Poeta negro hai tradito i tuoi di Gabriella Bosco

16 POLEMICA. Crolla il mito «négritude», gli scrittori creoli rinnegano Aimé Césaire Poeta negro, hai tradito i tuoi Da Martinica a Beirut, «francofonia» in guerra (PARIGI Dom-Tom, dipartimenti e territori d'oltremare, insorgono contro il loro can Kore e difensore. Contro il grande, stimato e pluritradotto Aimé Césaire, la più autorevole voce, insieme a Léopold Sedar Senghor, in materia di négritude. L'inventore della parola e del concetto. Ammutinamento? Raphael Confiant, scrittore martinicano a sua volta già sperimentato (Eau de café, il romanzo del successo), della generazione «figlia» rispetto a Césaire, pur riconoscendogli debiti e rispetto, gli pianta un coltello metaforico tra le scapole. Lo fa in maniera «civile e non violenta», owerossia solo a parole, ma è una verbalità la sua molto aggressiva. Aimé Césaire, une traversée paradoxale du siede (Edizioni Stock) è una lunghissima requisitoria - 366 pagine tutta affilata di rancore, ma forse è più giusto dire di dolore, contro colui che lo ha deluso. Anzi peggio, contro il Césaire che ha tradito: se stesso, la propria parola poetica e la causa creola. Per Confiant l'autore di Diario di un ritorno al paese natale, che così bene proclamava il diritto all'espressione autonoma del suo popolo d'origine, nelle vesti di uomo politico (il Césaire sindaco di Fort-de-France) si è asservito al colonizzatore. Oggi che indossa giacca e cravatta per pronunciare rivendicazioni estremamente moderate in Assemblea Nazione" Césaire ha dimenticato quanto scriveva ne Lo studente nero, quando insultava il Negro che si traveste da Bianco e poco alla volta si assuefa alla mascherata. E' Césaire, urla Confiant, che si è assuefatto. Che ne è oggi, si chiede, della rivolta lirica del Ribelle, del re Christophe e di Lumumba? Per quale sorta di compromesso, paradosso, ambiguità, l'autore di pagine tanto radicali può poi fare discorsi politici così scoloriti e tutto sommato servili? Non la qualità letteraria delle opere di Césaire, incontestabil¬ mente molto alta, mette in causa Confiant («Siamo figli di Césaire per sempre», riconosce anzi, «Noi, antillesi franco-creolofoni, dobbiamo accendere un enorme cero ad Aimé Césaire per aver lanciato il suo grande urlo negro, e in questo senso la sua opera è insuperabile, inestimabile ed eterna»). Non nei libri che ha scritto è la colpa di Césaire, ma in quello che altrove dice e soprattutto in come lo dice. Questo è il punto centrale. Césaire ha tradito - ed è grande il dolore di Confiant perché non può odiare del tutto chi gli è spiritualmente padre, e infinita la sua contrizione per non volerlo amare come vorrebbe - Césaire ha tradito perché pur rivendicando la «négritude», ha finito per travisarla. In che modo? Césaire, recrimina Confiant, «ha vagito in francese». La sua «négritude» è sospetta di dipendenza francese nel modo d'espressione. In altri termini mancherebbe a Césaire la «creolità» interiore, come dimostra in primo luogo il fatto che non usa il creolo - forma e spirito - per esprimersi. Mettendo da parte Edipo, e al di là della prevedibile reazione di Césaire che già in altra occasione ha tenuto a fare due pesi tra lo scrittore e l'uomo politico («Sono venuto alla politica più per caso che per volontà» e «Si mette nella propria letteratura ciò che non si riesce a mettere nella propria vita»), la rivolta di Confiant - con quel che ha di eccessivo - ha tutta l'aria di colpire nel segno. La Francia ha dato quest'anno il Goncourt ad Amin Maalouf, romanziere libanese, dopo averlo dato a Patrick Chamoiseau, martinicano: doppia dimostrazione di apertura dei confini della nazione a quelli assai più vasti di un ideale Paese chiamato Francofonia. Orgoglioso di questo merito culturale, magnanimità verso il colonizzato, André Brincourt corsivista del Figaro - lancia strali dalle colonne della sua rubrica contro chi osa dar prova di tanta irriconoscenza. «Pensare che io stesso avevo scritto qui che con il suo meraviglioso romanzo (Eau de café), Confiant aveva inondato di sole la nostra lingua», si scandalizza Brincourt. Omaggio alla creolità purché espressa in francese. «Insomma continua Brincourt - che cosa sarebbero Glissant (martinicano, insignito del premio Renaudot), Chamoiseau e Confiant medesi¬ mo senza l'accoglienza del nostro nido letterario, senza il potere delle parole polite dal flusso e riflusso delle onde che, da una parte all'altra del vecchio oceano, ci separano e ci uniscono?». La generosità della Francofonia per Brincourt è ìnsita nella sua «attitudine ad aprire le menti», a promuovere l'universali¬ smo contro il particolarismo. E' legittima certo la difesa della propria identità culturale. Ma Brincourt mette in guardia da quelli che a suo avviso sono estremismi, ad esempio «il ritiro del linguaggio dietro qualche idea sospetta di rifugio nella purezza». Ama citarsi, Brincourt. Rievoca quanto scrisse di un romanzo dell'algerino Tahar Djaout: «Con Le vigile, la nostra lingua afferma il suo doppio privilegio, dà forma e vita a un ordine di valori che ci è estraneo e ci permette di accedervi tramite i sortilegi comuni dell'espressione. Meraviglia di essere allo stesso tempo fonte e supporto di quel che ci supera...». E aggiunge poi: «Sappiamo bene che Tahar Djaout perché scriveva in francese e per questa sola ragione è stato abbattuto con due pallottole in testa la scorsa primavera ad Algeri». Tahar Djaout, dice Brincourt, lui sì è stato «soldato della Francofonia». Soldato e martire. «Rendiamo a Césaire quel che è di Césaire», protesta infine Brincourt contro l'irriverente Confiant. E conclude: «Per parte nostra, noi ringraziamo il padre della "négritude" di essere, al di là delle posizioni ideologiche che hanno potuto essere le sue, il poeta francese che è». Utopia. Confiant e con lui i vari scrittori martinicani, Chamoiseau compreso, che sottoscrivono la «Lettera a Césaire» in appendice alla requisitoria, non ne vogliono più sapere della «grande utopia rifondatrice» che dovrebbe permettere al loro popolo di uscire dal fango. «Sobbarcati - scrivono sobbarchiamoci finalmente il reale caraibico, quel reale testardo che troppo a lungo ti sei accanito ad allontanare dalla tua vista». Gabriella Bosco Requisitoria dell'allievo Raphael Confiant «L'ex ribelle fa discorsi da colonizzatore in giacca e cravatta all'Assemblea Nazionale» A destra il poeta martinicano Aimé Césaire

Luoghi citati: Algeri, Beirut, Francia, Martinica, Parigi