La madre del soldato, l'insegnante precaria: giorni di angoscia di Paolo Guzzanti

La madre del soldato, l'insegnante precaria: giorni di angoscia lettere AL GIORNALE La madre del soldato, l'insegnante precaria: giorni di angoscia La solitudine dei giovani militari La lettera di A. C. su La Stampa del 27 agosto si chiudeva con un appello a genitori e governanti nella speranza di muovere le loro coscienze verso il problema della «vita» in caserma dei giovani militari di leva. Pur consapevole della risibilità del mio ruolo di mamma di un giovane militare, ritengo opportuno aggiungere alle parole di A. C. il mio punto di vista. Le famiglie, nel farsi carico dell'educazione dei giovani, si muovono secondo gli indirizzi della cultura dello Stato, supportati in massima parte dalla scuola statale. I giovani ricevono un'educazione che esalta la convivenza democratica, il rispetto dell'individuo, la resistenza contro i processi di massificazione, il valore del lavoro. Nessuna sorpresa ahimè se a compimento del processo educativo lo Stato non riesce a garantire il lavoro; profonda è invece l'indignazione di fronte all'imposizione di un servizio militare ispirato a principi diametralmente opposti a quelli ai quali i giovani sono stati educati. Arrivati di fronte ai cancelli delle caserme molti provano la sensazione di dover abbandonare nelle mani di un inaffidabile guardarobiere il loro bagaglio di idee, di aspirazioni, di esigenze, per lasciarsi stordire invece da ordini «superiori», da attività inutili, da inattività perniciose. Si potrebbe dire che lo Stato è un pessimo pedagogista che enuncia buone teorie e fa eseguire pessime pratiche. Per molti giovani è una situazione che definire di disagio sarebbe come usare un inadeguato eufemismo, una situazione che pr lude a perdita di identità se non di voglia di vivere. Per le loro famiglie: la perdita di quel residuo di serenità superstite dopo tutti i sacrifici, le rinunce, il senso di precarietà generalizzata, le difficoltà di attrezzare i giovani di un patrimonio ideale e intellettuale e di rafforzare i loro equilibri costantemente minacciati da situazioni oggettive. Vivo da 105 giorni in un'angoscia permanente, pronta a balzare a ogni squillo di telefono nell'attesa di qualche notizia. Dall'altra parte del filo sento lacrime e richieste di aiuto. Mi si può obiettare che ho tirato su un figlio fragile: sarà vero; ma della stessa fragilità soffrono centinaia di giovani usciti da famiglie normali, educati da normali scuole del nostro Stato. Voglio aderire all'appello di A. C. e chiedere ai signori giornalisti, che hanno scritto tanto sulla solitudine dei giovani in occasione dei recenti esami di maturità, di prendere in considerazione la solitudine dei giovani militari, e sollecitare un dibattito sugli effetti socialmente deleteri di questa abnorme forzatura che è il servizio di leva per molti che, seppur idonei fisicamente, lo rifiutano mentalmente e cercano spazi di libertà, anche nei tunnel più angosciosi e più ciechi. C. I., Bovalino (Reggio Calabria) Due figli, due lauree e senza cattedra Ho 35 anni, sposata, con due figli, sono in possesso di due lauree e ho conseguito un'abilitazione all'insegnamento nelle scuole superiori nell'ultimo concorso ordinario per titoli ed esami. Sono tra le prime escluse dall'immissione in ruolo delle graduatorie di merito e, inoltre, mancandomi sei giorni al raggiungimento dei 360 giorni di servizio non ho potuto partecipare nel 1993 al concorso per soli titoli, restando esclusa dalla graduatoria permanente degli abilitati (definita doppio canale di reclutamento). Quei giorni mi sono mancati perché ho dovuto seguire la mia figlia più piccola, Maria che oggi ha sei anni, per una lunga e preoccupante malattia (finita bene, grazie al cielo). Ho continuato a far supplenza (ma si lavora sempre di meno: molti docenti di ruolo perdenti posti vengono assegnati alle supplenze annuali), nutrendo sempre un'esile speranza di accedere al ruolo. Adesso l'occasione ci sarebbe: