Un '94 tv come il '93 Straordinario, uguale di Curzio Maltese

Un '94 tv come il '93 Straordinario, uguale Un '94 tv come il '93 Straordinario, uguale A notte di San Silvestro, in mezzo a tanti ferrivecchi, è stata idealmente catapultata dalle finestre degli italiani una vecchia televisione. Modello autarchico, disegnato dagli stilisti di governo. Dotata di sei canali nazionali, tre pubblici e tre privati. Tecnologicamente arretrata - niente cavo, niente satellite - ma sfarzosa e costosissima. Dall'impatto, proprio al centro della strada, il curioso oggetto continua a perdere miliardi, parole, lustrini, fogli di nota spese, pannoloni e pulsantiere da quiz. Si prega l'autorità di rimuoverlo. In quello che una volta si chiamava sentimento popolare 0 immaginario collettivo, la televisione italiana è davvero andata in pezzi alla fine del 1993. 1 professori della Rai possono raccontare fin che vogliono che basta alzare il canone, risparmiare sui ristoranti e pompare altri cinque o seicento miliardi per rimettere in piedi il baraccone delle meraviglie. Alla fine c'è un conto che non toma mai ed è il numero delle reti di Stato. Tre, eredità della defunta trimurti dc-psi-pci. Tre alla Rai più tre (di conseguenza) alla Fininvest, che far.no sei. Troppe anche per gli Stati Uniti. Figurarsi per l'Italietta svalutata. Silvio Berlusconi almeno l'ha capito. Con folle coerenza, per mantenere le sue reti, punta alla guida del governo, dove gli sarebbe poi facile strangolare la Rai e stabilire per decretolegge l'obbligo di guardare Gerry Scotti. Non sarà il massimo della democrazia, però ha il vantaggio di essere una soluzione economicamente plausibile. Il progetto alternativo prevede che al governo vadano gli avversari di Berlusconi, strangolino la Fininvest e ricostituiscano nei fatti il monopolio pubblico. Queste le due prospettive della liberaldemocrazia televisiva anno 1994. In attesa che prevalgano gli uni o gli altri o una terza soluzione - p.es.: si sorteggia uno qualsiasi dei sistemi europei e lo si applica senza discutere, sarebbe comunque un progresso -, ci attende un '94 televisivo straordinario quanto il '93. Nel senso che non cambierà assolutamente nulla. Il che, va detto, in un'era di grandi stravolgimenti culturali politici ed economici, rappresenta un fatto eccezionale. Affrontiamo l'anno nuovo senza la vecchia classe dirigente, ma con la certezza di rivedere ogni giorno in tv le stesse facce di dieci, venti, trent'anni fa. Perfino i mezzibusti d'una volta. Promossi ora alla figura intera, vedi Frajese. Con qualche piccolo, doloroso aggiornamento, si capisce. Per esempio, abbiamo perso per strada Sandro Curzi, Corrado Augias e l'elicotterista FedeFazzuoli. Tutti, vivaddio, riciclati al volo da TeleMonte- Busi I rico I ricic cario, il vascello fantasma dell'etere. Spiaceva soprattutto per Augias, un vero signore. Babele era una rubrica di libri sedativa come le altre. Ma Augias aveva ii pregio di ravvivarla invitando di tanto in tanto il grande Aldo Busi, sia pure vestito da coniglietto. Vero è che sarebbe stato più logico il contrario. Ovvero, Busi che parla di romanzi e Augias che arriva e suona il piano addobbato da sciantosa. Ma non si può avere tutto. Soprattutto bisogna smetterla, scrive qualche lettore, di criticare sempre Raitre e il suo demiurgo, doktor Guglielmi. Obbedisco. Del resto, nel '93 la rete d'opposizione è passata al governo, ha ingaggiato addirittura Pippo Baudo, l'Andreotti dei presentatori. Il ribelle Santoro si è steso come un tappetino al cospetto del lìder minimo Occhetto, rivalutando così il precedente di Mina con Fidel Castro (voghamo mettere?). I comunardi del Tg3 si sono sputtanati da Costanzo, occupando le seggiole del Parioli per protestare contro l'illiberale pensionamento di Curzi. Uno show grottesco, ma senza toccare i vertici di sublime del Vietato Vietare: trenta miliardari autistici in corteo per il diritto di vendersi incartati col prosciutto. Si poteva concepire qualcosa di altrettanto avulso dalla realtà? Tornando alla rete di sinistra, s'è visto pure Chiambretti ridotto a giullare nostalgico di regime alla disperata caccia, di citofono in citofono, degli ultimi stilisti e portaborse. E infine il Tg3 tessere le quotidiane laudi di poliziotti e magistrati, compresi i ghostbusters Mancino-Parisi, poco credibili ormai finanche agli occhi del Tgl. Che si vuole di più dalla rete di sinistra? La Realpolitik ha trionfato a maggior ragione sui canali già governativi. Il voltagabbana generale delle centinaia di lottizzati de e psi resta il vero varietà dell'anno. Al confronto, stupisce la non monolitica adesione al partito di Berlusconi da parte delle redazioni Fininvest, dove pure per anni non è entrato uno spillo che non fosse craxiano. Il '93 è stato l'anno della normalizzazione, dopo il liberatorio choc di Tangentopoli. L'immagine finale di un anno di tv sta tutta nel ghigno furbo di Gianfranco Funari, già propagandista del nuovo che avanzava (Martelli, De Lorenzo...), cacciato su ordine di Craxi, poi in polemica con «piduisti e figli di puttana», in causa con Berlusconi, idolo delle sinistre, quasi candidato per la Lega, quindi riabilitato, riempito di miliardi, affiancato da Roberto Gervaso e riproposto come nuovo. Ao', direbbe lui, facce un po' capì Curzio Maltese le Busi

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