Divi e feste tutto in sommergibile

Si è aperta la mostra del cinema con «Allarme rosso» di Scott e «Il costruttore di morte» di George Si è aperta la mostra del cinema con «Allarme rosso» di Scott e «Il costruttore di morte» di George Divi e feste, tutto in sommergibile I Inaugurazione senza star, pubblico in festa VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Un massacratore omosessuale tedesco degli Anni Venti, assassino con un fatale morso profondo nel collo di ventidue ragazzi, prostituti oppure no, squartatore e smembratore dei loro corpi. E poi: immersione, emersione, quota periscopio, assetto silenzioso, avvicinamento veloce, macchina avanti normale, sistemi missilistici pronti, falla in sentina, Thank You Sir, Sorry Sir, una tale quantità di luoghi comuni sommergibilistici che pare d'essere in un vecchio sketch di Walter Chiari. Nel primo giorno, esemplare del mix che domina la Mostra, s'affiancano una crudele opera prima europea di produzione televisiva del trentenne Romuald Karmakar e un film d'azione americano bellico-umanistico-sottomarino patriottico che permette al cinquantenne Tony Scott d'abbandonarsi felice al piacere del cinema, girare, citare, tentare, inventare. In «Der Totmacher» (Il costruttore di morte), Groetz George interpreta bene Fritz Haarmann, commerciante pluriuccisore, autore di delitti rimasti famosi nella cronaca tedesca, definito «il più terribile assassino del Novecento» e scelto come modello da scrittori e pittori dei Venti. Il film si rifa ai testi stenografici dei colloqui tra il grande criminale e il professore incaricato della perizia psichiatrica, s'affida quasi interamente alla parola: senza varianti, in una stanza oscura i due uomini si fronteggiano, l'uno interroga con pacata imperturbabilità, l'altro risponde tormentosamente con silenzi, furori, imbarazzi, anche piccole risate ribalde o affettuose. Il dialogo ricostruisce la storia del massacratore, la sua impossibile innocenza di solitario ignorante, l'odio spaventato per i comunisti, la furbizia, brutalità e tenerezza amorosa, rievoca i delitti: la frenesia sessuale che prendeva l'uccisore inducendolo a mordere e dissanguare i ragazzi-vittime, il pianto che lo coglieva se i morti erano belli, la lunghissima fatica di macellazione ed eliminazione dei cadaveri (sventrati, svuotati, tagliati in piccoli pezzi, gettati nel fiume sulle cui acque seguitavano a galleggiare le minuscole leggere dita dei piedi). E la sua paura della follìa, più forte della paura di venir decapitato: «Non la ritengo pazzo», conclude lo psichiatra, e lui: ((Allora sono tranquillo», può andare a morire «con stile e coraggio» perché tutti lo ammirino e nessuno lo dimentichi. Tra infiniti film che hanno narrato nei modi più rea listici e raccapriccianti il lavoro di morte dei serial killer, il rac conto esclusivamente verbale di «Der Totmacher» risulta più efficace, più intelligente e approfondito, più capace di svelare non un mostro ma un uomo e gli estremi a cui l'uomo può giunge re. t «Crimson Tide - Allarme rosso» immagina che un sommergibile nucleare della Marina militare americana venga allertato dalla minaccia da parte d'un leader nazionalista russo a capo d'un piccolo esercito di ribelli di colpire con armi atomiche gli Stati Uniti e il Giappone; che il comandante si trovi a dover decidere, essendosi interrotte le comunicazioni, se lanciare oppure no i missili nucleari che provocherebbero una catastrofe mondiale. La storia è un pretesto per raccontare 0 conflitto tra l'anziano comandante Gene Hackman e il suo giovane secondo ufficiale Denzel Washington; uno bianco e uno nero, uno esperto e l'altro colto, uno impulsivo e l'altro prudente, uno bellicoso e l'altro pacifico. Naturalmente il vecchio bianco ha torto, perde e viene prepensionato mentre il suo antagonista ha ragione, vince e diventerà comandante. Naturalmente i russi risultano comunque avversari pericolosi: se prima erano rossi adesso sono pazzi, se prima erano superdisciplinati ora sono ipercaotici, non finiranno mai di rappresentare un rischio. Ma le idee del film mediocre hanno poco peso: conta di più il divertimento con cui il regista Tony Scott gioca con l'epica, con le musiche enfatiche e i cori sublimi, con le citazioni cmefile e gli stereotipi, con la propria grande abilità di filmaker. Una battuta non male è del comandante Gene Hackman: «Siamo qui per preservare la democrazia, non per praticarla». Lietta Tomabuoni VENEZIA. La Mostra '95 si è aperta con un omaggio al Centenario del Cinema, e in particolare al neorealismo italiano e al mito di «Roma città aperta». Esaurite le formalità di rito (brevi interventi di Pontecorvo, Rondi, del presidente della giuria, lo spagnolo Jorge Semprun e del sottosegretario D'Addio), Carlo Lizzani ha presentato, prima del film inaugurale ((Allarme rosso» di Tony Scott, due sequenze di «Celluloide» che avrebbe dovuto essere proiettato questa sera al Palazzo del Cinema, ma non è finito. La platea del Palazzo del Cinema era ieri sera stracolma, mentre la galleria denunciava l'assenza delle star; in compenso abbondavano i generali dell'esercito, dei carabinieri, della Marina e della Finanza. E di conseguenza tutta l'attenzione dei fotografi era concentrata su Denzel Washington: «Allarme rosso» uscirà nelle sale a metà settembre. [e. b.] *1 I Nella foto grande, Denzel Washington sul sommergibile con cui è sbarcato a Venezia. Qui a destra, Nicoletta Braschi protagonista del film di Marco Tullio Giordana «Pasolini, un delitto italiano»: arriva al Lido senza il marito Roberto Benigni

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