CASO. Aventi anni da «La storia» un convegno, una mostra, un volume rimettono in discussione la Morante IL CASO. Aventi anni da «La storia» un convegno, una mostra, un volume rimettono in discussione la Morante Elsa divide ancora Tradita o sopravvalutata dalla critica? AROMA vent'anni da La storia, il caso Elsa Morante si è riaperto. Ma questa volta sen—I za il furore polemico e gli attacchi della critica di sinistra di allora, così feroci, e spesso poco motivati, da spingere Cesare Cases a sospettare ignoranza, strumentalizzazione e «invidia per il denaro» in chi stroncava teorizzando che il successo era inversamente proporzionale alla sua qualità. Oggi, arrivano in libreria il primo dei Cahiers Elsa Morante (Esi) e gli atti del convegno organizzato a Perugia un aimo fa da «Linea d'ombra». A Roma, la Biblioteca Rispoli ospita una piccola ma straordinaria mostra di foto e manoscritti inediti, fino al 17 gennaio, giorno in cui sul palcoscenico del teatro Quirino Carlo Cecchi e Paolo Rossi si esibiranno nella lettura drammatizzata della Canzone clandestina della grande opera, tratta da II mondo salvato dai ragazzini. A Pisa, si annuncia il convegno «A vent'anni da La storia» che dal 24 al 26 gennaio vedrà critici militanti, specialisti di varie discipline e scrittori discutere dell'eredità e della produzione degli ultimi vent'anni di Elsa Morante; la meno studiata, eppure, secondo Concetta D'Angeli, una delle organizzatrici del convegno, altrettanto importante di altre opere. Anche per Cesare Garboli, che dice di aver curato i due volumi delle Opere nei Meridiani Mondadori «per difenderla e farla capire», Elsa Morante non è stata ancora apprezzata ed esplorata come merita. Crede che finalmente «le recenti iniziative porteranno fuori dall'uggioso pantano di schieramenti e pettegolezzi che ha afflitto un successo clamoroso del tutto fuori dai giuochi, come La storia. E' un romanzo dove la maternità prima rinnegata e castrata le esplode nelle viscere e, affacciandosi sulla scena del mondo, diventa un'idea di storia». Ma sul campo, la critica è ancora divisa. Ci sono gli irriducibili che preferiscono restare nell'anonimato: «Non mi interessa, appartengo ad altri mondi»; «E' datata»; «E' stata persino troppo sopravvalutata». C'è Asor Rosa che, dichiarando di essere in vacanza, non parla. E chi come Giorgio Bàrberi Squarotti distingue: «Se c'è un'ingiustizia è non aver ancora riconosciuto il valore di Menzogna e sortilegio, un romanzo straordinario come L'isola di Arturo e la raccolta Lo scialle andaluso. L'attenzione si è invece focalizzata su La storia, espressione di un neorealismo attardato, con un messaggio edificante che sollecita il pianto collettivo invece di una maggiore presa di coscienza». Neanche II mondo salvato dai ragazzini, una metafora amara del potere, lo convince: «Sono modeste, da brava massaia, sia l'idea che la scrittura e l'impostazione politica». Anche Elisabetta Rasy, che insieme a Nanni Balestrini scriveva al Ma¬ nifesto una lettera infuocata contro quel romanzo «deamicisiano... una scontata elegia della rassegnazione», non ha cambiato idea: «Il mondo morantiano mi è estraneo. Ciò non toglie che Menzogna e sortilegio sia un grandissimo romanzo». Su questo tutti concordano. Già Lukàcs lo aveva ritenuto uno dei maggiori romanzi del Novecento. «Le ha nuociuto esser la moglie di Moravia di cui era di gran lunga superiore - afferma senza mezzi termini la scrittrice italianista Maria Corti -. Viviamo in una società maschilista che, persino a parità di valore, di una coppia di scrittori o di studiosi privilegia l'uomo. A differenza