Prezzolini il maestro ritrovato di Giuseppe Prezzolini

L'incontro-chiave a New York nel '53 Prezzolini, il maestro ritrovato Un altro toscano «scomodo» per ipotenti Il nuovo giornale di Indro Montanelli, che dovrebbe uscire in primavera, non si intitolerebbe «Il Caffè», come era stato ventilato, ma «La Voce». Le radici non andrebbero cercate nell'Illuminismo lombardo, ma nel Primo Novecento fiorentino. E il santo patrono non sarebbe Pietro Verri, ma Giuseppe Prezzolini. Montanelli e Prezzolini: ecco una combinazione chimica che era nell'aria da sempre. La strada che va da Castellina in Chianti, luogo d'origine dei Prezzolini, a Fucecchio, patria dei Montanelli, è lunga poche decine di chilometri. Brevissima, per i due personaggi destinati tutta la vita a incontrarsi. Anche se l'incontro avvenne per la prima volta a New York, nel 1953, dove Prezzolini si era appartato, esule rancoroso verso il proprio Paese, e Montanelli aveva cercato invano di snidarlo. Per Montanelli, Prezzolini rappresentava l'uomo del no, il nemico delle idee correnti, l'antipatico di tutti i salotti alla moda. Anarchico che sognava l'ordine, ribelle al proprio tempo per nostalgia del passato: l'ideale per un giornalista che aveva fatto dell'anticonformi¬ smo conservatore la propria bandiera. Ma aveva qualcosa in più, che attraeva il pronipote di Giuseppe Montanelli, il leader della Repubblica Toscana nel 1848. Prezzolini discendeva, come lui, da quella borghesia illuminata toscana, laico-democratica, che aveva dato un contributo decisivo al Risorgimento ed allo sviluppo della nuova società civile dopo l'Unità; un albero genealogico ricco di costruttori ferroviari e garibaldini, fino al padre, amico di Carducci. Montanelli sapeva che si sarebbero intesi. Prezzolini, emigrato sotto il fascismo per dirigere l'Istituto italiano di cultura, non era più voluto tornare in Italia, dove si sentiva rifiutato dopo la guerra. L'inviato del «Corriere» lo scovò nel West Side, in una mansarda della 119a strada, vicina alla Columbia University. Descrisse un personaggio bizzarro ma cordiale, che si mette subito in cucina a preparare gli spaghetti, poi getta sul fuoco una bistecca, mentre parla del suo rifiuto di tornare in patria. La conversazione prosegue, la bistecca brucia, e Prezzolini cerca di riscattarsi con un caffè all'italiana. I due divisi da 27 anni di distanza si danno fin dall'inizio del tu. Non sappiamo se la bistecca sia bruciata davvero, ma il racconto era vivissimo, molti italiani conobbero attraverso quel pezzo un personaggio che la cultura ufficiale aveva rimosso, le nuove storie letterarie dimenticate. Montanelli rivide ancora, a varie riprese, Prezzolini, dopo il suo trasferimento a Lugano. Ma non si trovarono praticamente mai insieme sullo stesso giornale. «La Voce» può essere il titolo che segna l'incontro definitivo. Prezzolini diresse la sua fino al 1914, quando la lasciò a Giuseppe De Robertis, per assumere un nuovo incarico a Roma. Un suo antico collaboratore, Benito Mussolini, lo voleva come corrispondente romano del giornale da lui fondato dopo essere uscito dal partito socialista, «Il Popolo d'Italia». Prezzolini in quell'ambienti' durò pochi mesi. «Ti assicuro che la politica italiana vista da vicino è tremenda - scrisse alla moglie l'il dicembre 1914 -, direi povero Paese, se il Paese non lo meritasse». Chissà se Montanelli ha visto quella K-Ltera, pubblicata ora da Rusconi nel «Diario per Dolores». Ma quanto dovrebbe piacergli. Giorgio Calcagno L'incontro-chiave a New York nel '53 Sopra. Giuseppe Prezzolini A sinistra, il simbolo della «Voce» che fu disegnato da Ardengo Soffici

Luoghi citati: Castellina In Chianti, Fucecchio, Italia, Lugano, New York, Roma, Toscana