Domani si apre il summit di Bruxelles, l'Occidente assicura: «Non sarà una Yalta bis» L'Est: Nato salvaci dai russi

Domani si apre il summit di Bruxelles, l'Occidente assicura: «Non sarà una Yalta bis» Domani si apre il summit di Bruxelles, l'Occidente assicura: «Non sarà una Yalta bis» L'Est: Nato, salvaci dai russi Walesa diserta l'incontro con Clinton BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il vertice Nato che si aprirà lunedi nella capitale belga non sarà una nuova Yalta, non traccerà la nuova linea di confine tra l'Europa democratica e il Paese dei leoni. Dalla riunione dei 16 capi di Stato e di governo dell'Alleanza uscirà solo una struttura in grado, forse, di garantire la sicurezza del continente in ima fase di passaggio incerta e ancora traumatica. Proprio per questo, però, terrorizzate dai minacciosi segnali che provengono da Mosca, e trovate chiuse le porte della Nato, le nuove democrazie dell'Est vociferano di un tradimento ai loro danni. Due giornali di Varsavia hanno scritto ieri che, se i Sedici non prometteranno alla Polonia la futura adesione all'Alleanza, il presidente Lech Walesa potrebbe boicottare la riunione che Bill Clinton terrà a Praga martedì con i leader del «gruppo di Visehrad» (Ungheria, Polonia, repubbliche ceca e slovacca). All'ambasciatrice Madeleine Albright ed al generale John Shalikashvili, mandati da Clinton a blandire i leader dell'Est, Walesa avrebbe detto che «la Polonia chiede una chiara definizione del nuovo sistema di sicurezza europea, e la conferma che ci sarà per la Polonia un posto nella Nato». L'incontro, secondo i due giornali, sarebbe così avvenuto in «un'atmosfera molto tesa», e le dichiarazioni del ministro degli Esteri polacco, Waldemar Pawlak, lo confermano: «Dai colloqui avuti con gli inviati americani non ho tratto la certezza che la partecipazione della Polonia al "partnership per la pace" porti in futuro all'ammissione nella Nato - ha detto -. L'iniziativa americana si riassume in una serie di meccanismi per l'instaurazione di contatti militari diretti, che tuttavia non funzionerebbero in caso di pericolo». Un diplomatico francese, citato ieri da «Le Monde», gli dà indirettamente ragione: «Chi è pronto a dire ai russi: se superate questa frontiera, troverete uno dei nostri soldati dietro ad ogni baltico?». E tuttavia sembra impensabile che il Presidente polacco decida di boicottare l'incontro con Clinton, che egli stesso ha definito «decisivo». Il fronte occidentale, del resto, appare abbastanza compatto sulla proposta di «partnership per la pace», una soluzione di compromesso che permetterà di accrescere l'integrazione delle nuove democrazie dell'Est nelle strutture anche militari dell'Occidente, senza escludere la Russia. L'invito a partecipare verrà infatti esteso anche a Mosca, per evitare che l'opinione pubblica russa, sentendosi tagliata fuori dal «mondo civile», abbracci le tesi del fascista Zhirinovskij. Su questo punto quasi tutti concordano con gli americani. E' Helmut Kohl, il cancelliere tedesco, ad avere invece i suoi problemi a far accettare ai suoi un quadro, che continua a condannare la Germania al ruolo di Paese di frontiera dell'Alleanza. Il capogruppo parlamentare del suo partito, Wolfgang Schauble, ha infatti dichiarato al «Berliner zeitung» che è necessario «appoggiare in ogni modo il desiderio di adesione alla Nato dei Paesi dell'Est europeo», offrendo loro «precise garanzie di sicurezza», proprio perché «il pacifico sviluppo democratico nei Paesi dell'ex Unione sovietica non è ancora assicurato». E così Kohl, che già aveva dato il suo appoggio al «partnership per la pace», ha dovuto fare parzialmente marcia indietro: ai Paesi dell'Est va data «una chiara prospettiva», ha detto, aggiungendo che le loro «giustificate esigenze» vanno considerate «molto seriamente». Un'ultima incognita pende sul vertice: quella della Bosnia. La Francia spinge per un impegno «forte» contro la Serbia, chiedendo a Clinton un appoggio politico, se non militare, per una «muscolosa» proposta di pace. Fabio Squillante A sinistra il presidente polacco Walesa con il capo di Stato Maggiore americano Shalikasvili A lato il ministro Fabbri