con gli anni scolastici 1995-'96 e 1996-'97 un certo numero di insegnanti andrà in pensione e qualche posto verrà messo a ruolo. Saranno sicuramente pochi, sapendo che una parte di questi verranno assegnati ai docenti di ruolo che in questi anni sono rimasti sprovvisti di cattedra. Non bisogna dimenticare che il calo demografico e la ridu¬ zione dei posti cattedra a fini di risparmio hanno provocato una consistente contrazione dei posti di lavoro nella scuola. Io, trentacinquenne con due lauree e due figli da crescere (mio marito, pure lui laureato, è stato licenziato - e senza il sussidio della cassa integrazione - avendo la sua azienda sospeso definitiva¬ mente l'attività), invece mi trovo esclusa da questa, anche solo teorica, possibilità. Perché? Perché le graduatorie di merito in cui sono inserita decadono con l'anno scolastico in corso e le eventuali future immissioni in ruolo verranno fatte attingendo il 50% dei candidati dalla graduatoria permanente del doppio canale (dalla quale sono stata esclusa per sei giorni) e il restante 50% dei posti saranno accantonati per futuri concorsi. Sì, è assurdo, ma fonti ufficiose sindacali e ministeriali sostengono che nel 1996 verranno banditi nuovi concorsi. Diminuiscono gli alunni, decrescono i posti di lavoro nella scuola, insegnanti di ruolo perdono la cattedra, migliaia di docenti abilitati, con famiglia a carico, sono precari e attendono un lavoro, ma... si prevedono nuovi concorsi. Assurdo. Maria Clara Mariettini Savona Il Comune sfratta la cultura Desidero raccontare la mia vicenda drammatica e per molti aspetti incredibile. Gestisco da 20 anni una libreria in Pesaro, la Campus, che è sempre stata punto di riferimento culturale per la città. Un anno fa un disastroso incendio l'ha distrutta. Il Comune mise perciò a mia disposizione un locale, fino ad allora pressoché inutilizzato, e per il quale pago un affitto. Ora, dopo complesse e alterne vicende, benché per motivi indipendenti dalla mia volontà non sia ancora approntata una nuova sede, il Sindaco e la nuova Giunta hanno ordinato lo sgombero di detto locale, senza concedere la proroga da me richiesta (e verbalmente promessa) pur non sussistento urgenti necessità di liberare il locale. Ho inoltrato ricorso al Tar, che non ha concesso la sospensiva, e quindi il 28 agosto è iniziata di nuovo l'operazione di sgombero. Ciò significa la scomparsa di una libreria efficiente, di un'attività, di posti di lavoro. A nulla sono valsi gli interventi a mio favore dell'onorevole Vittorio Emiliani, di un gruppo di parlamentari, di Giulio Einaudi, di Diego Novelli, di Giampaolo Pansa, di illustri cittadini pesaresi e la solidarietà di buona parte della cittadinanza, tutti allibiti da tanta durezza, quasi che io fossi un delinquente e non uno che chiede di lavorare. Si può fare qualcosa per bloccare il provvedimento? Matteo Casalino, Pesaro Sofri: a Sarajevo un vero affare Vi sarei molto grato se, del resoconto su un dibattito sulla Bosnia alla festa dell'Unità di Reggio Emilia, voleste correggere almeno la notizia secondo cui ho «comprato una casa a Sarajevo», dal momento che è del tutto falsa. Non avrei avuto i soldi, e se li avessi avuti li avrei impiegati, a Sarajevo, diversamente: non so, gelati per i bambini, cosmetici per le impiegate della posta, pane e patate per i passanti. Quando vado a Sarajevo, abito per un modesto affitto in una casa della città vecchia, col doppio vantaggio di stare alla larga dal tetro ed esoso albergo Holiday Inn, e di condividere la vita ansiosa e premurosa dei sarajevesi. E' un vero affare. Adriano Sofri, Firenze La liquidazione del Presidente La signora Carla Pertini mi prega di correggere un errore nel mio articolo uscito ieri a pagina 4 «Pertini non affittò questa casa». Avevo scritto che i) Presidente della Repubblica non ricevette la pensione, mentre in realtà si trattava della liquidazione. Paolo Guzzanti

Luoghi citati: Bovalino, Pesaro, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Sarajevo, Savona