Israele dieci anni murato vivo

Dirigeva le ricerche sulle armi chimiche e batteriologiche Poi passava tutto al Kgb Amnesty International chiede di liberarlo (ha 75 anni), il governo di Gerusalemme rifiuta Israele, dieci anni murato vivo Superspia dell'Urss, è prigioniero in segreto TRADIMENTO PER AMORE DI STALIN GERUSALEMME A dieci anni Israele ha la sua «maschera di ferro»: un uomo segregato per ragioni di Stato. Un uomo privato del nome, segretamente costretto a vivere fra quattro mura, dato per scomparso, un uomo di cui gli amici dall'oggi al domani non hanno più saputo nulla. Il protagonista di una delle storie di spionaggio più enigmatiche del dopoguerra. Ci sono voluti dieci anni, in effetti, perché la censura israeliana autorizzasse a pubblicare questa semplice informazione: dal giorno dell'arresto il 19 gennaio 1983, il professor Marcus Klingberg, scienziato di fama internazionale, sconta una pena a vent'anni di carcere per spionaggio a vantaggio dell'Urss. Fino al 3 agosto 1993, quando il quotidiano israeliano Haaretz, dopo un ricorso alla Corte Suprema, ha ottenuto che si levasse l'interdetto, non è stato permesso scrivere che quest'uomo era stato arrestato, giudicato, condannato e imprigionato. Perché questi fatti, di per sé, costituivano segreto di Stato. Il processo, tenuto a porte chiuse, resta ancora un enigma: l'istruttoria, la data del giudizio, i verbali delle udienze rimangono inaccessibili, coperti dal segreto. C'è solo l'iscrizione a ruolo: «Lo Stato d'Israele contro X». «X» è Abraham Marcus Klingberg, nato il 7 ottobre 1918 a Varsavia. Un giorno, senza dubbio, la sua storia interesserà un emulo di Le Carré. Secondo lo scrittore e giornalista israeliano Yossi Melman, uno specialista del ramo, si tratta del «più grave caso di spionaggio nella storia di Israele». Nel 1983, ha scritto, Klingberg era «una delle spie sovietiche di più antica data nel Paese. Una spia che aveva accesso a progetti segretissimi legati alle ricerche chimiche e biologiche. Il danno che ha causato alla sicurezza di Israele è enorme». E di più non ha potuto scrivere, a causa della censura. Quando «scomparve» nel 1983, Klingberg era all'apice di una brillante carriera. Docente dal 1969 presso la facoltà di medicina dell'Università di Tel Aviv, professore a tempo nelle università di Pennsylvania, Filadelfia, Oslo, Londra e Oxford, fu anche nominato dal governo italiano, nel 1979, presidente del comitato internazionale per l'esame delle conseguenze sanitarie della catastrofe chimica di Seveso. Da parecchio tempo prima, praticamente fin dal suo arrivo nel 1948, aveva messo le sue competenze a disposizione della Difesa d'Israele. Nel 1953 assunse la direzione del¬ l'istituto di medicina militare. Poi fu nominato direttore scientifico dell'istituto di ricerche biologiche Nes Ziona. Nes Ziona: la chiave del caso Klingberg è là, in questo centro di ricerche supersegreto alle porte di Tel Aviv. Non è un laboratorio ordinario. Lavora per la Difesa, e le armi sofisticate che ha inventato sono quelle della nuova generazione post atomica. Nes Ziona è il cuore di un complesso medico-militare che mette a punto armi chimicobatteriologiche, e i relativi antidoti. Secondo il «Nouvel Observateur», qui i ricercatori lavorano su «quarantatre tipi di armi non convenzionali, dai virus alle tossine dei funghi, passando per i batteri e i veleni di sintesi». Per una ventina d'anni, di queste armi Marcus Klingberg è stato l'ideatore. In assenza di un pubblico processo, non si possono che fare congetture. E' evidente che quanto è stato trasmesso da Klingberg al defunto Kgb veniva da Nes Ziona. Ma di che si è trattato precisamente? Il segreto radicale tuttora imposto dai servizi segreti su tutto il caso si spiega forse col fatto che il prolungato tradimento ha nuociuto alla reputazione di efficienza del controspionaggio israeliano? O col discredito che potrebbe venire da questa storia a Israele, che ha firmato nel gennaio 1993 a Parigi il trattato internazionale di disarmo chimico, vietante non solo l'impiego, ma anche la produzione e lo stoccaggio di queste armi di distruzione di massa? E qual è stato esattamente il ruolo ricoperto da Marcus Klingberg, scienziato e spia? Il segreto di Klingberg è un ricordo della giovinezza. Giovane ebreo in Polonia, di famiglia modesta, Marcus entra nel 1936 alla facoltà di medicina dell'Università di Varsavia. Nel settembre 1939, quando le armate naziste dilagano nella parte Ovest del Paese, mentre quelle di Stalin occupano quella orientale, suo padre lo incita a partire, a fuggire all'Est finché è possibile. Perché «almeno uno di noi sopravviva», gli dice. Suo padre sapeva, presentiva lo sterminio incombente. Tutta la famiglia di Marcus Klingberg, sia dal lato paterno che da quello materno, perì durante la guerra: nell'inferno del ghetto o nelle camere a gas. Lui fu dunque un