Al cinema

Al cinema Al cinema Un kolossal che non amò EGLI Anni Cinquanta Michael Ende aveva fatto il critico cinematografico, amando Kurosawa, Wajda, il cinema impegnato. Quando gli offrirono di trasformare in film La storia infinita, s'accese d'entusiasmo. Accettò i 150 mila marchi offertigli nell'80 dal produttore Dieter Geissler, e anche la proposta di trasferire in celluloide solo la prima parte della sua fiaba ecologica. Ma non sapeva che il patto gli avrebbe causato dolore. A Geissler, si unì Bernd Eichinger, un giovane produttore d'assalto che era cresciuto con le storie rarefatte di Wenders, Syberberg, Kluge, ma che poi si era scoperto una vocazione a fabbricar marchi con Christiane F e U-Boot9R. Ende raccomandò di trattare con delicatezza la sua favola, sostenendo che «la fantasia non ha bisogno di mostri né di effetti speciali». Ma non servì a niente. Eichinger pensava all'americana, sognava un kolossal tecnologico; racimolò 40 miliardi e realizzò il film più costoso della storia tedesca; a supervisionare gli effetti speciali fu chiamato Brian Johnson [L'impero colpisce ancora, 2001 Odissea nello spazio). Dopo lunghe discussioni fu cacciato il vecchio regista e ingaggiato Petersen, l'affidabile confezionatore di U-Boot. Michael Ende si rese conto di quanto stava succedendo, bisticciò e tolse la propria firma. «Petersen ha stravolto il mio romanzo - disse Ende -. E' un'operazione ridicola, un gigantesco melodramma impastato di kitsch, cartapesta e peluche». Il film uscì nell'84; fu un successo, raddoppiato dalla colonna sonora di Moroder, e generò un sequel nel '90, tratto dalla seconda parte del ro-