Il capo della polizia indagato: parlerò ai giudici, attaccano me ma il bersaglio è il Quirinale Parisi il governo respinge le dimissioni

Il capo della polizia indagato: parlerò ai giudici, attaccano me ma il bersaglio è il Quirinale Il capo della polizia indagato: parlerò ai giudici, attaccano me ma il bersaglio è il Quirinale Parisi, il governo respinge le dimissioni «Vogliono colpirlo, Scalfaro va molto, molto protetto» ROMA. ((Attaccano me, ma il bersaglio è il Quirinale», dice Vincenzo Parisi, Capo della Polizia. E aggiunge: sii Presidente della Repubblica è persona da tenere molto, molto protetta, in considerazione dei pesanti attacchi che, ingiustamente, sono stati rivolti». Ma, alle 13,30 di ieri, è un comunicato del ministero dell'Interno a spiegare in poche righe quello che è successo in molte e convulse ore: «Il ministro Mancino, sentito il presidente del Consiglio, ha chiesto al prefetto Parisi, che in mattinata aveva messo a disposizione il proprio mandato, di continuare nella funzione di capo della polizia e di direttore generale del dipartimento di pubblica sicurezza». L'indagato Vincenzo Parisi, insomma, aveva dato le dimissioni, ma Mancino le ha respinte. Il prefetto s'è detto pronto a farsi da parte dopo aver avuto la conferma di essere inquisito nell'inchiesta sui «fondi neri» del Sisde, per i reati di favoreggiamento e peculato. E ha impiegato una serata intera, il capo della polizia, per riuscire ad averne la certezza; solo a mezzanotte e mezzo di venerdì ha avuto la conferma, e di prima mattina forse mentre preparava la lettera di dimissioni al ministro - è stato costretto a smentire la smentita della sera precedente. Alle 22,30 di venerdì, infatti, Parisi ha detto in tv che «scientemente e coscientemente» poteva dichiarare falsa la notizia di una sua iscrizione nel registro degli inda- gati; ieri mattina alla radio, la prima ammissione: «Ho avuto una mezza conferma che la notizia potrebbe corrispondere a verità». Intorno a mezzogiorno, infine, il procuratore della Repubblica di Roma Vittorio Mele, con un po' d'imbarazzo, dava l'ufficialità a ciò che tutti ormai sapevano: il nome di Vicenzo Parisi compare, insieme ad altri, nel registro degli indagati. Vittorio Mele è un altro protagonista di questo balletto durato più di dodici ore. E' stato lui a mettere Parisi sulla cattiva strada; dopo aver avuto la notizia dai giornalisti, infatti, il capo della polizia ha chiamato il procuratore, e questi gliel'ha smentita. Del resto non poteva fare altro, visto che lui stesso non ne sapeva niente. Proprio così: Vincenzo Parisi è indagato da almeno dieci giorni nell'inchiesta sui «fondi neri» del Sisde e il procuratore di Roma, fino all'altra sera, non lo sapeva. Mele l'ha spiegato ieri mattina ai suoi stessi colleghi che sono andati nel suo ufficio; una situazione analoga a quando non sapeva nulla della richiesta di arresto, partita dal suo ufficio, di Carlo De Benedetti. Ieri, Parisi ha chiesto a Mele di essere interrogato subito, «per chiarire immediatamente la mia posizione, non domani o dopodomani, davanti ai magistrati». L'interrogatorio potrebbe avvenire oggi o più probabilmente domani. Dai giudici, e al fianco di un avvocato, saprà che cosa c'è di nuovo a suo carico e darà nuove spiegazioni. Qualcuna ne ha già data ieri, in varie interviste: «Non ho mai percepito nemmeno un centesimo che non mi spettasse. Per questo non avevo alcun motivo di evitare l'esplosione di uno scandalo che non mi riguardava». Ma i contatti tra alti funzionari dello Stato, capo della polizia compreso, sull'inchiesta dei «fondi neri» ci sono stati. «Erano puramente informativi risponde Parisi - e nessuno fu finalizzato alla manipolazione della condotta dei funzionari del Sisde». L'iscrizione di Vincenzo Parisi nel registro degli indagati risale agli ultimi giorni del 1993. Sul suo conto non ci sarebbero soltanto le dichiarazioni di Broccoletti del 28 ottobre scorso (tre milioni al mese intascati dal capo della polizia oltre alla retribuzione prevista), ma altri elementi li avrebbero portati altri due imputati dell'inchiesta: gli ex-direttori del Sisde (successori di Parisi) Riccardo Malpica e Alessandro Voci. Ai magistrati Malpica avrebbe detto che 0 sistema dei «premi» e delle elargizioni piuttosto generose di soldi del ser- vizio segreto civile non l'ha introdotto lui, ma era già in vigore con la precedente gestione. Cioè quella di Parisi. Del resto, ha sottolineato il prefetto finito in galera, Broccoletti è diventato amministratore della Gattel (una delle società di copertura del Sisde) con Parisi direttore. Anche l'architetto Salabè, praticamente il destinatario unico degli appalti del Sisde, avrebbe cominciato a lavorare con gli 007 sotto la gestione dell'attuale capo della polizia. Per verificare queste dichiarazioni di Malpica, i carabinieri del Ros hanno sequestrato, presso gli archivi del servizio segreto, gli atti amministrativi del 1985. Parisi, inoltre, avrebbe detto ai magistrati di avere a suo tempo restituito una certa somma al Sisde dopo aver scoperto che non gli spettava; circostanza che sarebbe stata confermata dall'ex-direttore Finocchiaro, ma smentita da Antonio Galati, cassiere dei «fondi riservati» fino al giugno scorso e adesso in carcere. Alessandro Voci, inquisito pure lui, il primo ad aver parlato della falsa versione concordata tra gli 007 per bloccare l'inchiesta giudiziaria, avrebbe detto che anche Parisi s'è dato da fare per circoscrivere lo scandalo. L'interessato ha già smentito e lo rifarà di fronte ai giudici in attesa, come ha ripetuto ieri, «che l'iscrizione nel registro degli indagati sia superata con un'archiviazione». Giovanni Bianconi Così si ingraziava i primi ministri: ad uno l'aereo, a un altro l'alloggio La santa alleanza con Malpica, il «Cinese» e la guerra con i «napoletani di Gava» mm Sopra il presidente Scalfaro. a sinistra ci capo della polizia Vincenzo Parisi con il ministro dell'Interno Mancino; sotto con Gava e Matarrese

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