sopravvissuto, che doveva la sua salvezza al Paese che lo aveva accolto nel 1939: l'Unione Sovietica. In Urss, Klingberg continua gli studi di medicina a Minsk, terminandoli nel '41. L'invasione nazista scatta nel luglio di quell'anno. Marcus si presenta volontario nell'Armata Rossa. Terminerà la guerra da capitano. Nel giugno 1945 sposa una microbiologa, Wanda Jasinska, anche lei un'ebrea scampata al ghetto di Varsavia, la cui famiglia è stata sterminata. Nel 1948, prima ancora della proclamazione dello Stato d'Israele il 14 maggio, Marcus Klingberg si offre volontario nell'Haganah, l'embrione del futuro esercito israeliano. Un passo che nel contesto di allora non rappresentava rottura né doppio gioco: l'Urss appoggia la creazione dello Stato d'Israele e i dirigenti della giovane nazione sono sionisti di sinistra, imbevuti di retorica socialista. Ma nel segreto della sua memoria, l'immigrato racchiude un debito incommensurabile: per tutta la vita, e ancora oggi nella sua cella nella prigione di massima sicurezza di Ashkelon, si sentirà riconoscente verso l'Urss che lo ha non solo salvato, ma promosso, formato, riconosciuto. E' questo il segreto che è stato rivelato a mezza bocca da uno scrittore francese, Alain Brossat, amico di Klingberg, già nel 1988 in un libro pubblicato a Parigi, adattato per rispettare la volontà del silenzio espressa dalla famiglia su imposizione delle autorità israeliane, in cui non figurava alcun dato biografico che potesse identificare Marcus. Tali sarebbero i sentimenti di Marcus Klingberg ancora il giorno in cui scompare nel gennaio 1983. Sua moglie e sua figlia Sylvia hanno rispettato scrupolosamente la regola del silenzio loro imposta, rifiutando confidenze ai giornalisti anche quando, alla metà degli Anni 80, i mass media occidentali cominciarono a lasciar filtrare qualche brandello di verità. Le due donne non avevano scelta: in caso di sgarro, il limitatissimo diritto di visita sarebbe stato soppresso. Fino al 1988, quando un giornale newyorkese in lingua ebraica parla del suo arresto, Marcus Klingberg è uno «scomparso». Una delle false voci diffuse dai servizi segreti israeliani vuole che sia fuggito in Urss. Nel 1985 un giornalista inglese, Peter Pringle, che allora lavorava per l'«0bserver», aveva avuto dei dubbi ma non era riuscito a chiarire il mistero. Trovatosi per caso di fronte al nome di Klingberg durante un'inchiesta sull'uso di armi chimiche da parte dei sovietici, cercò di seguire le tracce di Marcus in Israele. Mal gliene incolse: la sua auto fu svaligiata, la borsa col passaporto e gli appunti rubata. Affermando di aver ritrovato la refurtiva, la polizia israeliana gli restituì tutto, tranne le carte su Klingberg. Dopo l'arresto, Marcus fu messo in isolamento per 14 giorni, senza poter vedere un avvocato. Incarcerata a sua volta, Wanda Klingberg fu liberata dopo l'interrogatorio; è morta nel 1990 a Parigi, dove vive sua figlia. Sylvia Klingberg porta ormai da sola il peso di questa storia. Afferma di non saperne quasi nulla, nonostante le visite regolari a Ashkelon. Suo padre, dice, non le ha rivelato alcun segreto: «Per proteggerti», le ha detto. Sylvia scrisse quattro lettere a Mikhail Gorbaciov perché facesse uscire suo padre dalla condizione di sepolto vivo. Nel 1985 assunse un avvocato a Parigi, che si recò all'ambasciata sovietica. E parallelamente contattò Wolfgang Vogel, il celebre avvocato tedesco-orientale che sovrintese a molte transazioni segrete fra Est e Ovest. A tutti, fu detta la stesa cosa: era ora che fossero i sovietici a pagare il loro debito. L'idea di uno scambio di spie prese corpo. Anche Israele designò un negoziatore. Ma il tempo passò; il muro di Berlino cadde e il «campo socialista» per cui Klingberg aveva militato si disintegrò. Il 5 gennaio 1991 Sylvia scrisse ancora a Gorbaciov. Troppo tardi: quando nell'autunno l'avvocato francese tornò a Mosca, trovò interlocutori nuovi, non più interessati allo scambio. A seguito delle rivelazioni della stampa israeliana, Amnesty International si è interessata del caso Klingberg, affermando che l'isolamento totale di un uomo di settantacinque anni rientra nella categoria dei trattamenti «crudeli, inumani e degradanti». Ma i servizi segreti israeliani consigliano ai politici di non cedere. Edwy Plenel Copyright «Le Mondee per l'Italia «La Stampa- La moglie e la figlia costrette al silenzio «Se rivelate dov'è, non lo rivedrete più» Ufficialmente «scomparso» è in cella d'isolamento dopo un processo a porte chiuse Il Mossad fece credere che fosse fuggito a Mosca Dirigeva le ricerche sulle armi chimiche e batteriologiche Poi passava tutto al Kgb A Gorbaciov Sylvia Klingberg chiese di organizzare uno scambio di spie Sopra, l'avvocato tedesco-orientale Wolfgang Vogel glande organizzatore di maneggi segreti fra Est e Ovest A destra, un'immagine di un libro di spionaggio