Altre fughe disperate di Alessandra Levantesi

Altre fughe Altre fughe Con i cavalli selvaggi e l'orso nella dacia VENEZIA. Un settantenne defraudato da un istituto assicurativo che improvvisa una rapina minacciando il suicidio se non gli viene data la somma di cui è in credito; e un impiegato ventitreenne in carriera che sull'emozione del momento gli si offre volontariamente in ostaggio e diviene suo complice. Sono la coppia in fuga di «Cavalli selvaggi» di Marcelo Pineyro, il film argentino che ha inaugurato le «Notti Veneziane»: ritagliato sulla falsariga di svariati modelli, da «Sugarland Express» a «Assassini nati». Anche se in questo caso i protagonisti, José (l'ottimo Hector Alterio) e Pedro (Leonardo Sbaraglia), sono innocenti a tutti gli effetti a fronte di una società corrotta, governata dal partito del malaffare. Costruito con qualche furbizia in uno stile corrivo all'americana e su un assemblaggio di situazioni già viste mille volte al cinema, «Cavalli selvaggi» ha tuttavia di inedito e positivo un'accattivante simpatia nell'insinuare fra le pieghe del film di genere un messaggio libertario; e bisogna ricordare che gli autori della storia, il regista stesso e Aida Bortnik, sono rispettivamente il produttore esecutivo e la sceneggiatrice di «La storia ufficiale». Nel passato di José, che ha perso il figlio in circostanze misteriose, si adombra la tragedia degli anni di piombo; mentre Pedro, formatosi nell'epoca proterva dello yuppismo, a contatto con il vecchio anarchico assurto a ruolo di padre ideale riscopre il senso dei valori veri. Il viaggio lungo le strade dell'Argentina che portano da Buenos Aires agli incontaminati scenari della Patagonia si configura così come un percorso di formazione in cui Pedro, spogliatosi di ogni sovrastruttura, è pronto a ereditare da José la fede nell'utopia. Inseguiti dai sicari della mafia, dagli sbirri e dalle telecamere che strumentalizzano con cinismo la vicenda, i due trovano l'inaspettato sostegno del popolo che non si fa ingannare dai mass media mistificatori. C'è pure un intervento di camionisti che sbarrano la strada ai killers riscattando la categoria, rea di aver appoggiato in Cile il colpo di Stato di Pinochet. Come a dire che sfruttatori e repressori «no pasaràn» finché esisteranno cavalli selvaggi. Apparentemente sono «cavalli selvaggi» anche i protagonisti di «La particolarità della caccia nazionale» (Finestra sulle immagini) con il quale Aleksandr Rogozkin ha inteso parlare di qualcosa che «in fondo neppure esiste e cioè lo spirito russo». Qui c'è il giovanottone finlandese Rivo che per essere edotto sugli usi venatori russi si unisce a un gruppo di cacciatori demenziali che vanno dal generale d'acciaio, con il sigaro eternamente in bocca, al diafano Kuzmic, occasionale ladro di vacche. Inneggiando alle gioie della natura che rende migliori e ripromettendosi battute in luoghi abitati da una splendida selvaggina, i cinque compari più lo straniero si accampano in una dacia. Ma fra una sauna e un'avventura buffa con un orsacchiotto, fra i guai che derivano dal furto della mucca e piccoli incidenti, la partita di caccia non comincia mai. In compenso scoitoiio fiumi di vodka che riducono i protagonisti in uno stadio di perenne e beata ubriachezza. Insomma Rivo non imparerà nulla sulle particolarità della caccia locale, ma alla fine del film lo spettatore saprà qualcosa di più su quell'aspetto della natura russa che non era certo sfuggito a un Goncarov o a un Cecov: l'attitudine a complicare le cose più semplici rimanendo incagliati nelle sabbie di una quotidianità in cui si sfocano i grandi progetti esistenziali. E secondo Rogozkin la metafora si applica anche al comunismo sovietico da lui definito non scientifico. Ma il bello di questo vigoroso e comico ritratto dell'uomo russo è che testimonia nell'autore la rara capacità di parlare dell'oggi senza arenarsi nella cronaca del contingente, anzi attingendo alla lezione della storia e soprattutto della letteratura del suo Paese. Alessandra Levantesi pra: Kevin Costner. A sinistra: Brass con un'attrice

Persone citate: Aida Bortnik, Aleksandr Rogozkin, Brass, Cecov, Hector Alterio, Kevin Costner, Leonardo Sbaraglia, Marcelo Pineyro, Pinochet, Rogozkin

Luoghi citati: Argentina, Buenos Aires, Cile, Venezia