Pacino: io Brigante in corsa verso l'Oscar di Lorenzo Soria

r Incontro con il protagonista di «Carlito's Way», il film diretto da De Palma Pacino: io, Brigante in corsa verso l'Oscar LOS ANGELES. Se potesse, Al Pacino farebbe volentieri a meno di dare interviste e di incontrare i giornalisti. Non 6 che abbia problemi con la stampa. Non è nemmeno che sia una di quelle star difficili e inaccessibili. Anzi. E' che la sua eloquenza, diciamo così, non è delle più scorrevoli. Si interrompe, inizia una frase e a metà comincia a divagare su qualcos'altro, non trova le parole. Pacino non si sente a suo agio, ma sa bene che la relazione con la stampa fa parte del suo mestiere e ogni tanto, anche lui, deve sottostare a questa «tortura». Lo ha dovuto fare perché anche è uscito da poco «Carlito's Way», il film diretto da Brian De Palma sul dramma di un gangster portoricano che appena fuori dalla galera vorrebbe mettersi a vivere onestamente e non può perché «le strade non perdonano mai» e l'attore con questo personaggio ha messo una sostanziosa ipoteca sull'Oscar. «Carlito's» è stato tratto dall'omonimo libro di Edwin Torres. Un autore che i barrios di East Harlem li conosce bene, perché ci è cresciuto. E che poi, da adulto, ha avuto la possibilità di rivisitarli con un'ottica ben diversa: come giudice della Corte Suprema dello Stato di New York. Torres ha osservato la quasi impossibilità di abbandonare il mondo del crimine e ha visto il fascino che questo mondo riesce ad esercitare anche su persone colte ed educate. Su persone come David Kleinfield, l'avvocato portato sullo schermo da un esilarante Sean Penn. A un anno da «Profumo di donna» versione Usa e dal relativo Oscar, Al Pacino ha dunque acconsentito a farsi intervistare. In «Carlito's Way» c'è un po' di Scarface e un po' del «Padrino parte ni». Che cosa l'ha attratta verso questo film? E perché rivisitare un personaggio in qualche modo già visto? «In effetti questo è un genere di film con il quale sono stato già associato in passato. Carlito Brigante è un personaggio che conosco da tempo, perché ho letto il libro di Edwin Torres nel 1977 e sin da allora volevano farne un film con me protagonista. Dovevamo girare all'inizio degli Anni 80, ma poi c'è stato "Scarface" e mi è parso che era meglio aspettare. Mi ha attratto tutta questa energia, questo ambiente di persone che avrebbero potuto scalare montagne e che invece sono finite nelle fognature». Con «Carlito's Way» torna nella parte di un gangster. Non ne ha avuto abbastanza? E che cosa pensa del dibattito attorno agli effetti nella società della violenza nel cinema? «La violenza gratuita, la violenza senza senso e al di fuori di un preciso contesto è un qualcosa di cui faccio volentieri a meno. Questo è il mio gusto. Ma è una buona ragione per fare intervenire la censura? Non lo so, questo è un argomento molto deli- cato, anche perché quello che è molto violento per qualcuno per altri non lo è». Eppure lei continua a ritornarci sopra. Che cosa è, l'abitudine, i soldi, le possibilità drammatiche? «Ho gente che mi porta progetti e che mi consiglia. E a volte qualcuno suggerisce che al pubblico piacerebbe vedermi in una certa situazione. Cerco dunque di accontentare il pubblico, ma allo stesso tempo mi pare anche di fare scelte molto varie. Ho sempre cercato di mischiare. Del resto, ho iniziato questo lavoro facendo il comico». Come è stato ritrovarsi a lavorare di nuovo sotto la regia di De Palma? «Per fare "Scarface" ci abbiamo messo sei mesi e quindi abbiamo avuto l'occasione di conoscerci molto bene. Cosa posso aggiungere? Che Brian è un professionista, un esperto con il quale è molto piacevole lavorare». Molti giovani considerano attori come lei e De Niro dei maestri. E' stato così anche per Sean Penn? ((Assolutamente no. Eravamo due colleghi che lavoravamo assieme. Con Sean è molto facile andare d'accordo. E' molto aperto, generoso. Tornerei a lavorarci assieme molto volentieri. Mi piacerebbe anche lavorare in un film con lui come regista». L'anno scorso, dopo tanta attesa, ha vinto un Oscar. Ha cambiato qualcosa nella sua vita? «Sono 25 anni che faccio questo mestiere e sono passato attraverso varie fasi. Diciamo che questa è una fase più facile, che mi permette di avere più controllo sulla mia vita professionale. Posso alternarmi tra film commerciali e film sperimentali. Ho più possibilità e libertà di scelta e questo è molto gratificante». Libertà che sta usando per fare che cosa? «Sto lavorando molto in teatro. Da un anno e mezzo, poi, sto preparando un documentario. Si chiama "Talking Shakespeare" ed è sulla relazione degli attori, in America e nel mondo, con Shakespeare. Attori famosi e attori sconosciuti». Ai tempi di «Scarface» face¬ va un film ed entrava nel personaggio per un anno. Adesso? «Sono cose che facevo quando ero più giovane. Adesso cerchi di conservare le tue energie. Quando la cinepresa non gira, penso ad altro e mi pare sia meglio così. Invece di stare isolato, ti ricarichi». In «Carlito's Way» la vediamo correre molto e anche adesso, di persona, appare in ottima forma. Sta facendo palestra? «In gran parte dei film, purtroppo, devi apparire in forma, il che è un bel fastidio. Mi sa che presto dovrò cercarmi un altro mestiere». Lorenzo Soria «Sono ancora un gangster, mi ha affascinato l'energia di certa gente che potrebbe scalare le montagne, ma finisce sempre nelle fogne» Due immagini di Al Pacino. A sinistra l'attore è in una scena del film «Carlito's Way» insieme con Sean Penn

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