Ende il signore dell'incanto

Morto a Stoccarda lo scrittore della «Storia infinita»: la fantasia al servizio del pianeta' Morto a Stoccarda lo scrittore della «Storia infinita»: la fantasia al servizio del pianeta' Ende, il signore dell'incanto Best seller «ecologico» da 5 milioni di copie Lo scrittore tedesco Michael Ende è morto a Stoccarda, dopo una lunga malattia. Era nato a Monaco di Baviera nel 1929. ENZANO, alle porte di Roma. Nel 1981 Michael Ende cominciava ad assaporare il successo del suo romanzo: La storia infinita, con mezzo milione di copie vendute in Germania. Stava diventando l'idolo dei verdi e dei pacifisti. Seduto nel salotto della grande casa, sprofondato fra gli ulivi, l'ex allievo di Brecht, trasferito in Italia nel '71, si dava ragione del suo successo, anche se era stupito per la velocità con cui era arrivato. E lì, quel giorno, non avrebbe mai pensato che la storia di Bastiano, che ruba un libro da un antiquario, si mette a leggerlo e ci «cade dentro» per diventarne protagonista, sarebbe stato tradotto in 35 lingue e venduto in 5 milioni di copie. Nato a Garmisch, in Germania, nel 1929, Ende, figlio di un pittore surrealista, si diceva nato per diventare drammaturgo. Ma sapeva che scrivere per il teatro non gli avrebbe pagato l'affitto e quant'altro, così decise che pur di stare in palcoscenico avrebbe fatto l'attore. Con Brecht riusciva a recitare, vestito da soldato, qualche battuta in Madre Coraggio, e a passare cinque anni in compagnia, facendosi venire una grande crisi: dopo Brecht cosa e come ancora si può scrivere? Lo salvò un amico designer che aveva delle illustrazioni e non im testo a cui appoggiarle. Ende si mise al tavolo con due personaggi: un ferroviere e un bambino nero. Scrisse 600 pagine. Quando finì l'amico designer non sapeva cosa farsene e il buon Ende dovette andare in libreria a consultare i nomi e gli indirizzi degli editori tedeschi cui spedire il manoscritto. Per due anni ebbe dei rifiuti, poi la Tienemman di Stoccarda gli disse sì, l'avrebbe pubblicato. Ende ricordava, sorridendo, che quel sì gli era arrivato quando aveva l'acqua alla gola e che, curiosamente, anni dopo - con un padrone di casa che lo rincorreva perché era indietro con l'affitto e a poche ore da dover fare i bagagli - gli era arrivata una telefonata per dirgli che il suo romanzo, Jom Bottone, aveva vinto il massimo premio tedesco dei libri per ragazzi. Allora viveva a Monaco, nel quartiere di Schwabing, strade di artisti, pittori e musicisti. Creatività e fantasia. Ende attribuisce a quel periodo il suo bisogno di fantasia e innocenza. E anche il momento del Gruppo 47, del dibattito sul romanzo, delle lunghe discussioni fra «impegno e disimpegno» in letteratura. Quell'atmosfera, ricordava Ende, stava diventando irrespirabile. Si dovevano scrivere romanzi sociali, fortemente realistici. Lui doveva difendere le sue fiabe dagli attacchi degli amici, i Boll, i Grass. E il giudizio negativo su tutto quanto fosse tedesco, cultura, storia, stava afferrando anche lui. Così decise di allontanarsi, di partire con la moglie Ingeborg, di venirsene in Italia, nella campagna vicino a Roma. Pubblica Un ferroviere e mezzo e Momo, ma non succede nulla, Ende vivacchia. In realtà sta tessendo le fila dove far correre il suo Bastiano ne La storia infinita. Credeva nelle storie che fossero come un pendolo tra realtà e fantasia. Una fantasia non regressiva ma conoscitiva. E' quella di Bastiano che si tuffa nel libro trovato dall'antiquario e, nascosto in soffitta, precipita fra le parole della storia, un Alice maschietto alle prese con il Regno di Fantasia. «(Avevo un foglietto - ricordava Ende - con scritto: "Un ragazzo cade nella storia che legge e difficilmente riuscirà ad uscirne". Ma ero pigro, scrivevo con fatica». Era un libro per ragazzi, ma Ende sapeva che il termine era facilmente allargabile. C'erano tanti ragazzi fra i 20-25 anni che si sentivano soffocare dai testi ideologici, volevano leggere altro, non più Marx, avevano scoperto Tolkien. Da allora Ende, con la sua testa bianca, da profeta, ò diventato lo scrittore, con un'etichetta un po' restrittiva, «verde», lo scrittore ecologista. Anche a Monaco, dov'era tornato a vivere ne)l'86 dopo che era morta la moglie, continuava a scrivere di fantaecologia, a pensare alla «spogliazione del pianeta», all'uso dissennato che si fa delle risorse terrestri. Ma sempre usando parole di poesia e fantasia. Usando il sentimento dell'incanto. Lo sguardo di Bastiano che scopre l'avventura. Nico Orango Qui accanto, lo scrittore Michael Ende, a sinistra, una scena del film «La storia infinita» diretto da Wolfgang Petersen. tratto dal suo celebre bestseller manzo, \jx storia infinita 2 firmato da George Miller, con un nuovo Bastiano (Jonathan Brandis) e Clarissa Buri «vestale del Nulla». Ende arrivò al cinema anche con Momo, nell'86. Scottato dalla precedente esperienza, decise di controllare meglio la genesi del film. Si affidò a Johannes Schaaf, che aveva già «tradotto» sullo schermò La cri pia dei cappuccini di Rolli. Stavolta gli aborriti effetti elettronici non ci furono. Ende fu soddisfatto (comparve anche come attore), il pubblico meno: la produzione girata a Cinecittà, con musiche di Branduardi, risultò un mezzo flop. L'irresistibile fortuna della Storia infinita in film trasformò in bestseller anche il romanzo, scoperto «casualmente» in Italia da Mario Spagnol. Ricorda l'editore di Longanesi: «Un amico, il designer Richard Sapper, mi disse che voleva farmi conoscere un cugino di sua moglie, Michael Ende, Combinai un pranzo e quando il commensale mi disse che aveva pubblicato un romanzo "alla Tolkien", sospirai scorato tra me e me, perché si diffida sempre delle imitazioni. Mi feci mandare il romanzo e ne fui immediatamente rapito. Lo divorai sull'isola del Giglio, ripetendo la storia del protagonista: il libro mi risucchiò. Girai con Ende l'Italia per convincere i librai che non era una fiaba per bambini. Ci riuscimmo. Quando uscì, La storia infinita andò subito bene; dopo il film lievitò oltre le 300 mila copie».