Zanzotto così ascolto il canto della Terra di Goffredo Parise

Parla il poeta, dai versi una sfida musicale Parla il poeta, dai versi una sfida musicale Zanzotto: così ascolto il canto della Terra Yrl pieve di soligo ■ / (Treviso) 1/ EGLIO in iperacusia», dice ■ un verso delle Pasque. Per I 1 Goffredo Parise la sua poesia era una punta di diamante che scava negli strati geologici del suolo, una potenza «ctonia» che, oltre la corteccia, svela le assonanze e gli stridori primi della terra, della mente, della lingua che è suono e dà senso. «Un poeta percussivo, ma non rumoroso: il suo metronomo è forse il batticuore», preferiva scrivere Montale. Udito insaziabile, a 74 anni Andrea Zanzotto continua ad ascoltare il «paesaggio fonico» che lo circonda. Il suo sismografo rileva «la catastrofe dell'italiano, la full-submersion all'inglese», i solchi profondissimi del «coma televisivo» nel quale siamo piombati. «La traccia più intensa di espressione è per me ancora collegata all'idea ermetica di musica intelligibilis. Una musica interna: la scelta dei vari concetti crea un fatto mentale e un tessuto musicale, al di là del suono». Ma suono, cibo per voci e strumenti sono diventati, ora, i suoi versi: parte della raccolta di Fosfeni si è trasfigurata in un ciclo musicale. «Mirco ha affrontato i versi peggiori, i più impegnativi, ha sfidato le parti più incommestibili, da lacerare il palato. Si è messo in contatto con dei tessuti fusi, tridimensionali, dei velluti spinosi. In certi momenti prevalgono degli stati caotici: una contraddizione in temimi oggi accettata, l'ordine caotico». Mirco De Stefani, musicista diplomato e giovane medico, con studio in paese. Ha deciso di circondare di musica, ma sensibilis, la trilogia della terra di Zanzotto: Galateo in bosco, Fosfeni e Idioma. L'ha scritta, l'ha diretta, l'ha incisa. I primi compact-disc sono appena arrivati, appoggiati sul tavolo della stanza del camino. Anche la voce del poeta è entrata nel disco, «come ombra tra le ombre». «Vivendo negli stessi luoghi, Mirco ha ripercorso per sue strade certe sensazioni che derivano dal bios dell'ambiente, nel legame fortissimo con il bios storico, che precipita giù, nel bios geologico. La sua scelta di restar qua, senza costrizioni di alcun genere, mi dà un senso di sicurezza. Ci sono analogie, date dal vivere nello stesso ambiente, c'è il rimbalzo cromatico dei colori della grande pittura veneta, che sono gli stessi del nostro paesaggio, anche con tutte le lacerazioni orride che ha patito negli ultimi decenni. Ha costruito un magma fonico, scintillante, in continua instabilità, che tocca il tema: Fosfeni, brulichìi, stati d'animo puntiformi. Sento questa musica viva e nascente, senza la volontà di strafare». «Utilizzando i versi di Zanzotto come un contesto nel quale costruire la musica, ho immaginato una serie di percorsi, scelti in modo caotico - riflette De Stefani -. Come un movimento sopra un crinale, soggetto a varie forze, dove l'equilibrio è precario, tende perfino al collasso. Questo testo si comporta come un geroglifico: l'accesso è difficile, molte le chiavi di lettura». Un braccio di ferro tra logos e polemos, ordine e guerra, una massa sonora che si assottiglia e dissolve, verso quel «Nord magico» dove tende la trilogia di Zanzotto. Il Nord delle vicine Dolomiti, «le luminosità che si perdono in vette, e il dato luminoso è sempre collegato alla luce mentale». La musica ha sempre nutrito l'immaginario di Zanzotto, e il ri- cordo precipita lontano: «Il bisnonno di Mirco, che era un suonatore di ocarina, faceva sentire in certe sere di settembre questo suono delizioso, come un uccello che saliva dalla sera. A me avevano affibbiato il clarinetto, sono andato avanti per due anni di fatiche disumane. Il maestro Fontebasso aveva l'orecchio assoluto e iniziava a far lezioni private alle cinque della mattina, pianoforte e armonium. Don Liberale, alle scuole magistrali, diceva: "Vardè che quando che saré maestri, se imparé l'harmonium e l'organo ciapé altri cinquanta franchi al mese". Seguiva anche i cori e se qualche volta mi tiravo indietro, muovendo solo la bocca, dopo un minuto mi sbatteva il righello sulla testa: "Truffatori, cantate!". Ho continuato a suonare l'organo nella chiesetta delle suore