Cresce la produzione di cibo e vince la corsa con le bocche Ma il conto lo paga la natura

Cresce la produzione di cibo e vince la corsa con le bocche Ma il conto lo paga la natura Cresce la produzione di cibo e vince la corsa con le bocche Ma il conto lo paga la natura LA produzione di cibo nel mondo è cresciuta più rapidamente delle bocche da sfamare, tanto che oggi le disponibilità alimentari di ogni abitante della Terra superano del 18 per cento quelle di vent'anni fa. La buona notizia apre il rapporto «Agricoltura: verso il 2000» da poco reso pubblico dalla Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. La corsa a inseguimento tra crescita demografica (che pure continua a ritmi molto sostenuti) e disponibilità di cibo segna dunque un risultato positivo. Ma a parte il fatto che per molti Paesi poveri i vantaggi sono limitati e che anzi alcuni hanno visto peggiorare la propria situazione (è il caso dell'Africa sub-sahariana, dove si sta peggio di 20 o 30 anni fa) è possibile dire senz'altro che la rincorsa ha imboccato un trend positivo destinato a durare? Entro il 2010, dice lo studio della Fao, i sottoalimentati cronici caleranno dagli 800 milioni di oggi a 560 milioni (con una diminuzione nell'Asia meridionale ma con un aumento nell'Africa sub-sahariana). La crescita della produzione agricola sarà in parte assicurata dalla maggiore resa dei terreni consentita da tecniche migliori e colture più redditizie. L'introduzione del riso ibrido in Cina, Indonesia, Corea del Nord, Vietnam e India, iniziata negli Anni 70, ha fatto salire il raccolto da una inedia di 1 -1,5 tonnellate per ettaro a 2,5 tonnellate. Progressi analoghi potranno essere ottenuti con il mais, il sorgo, il frumento. Le biotecnologie avranno un ruolo importante. Anche l'irrigazione consentirà un aumento della produzione, ma lo studio della Fao avverte che il forte incremento dell'uso di risorse idriche sotterranee (in India i 90 mila pozzi del '50 sono diventati oggi 12 milioni) non è una strada che si possa battere all'infinito, perché il tasso di estrazione spesso supera la capacità di ricostituzione della falda mentre le acque «fossili» sono a tutti gli effetti risorse non rinnovabili, esattamente come il petrolio, e quindi destinate a esaurirsi. Nei Paesi in via di sviluppo, ammette lo studio della Fao, dovranno essere messi a coltura almeno 100 milioni di ettari di terreno in più rispetto ad oggi, per un totale di 850 milioni di ettari. In Medio Oriente e nell'Asia meridionale le terre ancora disponibili sono minime, mentre la maggior parte del suolo potenzialmente adatto alle coltivazioni si trova in America Latina e nell'Africa a Sud del Sahara, e si tratta di terreno coperto da foreste. AU'incirca 50 milioni di ettari di foresta tropicale dovranno quindi essere sacrificati solo per mantenere (o migliorare di poco) la situa zione alimenta re attuale nei Paesi in via di sviluppo, nei quali la popolazione nei prossimi vent'anni dovrebbe aumentare di 1,9 miliardi. Senza contare le terre che saranno occupate dall'espansione delle città, delle vie di comunicazione e del turismo. E senza spingere lo sguardo, giustamente preoccupato, al di là dei termini temporali dello studio della Fao. Possiamo anche immaginare che per un certo tempo (quanto?) la corsa tra cibo e bocche da sfamare resti a favore del primo. Ma se si accetta questa prospettiva, sarà anche necessario accettare come inevitabile, come implicitamente ammette anche la Fao, un'accelerazione degli attacchi alla natura; diventerà cioè sempre più difficile preservare ciò che resta della vita selvaggia, della diversità biologica e delle popolazioni autoctone, spinte in aree sempre più ristrette e disagiate. I grandi animali in corsa nella prateria resteranno soltanto nelle immagini dei documentari. Vittorio Ravizza

Persone citate: Vittorio Ravizza