La signora del bosco

La signora del bosco Sui monti della Valle d'Aosta, nel '39: una missione delicata, un incontro misterioso La signora del bosco Spia o donna in cerca d'amore? |j ESTATE del 1939 stava per I / finire. Le armate tedesche I avevano invaso la Polonia e II si combatteva a Varsavia. I ~~ I Francia e Inghilterra avevano dichiarato la guerra alla Germania il 3 settembre e sul Fronte Occidentale le forze contrapposte stavano dietro le grandi linee fortificate, la Maginot e la Siegfried, in attesa del grande scontro. L'Italia aveva dichiarato la sua «non belligeranza». In quei giorni una compagnia di alpini, dopo aver attraversato con lo zaino affardellato Courmayeur e la Vel Veny, si era accampata sopra il Col de La Seigne, appena al di qua del crinale che segnava il confine, tra le Pyramides Calcaires e l'Alpe Superiore di la Lex Blanc: un bel posto finché non venne molto freddo e la prima nevicata della stagione che seppellì le tende. Da qui, ogni tanto, gli alpini risalivano in cordate il ghiacciaio verso l'Aiguille de la Trélatéte e, alla sera, sotto la tenda cantavano le solite canzoni. Dall'altro accampamento più in basso veniva il suono di una fisarmonica. Con la radio da campo un caporale era riuscito a intercettare qualche volta una stazione dell'Eiar da dove trasmettevano le canzonette del Trio Lescano e le notizie dal mondo che, da lassù, pareva lontanissimo. Gli ufficiali ascoltavano lo notizie della guerra in Polonia e le azioni di pattuglia sul Fronte Occidentale. Tra i soldati correva voce che in Valle, a Cormaiore, o a San Desiderio Terme, o a Porta Littoria (così venivano scritti Courmayeur, PréSaint-Didier e La Thuile!) avevano arrestato delle spie francesi, donne bellissime. Poi dicevano di no, che non le avevano arrestate ma che erano state segnalate e quindi bisognava sorvegliarne attentamente i passi. Ma gli alpini di notte dormivano stretti dentro le tende per riscaldarsi, di giorno, poi, gli ufficiali raccomandavano ai caporali di non farsi vedere sui crinali e, alle corda¬ te, di ignorare quelle dei Chasseurs des Alpes in eventuali incontri. La storia delle belle spie francesi aveva eccitato la fantasia dei soldati; forse qualche giovane sottotenente sognava di arrestarle, magari mentre osservavano dall'alto il nostro accampamento. Un giorno il capitano chiamò nella sua tendacomando il caporalmaggiore degli esploratori e con aria di grande mistero gli ordinò di portare e consegnare al Comando, ad Aosta, uno zaino tutto speciale. Dentro, gli disse, c'erano segreti militari e lo doveva consegnare al Comando, ad Aosta, nelle mani del colonnello o del suo aiutante maggiore. Solo a uno di loro. Doveva andare a piedi, svelto, fino a Pré-Saint-Didier; lì doveva prendere il treno. Gli diede anche gli scontrim per il biglietto. Poteva anche fermarsi un giorno ad Aosta e ritornare l'indomani. Ma gli raccomandò, anzi gli ordinò, di non aprire lo zaino e di tenerlo sempre in spalla, di non fermarsi a parlare con nessuno e di andare tranquillo per la sua strada anche se dovesse incontrare qualche ragazza. Il caporalmaggiore degli esploratori partì subito, a salti, giù per l'Alpe la Lex Bianche, costeggiò il lago Combal dove nel luglio precedente avevano preso molte rane e, prima di La Visaille, vide uscire dal bosco una ragazza e questa camminare sulla sua strada, un poco più avanti di lui. Anche lei andava di buon passo. Rallentò. Rallentò anche lei. Non c'era nessuno per quella strada all'ombra dell'Aiguille Noire: né alpinisti né militari, né turisti anche se era una bella giornata fresca di fine estate. Forse la guerra che s'addensava sull'Europa aveva fatto rientrare la gente nelle case. La ragazza che camminava davanti