NOMI E COGNOMI

r- r- "i NOMI E COGNOMI mmmmmmmmmmm L'ombra della vodka sulle privatizzazioni QUELLO che ini fa incazzare - ha dichiarato Gavino Angius, della segreteria del pds, cedendo anche lui all'uso del nuovo lessico politico "parla come mangi" - non è lo slittamento delle elezioni, ma il fatto che in questo periodo il Parlamento non farà nulla: o meglio, assisterà allo spettacolo dei poteri forti che si dividono la grande torta delle privatizzazioni». A parte l'uso della locuzione «poteri forti», di cui innegabilmente ha il copyright il postfascista di scuola dorotea Pinuccio Tatarella, stupisce, per stare a un'immagine popolaresca che ben si adatta al lessico stavolta un po' andante di Angius, come il bicchiere, in effetti, si possa vedere mezzo pieno o mezzo vuoto. O, se volete, come avesse ragione Arthur Schopenhauer quando diceva che ogni uomo confonde i limiti del suo campo visivo con i confini del mondo. Si dà il caso, infatti, che se, tardando le elezioni, il governo Dini riuscisse effettivamente ad avviare sul serio le privatizzazioni, come Angius teme, dovremmo annoverarlo tra i più fattivi e meritori della recente storia patria. Ma, purtroppo, la «sciagura» che Angius - solitamente pacato e di grande stile profetizza non sembra affatto alle porte, tanto che le fiere dichiarazioni in materia del presidente del Consiglio Lamberto Dini - le ultime dopo l'incontro con Helmut Kohl - danno l'idea, per la loro ripetitività, di esser rese più che altro per onor di firma. O, meglio, perché l'ex banchiere centrale sa per esperienza che quello delle privatizzazioni è uno dei pochi argomenti che i mercati capiscono al volo, senza tante spiegazioni: se si privatizza il Paese andrà meglio, se no continuerà ad avvitarsi. Perciò, ogni volta che la lira subisce le offese dei mercati - condizione ormai consueta Dini si affretta giustamente a ripetere la litania non soltanto dell'aggiustamento dei conti pubblici, ma anche delle imminenti privatizzazioni. Con quali realistiche prospettive, nel breve periodo ? Le parole dal sen fuggite ad Angius, autorevole e normalmente ragionevole esponente di un partito che il segretario D'Alema presenta come liberista dinanzi agli gnomi della finanza di Lon dra, la dicono lunga sulla difficoltà di scalzare nei fatti la cultura profondamente statalista che pervade l'Italia: nel migliore dei casi, il privato s'identifica con supposti poteri forti, a sinistra come a destra. Ne fa fede la brevissima stagione del governo Berlusconi che, inadempiente su tutto, condusse, però, con la determinante consulenza di An, una campagna napoleonica di lottizzazione di tutto ciò che in qualche modo è riconducibile al portafoglio del Tesoro. Intendiamoci, Angius evidentemente non ha torto se chiede privatizzazioni cristalline, sulla base di regole rigorose, ma i termini in cui pone il problema rivelano i cascami di una cultura che dello statalismo aveva fatto uno dei suoi pilastri fondanti. Lunedì prossimo, comunque, riprenderà in Parlamento il tortuoso iter di approvazione delle authority, strumenti necessari per avviare privatizzazioni come quelle della Stet e dell'Enel, e l'impressione è che si riparta da zero. Ma la questione non è tanto di tempi o di tecnica parlamentare, quanto di' generale quadro politico: «Un governo investito dal dibattito sulla propria durata - ha detto Filippo Cavazzuti, padre delle authority e sincero privatizzatore - è difficile che possa ridefinire attraverso le privatizzazioni il sistema imprenditoriale italiano». Gli fa eco Gaetano Rasi, primo lottizzato postfascista nell'impresa pubblica e esperto economico del partito di Fini: «Le privatizzazioni hanno bisogno di un quadro politico stabile, preferibilmente di medio periodo, quindi di legislatura». Il che vuol dire che la generazione nostra e di Rasi probabilmente non le vedrà mai. Ecco perché Gavino Angius, stavolta con Rasi, può dormire sonni tranquilli: i «poteri forti» - ne stiano certi - per ora non sconfineranno nelle immense praterie del pubblico e, nonostante i meritori sforzi di Dini, il Parlamento non dovrà assistere impotente al taglio della «torta»: qualcuno si alzerà sempre, stentoreo, a sostenere ruoli «strategici» del pubblico. Come si è fatto a Mosca, dove si è dichiarato solennemente il ruolo strategico di 63 imprese pubbliche: 63 distillerie di vodka. Alberto Staterà era |

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