Gli intellettuali: trattate di Gabriele Beccaria
Gli intellettuali: truffate Gli intellettuali: truffate Vargas Llosa: c'è troppa povertà Rigoberta Menchù: no al massacro S AL VATE gli indios!». L'urlo si propaga sulle linee telefoniche e prende corpo nel fruscio dei fax che approdano di qua e di là dell'Oceano. Dal suo esilio di Città del Messico il premio Nobel per la pace 1992 Rigoberta Menchù indirizza un appello per salvare i fratelli del Chiapas. Avvolta nel suo inseparabile hipules, la casacca dei quiche del Guatemala, la trentacinquenne «pasionaria» dei diritti dei pronipoti dei maya e degli aztechi ha chiesto a Carlos Salinas de Gortari di porre fine al bagno di sangue. Nelle stesse ore, dal paradiso patinato di Cancun, Mario Vargas Llosa ha sollecitato il governo a trovare una soluzione per alleviare i drammi della popolazione. Due voci che stanno implorando clemenza sullo sfondo del grande coro di 128 intellettuali che, ispirati da Carlos Fuentes, si sono rivolti «a la opinion publica» e invocano la cessazione degli repressione. «Come l'esperienza personale mi ha insegnato, è della massima importanza interrompere i bombardamenti nelle zone occupate dagli insorti per motivi umanitari, morali e politici», ha scritto la Menchù, riferendosi ai blitz sulle montagne di Rancho Nuevo e Tzontehuitz, a Sud e a Nord-Est di San Cristobal de las Casas. «La guerra, infatti, colpisce in primo luogo e prevalentemente la vita e la sicurezza della popolazione civile, che già subisce gli effetti del deterioramento delle condizioni economiche e sociali». Il Premio Nobel parla in prima persona, con le ferite sempre aperte dell'india che nel Guatemala piagato da una quarantennale guerriglia ha perso il padre, bruciato vivo durante un'occupazione dell'ambasciata spagnola, ha visto la madre rapita, violentata e ammazzata da uno squadrone della morte e ha pianto il fratello, sgozzato e sepolto in una fossa comune con la moglie e i tre figli. Rigoberta Menchù pretende che «venga data priorità al rispetto dei diritti umani, con l'instaurazione di una tregua che permetta di soccorrere le popolazioni in fuga e di sgom¬ berare i feriti». Parla degli indios, «che costituiscono la maggioranza degli abitanti dello Stato di Chiapas», e delle loro sofferenze: 14 tribù di tzotziles, tzeltales, tojolabales e chamulas che rappresentano una delle schegge del sofferente mosaico dei 17 milioni di indios del Messico, un universo di 56 etnie diviso dai costumi e dagli idiomi ma accomunato dalla miseria e dall'adorazione per la Vergine di Guadalupe. Grida il Nobel: «Rispettate i popoli indigeni!». Le ha fatto eco Mario Vargas Llosa, il cantore della rivoluzione impossibile che nella «Storia di Mayta» ha raccontato lo scacco di un trotzkista, di un ufficiale e di un gruppo di adolescenti impegnati in una rivolta a Jauja, un paesetto della sierra peruviana: «La rinascita di gruppi armati nel Sud del Messico è un segnale d'allarme per le autorità, che devono dare una soluzione immediata ai problemi più urgenti e combattere la povertà estrema». Lo pensano anche i 128 firmatari di un accorato appello uscito sul più raffinato dei quotidiani d'opposizione messicani, «La Jornada». «Per ragioni umanitarie, morali e politiche chiediamo l'immediata cessazione dei bombardamenti che l'esercito messicano sta conducendo su aree densamente popolate del Chiapas. Chiediamo inoltre il rispetto rigoroso dei diritti umani in tutta la zona e un'immediata indagine sulle violazioni che sono già state denunciate. Chiediamo infine informazioni complete e attendibili, dato che tutti i tentativi di manipolazione dell'informazione contribuiscono soltanto all'aggravarsi del conflitto». Centoventotto firmatari, tra cui spiccano Carlos Fuentes, Jorge Castaneda e Carlos Montemayor. Uno schieramento di celebrità che rappresenta il meglio di quella che un esperto ha malignamente definito «l'elite più privilegiata del Messico». Di certo, la maggioranza di coloro che sentiranno citare l'atto d'accusa dei 128 ha alle spalle appena cinque anni di scuola. Gabriele Beccaria
Luoghi citati: Città Del Messico, Guatemala, Messico
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