fino ai trent'anni. Ascolto Bach, che resta sempre inevitabile, onnipresente e forse futuribile Mi resta la nostalgia di Maderna, di Nono, Ligeti mi piace moltissimo: sento molto vicina una musica di quel genere, giocata sui quarti di tono, poi ricomposta attraverso qualcosa di misterioso». Dall'ocarina al «Roar roar romba sbomba... omnes sicut dii coi motori», come ha scritto per esprimere la contemporanea, brutale invasione rumoristica. «Senso, suono, ambiente, erano una cosa talmente fusa! Adesso la campana più sentita è quella dei morti. Con Nico Naldini andiamo spesso in cerca di posti adatti a farci seppellire, ma non ne troviamo. Il benessere ha portato tombe tremende, ho visto une specie di lenzuolo coniugale di porfido, altro che cimiteri campestri». «Recitativo veneziano» e «Cantilena londinese)) i suoi testi per il «Casanova)) di Fellini, poi musicati da Nino Rota. Nenie, assonanze, nostalgia di universi acustici perduti? «Sì, però arrivo a sentire i dischi di Brian Eno e un gruppo rock-folk di Conegliano ha usato le traduzioni inglesi di alcune mie poesie». Il suono delle nostre parole è mutato? «Stento a distinguere il suono della parola umana perché sono troppo preoccupato dal fatto linguistico come tale, della catastrofe dell'italiano come lingua storica. La proposta è ormai quella della fidl-submersion della lingua dalla quale si proviene. Le lingue non sono più bilaterali: l'italiano è proibito, non c'è una coscienza che segua l'impeto linguistico, si deve creare un fasullo elemento di ambiente natale, la piena immersione nella lingua nuova. Qui ci sono lo Snack bar al Cantòn, la Stamp Press, la Art Gal lery... Minotauri, come i nomi: Thomas, invece di Tommaso. Bencttòn che diventa Bénetton, come in America. Paolo Villaggio sta facendo un film spassosissimo su questo. E' una comicità tragica, pare che si cerchi di far dimenticare la lingua di provenienza. Imparare l'inglese è necessario, ma c'è il pericolo che si formi un proletariato linguistico: chi non sa bene l'inglese non può accedere ad alcune forme di potere, in nessun campo». Per tutto il periodo barocco, la lingua della musica è stata l'italiano. «Una classificazione del Cinquecento diceva: l'italiano è la lingua per parlare con le dame, il tedesco serve con il cavallo, il francese per ragionare con l'uomo, lo spagnolo per Dio. L'Inghilterra era ancora eccentrica». Perché non ha mai lasciato Pieve di Soligo? «Per impormi? Ma vale poi la pena di imporsi? Ho fatto un po' il pendolare con la Milano di Sereni, Montale, Anceschi, nel dopoguerra. Però per me è prevalso il dato, certe volte nefasto, appiccicoso, del mondo infantile, con i suoi suoni, i suoi colori». Lo ritroveremo anche nel prossimo libro? «Dieci anni che non pubblico un nuovo libro! Li ho passati a fare il critico, a sistemare saggi, con l'aiuto di giovani studiosi, tutti volontari. I miei amici docenti di Ca' Foscari i me tontona, come si dice qui. Ho perso tempo, anche con le traduzioni. Dolorose, implicano la decostmzione del testo, smontano il miraggio che hai di avere espresso qualcosa di intoccabile». e' finalmente pronto, c'è già un titolo? «Mi sembrava plausibile Opuscoli, perché sarà un libro spappolato, polidirezionale. Ma sa troppo di understatement alla Camillo Sbarbaro». Ancora con Mondadori? «Hanno una specie di diritto dalla culla alla tomba! Ho firmato ai tempi di Forti e Sereni, non si pensava all'irruzione del capitale finanziario, e neppure di potersi trovare con il capo del governo come editore. Per giunta responsabile, anche senza volerlo, ma certo con le sue televisioni commerciali, dell'allontanamento di tutti i programmi culturali verso le fasce orarie più tarde. E' più ragionevole la prefazione di Mussolini al libro di Ungaretti, nata come un rapporto personale, perché gli erano piaciute le poesie di guerra». Sandro Cappelletto HHflHMHi I «Contro il coma televisivo, la catastrofe dell'italiano e l'inglese che ci sommerge» Andrea Zanzotto sta per pubblicare una nuova raccolta di versi; a destra. Sutherland «Casanova», con Fellin qui sotto, Bach Andrea Zanzotto sta per pubblicare una nuova raccolta di versi; a destra. Sutherland «Casanova», con Fellin qui sotto, Bach

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