Quella «Voce»rivoluzionaria

Prezzolini, il maestro ritrovato Quella «Voce» La rivista tra il 1908 e il 1916 trasformò la cultura italiana Il primo numero della «Voce» esce nel dicembre del 1908 e la rivista è la maggiore fra quelle sorte, per lo più con non lunga vita, nel primo decennio del Novecento. Fondata da Papini e Prezzolini, ebbe periodicità settimanale, fuorché nel 1914, quando uscì quindicinalmente. Dalla fondazione al marzo del 1912 fu diretta da Prezzolini; poi, tino alla fine dell'anno, da Papini; Prezzolini riprese la direzione fino al 1914, quando la «Voce» cambiò notevolmente impostazione sotto la direzione di Giuseppe De Robertis, che la guidò fino al 1916, data di chiusura della rivista, trasformandola in un periodico esclusivamente letterario. La caratteristica della «Voce» di Papini e Prezzolini fu, invece, il tentativo di raccogliere nelle proprie pagine l'idea più ampia possibile di cultura: sì la letteratura di impostazione più profondamente etica di Boine, Sbarbaro, Slataper, Jahicr e di tanti altri, ma anche la politica, con Salvemini e Giovanni Amendola, la filosofia (la rivista si dichiarò organo dell'«idealismo militante»), il costume, con i dibattiti sulla scuola, sui socialisti, sul governo di Giolitti, sui restauri delle opere d'arte, sul Croce e sul Gentile. Nella «Voce» prezzoliniana convivono molte anime, la rivista è il luogo di incontro di un gruppo di intellettuali che hanno in comune una forte esigenza mo¬ rale, un razionalismo sicuro ed equilibrato. Fra l'entusiasmo, il furore, il gusto del paradosso di Papini e l'elegante distacco, un poco ironico, a volte anche cinico e, almeno, disincantato di Prezzolini, si attua un equilibrio singolare. L'ispirazione morale conduce ad assumere una posizione molto rigorosa, non politica ma etica, nei confronti dello stato liberale e del capo del governo, Giolitti, per il quale Salvemini conia l'etichetta di «ministro della malavita1) per l'uso disinvolto della corruzione e delle organizzazioni criminali a sostegno dei candidati governativi nelle elezioni. Tocca allo stesso Salvemini dare voce sulla rivista al meridionalismo come problema nazionale, visto nella prospettiva del progresso nell'educazione delle masse meridionali come fondamento dell'elevazione economica e sociale. Anche se la maggior parte dei vociani è composta di letterati (ma Amendola vi propone un liberalismo riformato in senso sociale), tuttavia si elabora sulla rivista una nuova concezione dell'intellettuale, che s'ha da misurare in ogni momento con i problemi politici, sociali e del costume, uscendo decisamente dal privilegio della separazione dell'aristocraticità. Giorgio Bàrberi Squarotti