Un «ciclone» di nome Banesto

i clienti ritirano in massa i depositi, la quarta banca spagnola è alla sbarra i clienti ritirano in massa i depositi, la quarta banca spagnola è alla sbarra Un «ciclone» di nome Bonesio Conde lascia, Madrid trema DELLA FINANZA MADRID NOSTRO SERVIZIO I depositanti che ritirano 120 miliardi di pesetas (circa 1400 miliardi di lire) in soli tre giorni. Il Banco de Espana che sta per aprire un rapporto disciplinare per «artifici contabili». Le quotazioni della sua banca sospese in Borsa già da una settimana, lo staff della quarta banca del Regno, commissariato dal Banco di Spagna, sostituito in toto. Dal 28 dicembre un terremoto ha scosso il Banesto (Banco Espanol de Credito), l'istituto di credito iberico più conosciuto nel mondo, il patrocinatore delle Olimpiadi di Barcellona e della omonima squadra ciclistica capitanata da Miguel Indurain. L'immagine della «nuova Spagna», quella del boom economico degli Anni Ottanta. E tolto dal piedistallo il suo presidente, Mario Conde, definito da «El Pais», neE'87, come «il nuovo simbolo della imprenditorialità spagnola», ultimo di un'epopea di raider, tutti falliti, come «Los Albertos», e Javier de la Rosa. Eppure, solo nove mesi fa, il Banesto di Conde, una delle cinque «grandi banche del Regno», aveva messo in piedi la più spericolata operazione finanziaria della storia bancaria di Spagna, pilotata niente meno che da una delle principali merchant bank mondiali, la J. P. Morgan, che divenne il suo principale azionista: un maxi aumento di capitale di 130 miliardi di pesetas (circa 1500 miliardi di lire). La sua immagine, rinnovata da Conde, si stagliava in tutto il Paese. Fondata nel 1902, il Banesto del '92 contava 2 mila sportelli, 7 milioni di clienti, depositi pari a 50 mila miliardi di lire, 500 mila azionisti, 13 mila dipendenti. Più il più importante pacchetto azionario dell'industria spagnola, la «Corporación Banesto», un centinaio di imprese che spazia dalle assicurazioni alle costruzioni, dall'alimentazione all'industria turistica. Nientemeno che 1' 1 per cento dell'intero Pil spagnolo. L'artefice della grande performance del Banesto era stato proprio l'ex presidente, Mario Conde, il massimo rappresentante di una classe imprenditoriale che si è ri¬ velata un bluff. Nato a Tuy, in Galizia, 45 anni fa, figlio di un modestissimo doganiere, Conde riesce ad iscriversi nella più esclusiva università spagnola, quella dei gesuiti baschi di Deusto. Si laurea a pieni voti, diventa avvocato dello Stato e nel '77 diventa consulente legale nell'industria farmaceutica Abellò, il cavallo di Troia della sua spettacolare ascesa. Si arriva nell'87, quando, direttore generale della farmaceutica «Antibioticos», riesce a piazzarla alla Montedison di Mario Schimberni per una cifra astronomica, circa 600 miliardi di lire, «un prezzo 23 volte superiore ai benefici dell'azienda», commentò, acido, il «Financial Times». Con i proventi della vendita di ((Antibioticos», Conde comincia la scalata. Con il suo socio Abellò rastrella il 7 per cento di Banesto, allora, nell'87, presieduta dall'ottantenne Pablo Guerniga, uno dei rappresentanti del franchismo economico. C'è chi dice che Conde fosse un uomo di paglia di Gardini, succeduto a Schimberni, e che ebbe ottimi rapporti con il raider. Nel novembre dell'87 diventa vicepresidente, approfittando di un'Opa lanciata sul Banesto dal Banco de Bilbao, e ne diventa presidente dopo averla sconfitta. A 39 anni, Conde, un self-mademan, siede nella stanza dei bottoni di una delle istituzioni creditizie più importanti di Spagna. Quasi contemporaneamente - quando si dice il caso - due altri raider spagnoli, Alberto Cortina ed Alberto Alcocér (appoggiati, secondo le malelingue, da De Benedetti), cominciano la scalata della loro prima banca di Spagna, il Centra). Conde riesce a concludere un accordo di fusione con questa entità, che poi naufragherà per l'opposizione aperta, secondo la stampa spagnola, del governo socialista di Gonzàlez. Ed il «Napoleone della finanza spagnola» si scontra, per la prima volta, duramente, con il potere socialista. Una mossa che, secondo «El Mundo», gli costerà la testa. Conde diventa un mito per le nuove generazioni. Lui, che si definisce «un liberale di centro-destra», sostiene sempre che non en¬ trerà mai in politica, ma non sono pochi quelli che non gli credono. E Gonzàlez comincia, per la prima volta, a preoccuparsi di un'opposizione possibile e credibile. «Los Albertos» si rovinano per avventure amorose. Javier de La Rosa, un finanziere catalano socio con Berlusconi nella nascita del fortunatissimo network Tele-5, viene rovinato dalla ritirata economica del suo padrone, il kuwaitiano Kio. Lui, Conde, rimane «l'ultimo dei Mohicani senza pedigree». Ormai ricchissimo (il suo patrimonio è valutato in 500 miliardi di lire), con un due alberi, «Alejandra», costato 12 miliardi di lue, ha il vento in poppa, ma rimane pur sempre un raider, un buon inge¬ gnere finanziario, ma un pessimo gestore. E i nodi, come sempre, prima o poi, vengono al pettine. Com'è successo lo scorso 28 dicembre. Il governatore del Banco di Spagna, Luis Angél Rojo, commissiona la sua banca due ore dopo che le azioni del Banesto vengono sospese. Ed in Parlamento, Rojo dà i numeri: il buco per risanare Banesto ammonta a 500 miliardi di pesetas, circa 6 mila miliardi di lire, ed è stato causato dalla spregiudicata espansione dei crediti, dai finanziamenti irregolari, da artifici contabili. Il mito del raider si sgonfia, il gigante aveva i piedi d'argilla. Gian Antonio ©righi Una carriera iniziata all'ombra di Gardini Poi il grande balzo nell'industria e nel credito facile Il finanziere Mario Conde e (nella foto sopra) il ministro dell'Economia Carlos Solghaga

Luoghi citati: Barcellona, Galizia, Madrid, Spagna, Troia