di Moravia, la Morante è cresciuta, si è interrogata sul senso dell'esistenza riuscendo a darne una lettura lirico-filosofica». Ma un altro italianista, Alfonso Berardinelli, ribatte: «Credo che, più di Moravia, alla Morante abbiano nuociuto le correnti critiche di cui la Corti era leader, le quali tendevano ad interessarsi a scrittori filologicamente più attraenti. Viceversa, la ricchezza linguistica e lo stile di Morante meriterebbero un'analisi approfondita». E' ciò che si comincerà a fare al convegno di Pisa, dove è presente un linguista come Mengaldo. Intanto, non è paradossale che a decidere il valore di questa scrittrice sia stato non un critico militante, come di solito avviene, ma, esponendosi a un putiferio di critiche, uno studio- so? Si ricorderà che nella Storia della letteratura italiana di Giulio Ferroni, a Elsa Morante è dedicato un capitolo come a Pirandello, Svevo, Montale e Calvino. Dopo un ventennio di vuoto critico da parte di accademici e critici militanti, rotto da alcuni interventi di Garboli e del gruppo di «Linea d'ombra», oggi insomma ci si occupa di questa scrittrice come merita. Le novemila copie delle Opere nei Meridiani non sono un po' pochine? Cresceranno, oggi che - come spiega Berardinelli - sono cadute le pregiudiziali di carattere ideologico-politico legate alla tradizione marxista e risultano superati lo sperimentalismo della neoavanguardia e la critica di stampo strutturalista e semiologico? In quel clima, forti furono le resistenze - sia da parte di chi guardava al compromesso storico, sia da chi credeva che l'utopia rivoluzionaria fosse realizzabile - all'impegno che Morante andava scoprendo in quegli anni attraverso Simone Weil, per la quale l'apice della saggezza consisteva nella consapevolezza che «capire è irrilevante» perché gli strumenti della ragione non sono né assoluti né sufficienti. Quanto fosse complessa, appassionata e ricca di rimandi, da Rimbaud ai classici, l'idea di letteratura della Morante; quanto fosse rigoro¬ so il suo lavoro di scrittrice, ce lo rivelano i quaderni su cui ha scritto le sue opere. A cominciare dal primo che sul frontespizio recita «Elsa Morante. Il mio primo libro. Narra la storia di una bambola» e sul retro reca il prezzo L. 2,10. Era l'epoca in cui macilenta, con lo sguardo ardente e le labbra serrate dell'infanzia tormentata, mortificata in un abituccio in cui è cresciuta troppo in fretta, a sette anni si stringe con gesto protettivo ai fratelli più piccoli. Così ce la rimanda una delle foto della bella mostra curata dalla poetessa Patrizia Cavalli. La vediamo poi adolescente ritrosa e donna di prorompente, selvatica sensualità, al tavolo di un caffè in mezzo a riunioni mondane o in piazza San Marco insieme alla surrealista Leonor Fini. Ma anche in mezzo a dei contadini, mentre guarda dalla parte opposta di Moravia, quasi per un cronico conflitto. Prima di ritrovarla rincartocciata in scialli e scialletti sulla sedia a rotelle, con le mani a schermare pudicamente il volto, lasciando fuori gli occhi in cui brilla un sorriso disarmato e infantile. E di tante foto questa ultima, scattata a tradimento da un amico, è la più struggente e, forse, la più vera. Paola Decina Lombardi Garboli: non amata come merita Bàrberi: rivalutiamo «Menzogna e sortilegio» Dopo il lungo silenzio, si tornano a studiare I i suoi romanzi Fra le foto e i manoscritti esposti a Roma il primo quaderno e le immagini dall'infanzia alla terribile malattia I Elsa Morante Sopra, Alberto Moravia Sotto, Cesare Garboli I critici Maria Corti e Alfonso Berardinelli

Luoghi citati: Perugia, Pisa, Roma