«Suicida a Capodanno il grande nemico di Shevardnadze» di Giulietto Chiesa

«Suicida a Capodanno il grande nemico di Shevardnadze» La moglie dice che si è ammazzato ma poi parla d'infarto. I suoi seguaci: si è ucciso per protesta contro l'attuale regime «Suicida a Capodanno il grande nemico di Shevardnadze» Giallo sulla morte dell'ex presidente Gamsakhurdia braccato in Georgia occidentale IL DITTATORE DI TBILISI MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Il primo presidente, «eletto da tutto il popolo», di una Repubblica dell'ex Unione Sovietica si sarebbe suicidato il 31 dicembre 1993. Zviad Gamsakhurdia avrebbe finito i suoi giorni, a quanto pare (ma la prudenza è d'obbligo), braccato dagl'inseguitori sulle montagne della sua regione natale, la Migrelia, nella Georgia occidentale. Lo si è saputo solo ieri, quando la moglie di Gamsakhurdia, Manana, ha deciso di diffondere la notizia dalla capitale della Cecenia ribelle a Mosca, Grosnij. Secondo Manana la morte sarebbe avvenuta alle 0,30 del 31 dicembre. Ma non ha detto come e dove. Anzi, raggiunta per telefono ieri sera da Radio Liberty, avrebbe cambiato la versione parlando di «infarto». L'ufficio stampa del marito riferisce comunque le sue solenni parole prima della morte: «Com¬ pio questo atto in piena coscienza, come segno di protesta contro l'attuale regime in Georgia, e di fronte all'impossibilità, in quanto presidente, di correggere la situazione e di ristabilire la legalità e l'ordine». Ma dalla Georgia smentiscono. Sarebbe morto ieri, a Grosnij, per ferite riportate durante un conflitto a fuoco dai contorni imprecisati. Continuava a considerarsi l'unico, legittimo presidente della Georgia. Aveva tentato disperatamente, a più riprese, di riprendersi con la forza il potere che, con la forza, gli avevano sottratto. L'ultima volta ci aveva provato nello scorso autunno, approfittando della guerra che Tbilisi aveva dovuto ingaggiare contro la ex repubblica autonoma di Abkhazia. Mentre Eduard Shevardnadze era impegnato sulle rive del Mar Nero a sedare la ribellione vincente dei secessionisti abkhazi, appoggiati alla chetichella dall'esercito russo, Gamsa¬ khurdia era tornato in Georgia, a Zugdidi, nella sua roccaforte, aveva messo in piedi un piccolo esercito di quasi 2000 uomini, e aveva cominciato la marcia su Tbilisi. Ma Gamsakhurdia veniva da Grosnij, aiutato e finanziato da Dzhokhar Dudaev, nemico di Boris Eltsin. E Shevardnadze aveva chiesto l'aiuto di Eltsin. Il quale, non potendo (e forse neanche volendo) impedire ai suoi generali di aiutare gli abkhazi contro Tbilisi, ha tuttavia aiutato Shevardnadze contro Gamsakhurdia, amico di Dudaev. Gioco complicato, in cui si sono bruciate le ultime speranze del poeta che aveva tradotto Shakespeare in georgiane, del letterato poliglotta che mandava in estasi le platee. Ma Zviad Gamsakhurdia era riuscito anche a bruciare le tappe che dividono l'eroe popolare, idolatrato dalle masse, dal despota che il volubile popolo vuole detronizzare. In soli nove mesi la Georgia si era trovata governata da un dittatore paranoico, aveva ingaggiato una guerra molto simile alla pulizia etnica contro gli osseti del Sud, era precipitata in una crisi economica senza speranza. Si verificava la nera previsione che il filosofo Merab Mamardashvili aveva pronunciato quel giorno di aprile che precedeva le elezioni presidenziali: «Se i georgiani eleggeranno Gamsakhurdia, allora si dovrà ripudiare la Georgia». Anche sulla sua «qualità» di dissidente - su cui molti erano disposti a mettere la mano sul fuo¬ co - aleggiavano molti dubbi. Aveva militato, alla fine degli Anni 70, come difensore dei diritti umani a fianco di Merab Kostava, vero idolo della Georgia. Ma, quando furono arrestati entrambi (da Shevardnadze, che allora guidava il partito comunista georgiano), Gamsakhurdia si autocritico in televisione e fu liberato, mentre Kostava rimase dentro. «Il popolo georgiano mi aspetta. Eduard Shevardnadze è un usurpatore, portato al potere dal Kgb di Mosca». Fu il suo ritornello da quel gennaio 1992 in cui i ribelli armati dei «signori della guerra» Dzhaba Joseliani (anche lui scrittore) e Tenghiz Kitovani lo snidarono dal palazzo presidenziale sulla via Rustaveli e poi furono costretti a chiamare l'ex ministro degli Esteri dell'Urss per ridare alla Georgia una decente immagine internazionale. Giulietto Chiesa L'ex presidente georgiano Zviad Gamsakhurdia Era stato il primo leader eletto dopo la caduta dell'Urss Dopo 7 mesi era stato destituito da un colpo di Stato