Capitale degli scandali? «Non siamo Twin Peaks»

Capitale degli scandali? «Non siamo Twin Peaks» Capitale degli scandali? «Non siamo Twin Peaks» UNA CITTA' SOTTO CHOC ASTI DAL NOSTRO INVIATO E' vero che l'effimera vita del giornale non arriva neppure a ventiquattr'ore, ma «La Stampa» di cinque giorni or sono pare un reperto archeologico: pubblicava di trenta arresti, il bilancio annuale della malaAsti, anzi, della Tangentasti. Ieri, anno nuovo e raffica nuova, con detenuti eccellenti e capi d'imputazione pesanti. Ma che cos'è, questa città, una sorta di Sodoma e Gomorra? Si tifa per il Palio e cristianamente si fa festa per la visita del Papa. Ma c'è chi non si tira indietro di fronte alla prospettiva di un dorato malaffare. «Non possiamo, da notizie come queste, esprimere giudizi assoluti e definitivi», sospira il vescovo, Severino Poletto. Per la verità la notizia degli arresti l'ha appena saputa ed è rimasto per qualche attimo senza fiato. Sorpreso, monsignore? Eh, sì, dev'essere proprio rimasto sorpreso. «Ma sono del parere che una persona indiziata, prima di esser giudicata dai cittadini e dal vescovo, abbia il diritto di sapere se la magistratura sia in grado di dimostrare la colpevolezza. Queste son notizie cho generano sconcerto. E poi... E poi auguro a questa città di non perdere speranza e fiducia». Non sarà facile perché, ogni tanto, qualcosa che non andava saltava fuori: storie per lo più banalmente legate alla religione del denaro, come le tangenti annunciate per la costruzione del nuovo ospedale, un progetto da 235 miliardi, tangenti annesse, che ha provocato arresti e la crisi politica di Giovanni Goria, de, allora ministro delle Finanze. Lo scandalo per le licenze commerciali che ha spinto in galera Domenica Randazzo, moglie del sostituto procuratore Ercole Armato, trasferito e a sua volta sotto inchiesta: e proprio ieri davanti al giudice delle indagini preliminari si è tenuta la prima udienza. Ancora: arresti per la rete del metano. Avvisi di garanzia per la finanziaria Sogest. Tutte storiacce che, forse, avevano suggeri- to a Giovanni Paolo II, in visita in settembre, di dichiarare, fra l'altro: «La risposta alla crisi di valori che segna l'odierna società è anzitutto un urgente e profondo rinnovamento delle persone, che spinga ogni coscienza retta e ben formata a cogliere e onorare concretamente quei principii che costituiscono la trama essenziale del progetto di Dio sull'uomo e sulla società». Non soltanto l'amore smodato per la pecunia, però: più o meno un anno fa a venir indicata come la «capitale del sesso violento» fu proprio questa città, con le sue 128 parrocchie nella diocesi, le 13 banche, le dozzine di ristoranti, trattorie e pizzerie. Il fatto fece sensazione e il britannico «Guardian» velenosamente scrisse: ((Asti, nell'Italia settentrionale, finora famosa solo per una marca particolarmente sgradevole di spumante, ha finalmente un nuovo vanto. La città, vicino a Torino, è al primo posto nel sondaggio per trovare la "capitale immorale" del Paese, con il maggior numero di crimini, corruzione e infrazioni contro la pubblica decenza e le leggi sull'oscenità». Inevitabile, a questo punto, il paragone con la televisiva Twin Peaks, ma per difendere il buon nome cittadino era sceso in campo Giorgio Galvagno, il sindaco socialista, quello finito agli arresti proprio ieri per la discarica di Valleandona. «Con le statistiche si può dimostrare qualsiasi cosa», aveva obiettato e non senza ragione. Così, quegli snob di inglesi erano stati messi al loro posto. Ma allora, com'è questa città? Niente male, rispondono proprio le statistiche che l'hanno spostata dal cinquantesimo al quattordicesimo posto per quell'insieme di caratteristiche chiamato «qualità della vita». «Asti? E' una città ottima e vivibile sotto ogni aspetto nella quale, qualche volta, ci sono persone più scaltre che cercano di approfittare della naturale bonomia della gente». Mario Bozzola ora è in pensione, ma per quarant'anni ha fatto il giudice, proprio qui, ed è stato lui, come procuratore della Repubblica, ad avere in primavera dato il via all'inchiesta sulla discarica. «Ma quello che succede oggi già accadde negli Anni Sessanta, al consorzio AstiNord: ero giudice istruttore, emisi ventuno mandati di cattura, a cominciare da quello per il presidente della Provincia. Si trattava delle Cantine sociali, un affare da duemila milioni». Anche ora è un affare di soldi, e questa della Valle Manina lui l'ha chiamata «una discarica per delinquere». Perché? «Ma perché avere a disposizione una discarica è meglio che avere una banca, da un punto di vista illegale, s'intende». Come? «Semplice: potendo contare su una discarica per rifiuti solidi assimilati, come questa, è possibile permettere che vengano scaricati anche rifiuti nocivi: e lo scarico si paga a prezzi salati. Naturalmente, la compiacenza si compra. Sì, conosco molti degli imputati, ma, senza nulla voler dire sul lavoro dei colleghi, sono dolorosamente stupito di leggere i nomi del sindaco Galvagno e di Guglielmo Tovo, presidente della Provincia: li ritenevo corretti. Lo dico perché ora tutti prenderanno le distanze». Con le manette, battaglia finita dunque? Neppure per sogno. «Chiederemo di costituirci parte civile e domanderemo i danni», tuona Alberto Pasta, l'avvocato che rappresenta il Comitato ambientalisti della Valleandona, i neppure trecento irriducibili che con le loro proteste hanno provocato il terremoto. Vincenzo Tessandori ■tirai Nella foto grande, la discarica sotto inchiesta. A lato, l'ex premier Giovanni Goria, sotto il vescovo di Asti Severino Poletto

Luoghi citati: Asti, Italia, Randazzo, Torino