a lui si sedette sull'argine della strada. La raggiunse, la guardò di sfuggita. Lei lo salutò. Rispose al saluto. «Ma dove va così in fretta?» gli disse. «Vado in permesso. Devo prendere il treno». «Prenderà quello dopo. Si fermi un poco con me. Parliamo» rispose lei. Si fermò in mezzo alla strada per guardarla. No, non poteva quella signora essere una spia, una di quelle spie di cui si raccontava la sera sotto le tende. Era solamente un'alpinista solitaria. Piuttosto formosa. Aveva il sacco in spalla, una corda, la piccozza: un'alpinista malinconica che, forse, voleva essere amata per una volta da un giovane alpino. Ma poi ricordò l'ordine che gli aveva dato, e la fiducia del capitano: doveva andare al Comando senza fermarsi e consegnare quello zaino «segreto militare», al colonnello. «Mi dispiace, signora, devo proprio raggiungere il treno sennò perdo le coincidenze per il permesso». «Vai, vai. Addio alpino» disse la signora quasi con stizza. Lui riprese la strada, correndo, quasi volesse recuperare i tre minuti di sosta. Ma poi improvvisamente rallentò, come per fermarsi. La signora lo chiamò: «Alpino!». Riprese a camminare svelto. A Counnayeur, tranne il Royal, tutti gli alberghi erano clùusi. Da Vorrand scese a Pré-Saint-Didier per il vecchio sentiero e, sempre tenendo lo zaino m spalla, aspettò il treno per Aosta, dove arrivò nel pomeriggio. Al «Castello» consegnò lo zaino all'aiutante maggiore e qui intuì che i segreti militari erano le relazioni che il suo capitano aveva fatto su certi materiali alpinistici che loro avevano usato per la prima volta. Perciò lo zaino era così leggero. L'aiutante maggiore gli disse che per mangiare e dormire era in forza al Comando e che il giorno dopo poteva ripartire con suo comodo. Anzi, per quella sera gli dava il permesso fino alle 23, poteva fare una doccia e poi andare al cinema. E cosi fece. Dopo il rancio, con il suo permesso in tasca andò a bere un quartino di vino nell'osteria sotto la Porta Pretoria dove c'erano tanti richiamali dell'artiglieria alpina, anziani immalinconiti e tristi con gli scarponi ancora gialli, nuovi, che cercavano qualcosa in fondo al bicchiere. Uscì e camminò fino in piazza dove c'è il monumento a Vittorio Emanuele 11 in posa da cacciatore e poi andò al cinema dove davano L'assedio drll'Alcazar. Il giorno successivo, dopo il rancio delle 10, riprese il treno per PréSaint-Didier; rifece il sentiero per Counnayeur e la strada per Notre Dame de la Guérison. Verso La Visaille sperò di incontrarla ancora; questa volta si sarebbe fermato. Fosse o non fosse stata una spia. Ma la Val Veny restava silenziosa come non mai: non minore di passi lontani o vicini, non di mandrie sui pascoli dell'Alp Vieille, o in transito. Anche le pecore che con le corde erano slate portate al pascolo del Fauteuil des Allemands non erano più lassù. Dalla Punta dell'Innominata non scendevano slavine. «Sarebbe bello incontrarla qui», pensava. «Chissà dove sarà andata quella signora; forse al Royal». Arrivò all'accampamento quando il sole era già tramontato dietro le Jorasses e sentì il sergente Peron che con voce rauca cantava: «Voici venir la nuit / là bas dans le campagne / et le soleil s'en fuit / à travers la montagne... ». Si presentò al capitano a riferire il compimento dell'ordine e il capitano gli disse di an dare alle cucine a farsi dare il suo rancio. Non ce n'era più. Il caporale cuciniere gli diede la razione di pane, un pezzo di parmigiano e una fetlina di lardo. Stavano preparando il caffè per l'indomani mattina: «Se aspetti un poco sarà pronto il caffè» gli disse. Le stelle ricomparvero nel cielo tra nubi tirate che minacciavano neve e dal Combal gli giungeva il suono della fisarmonica: era il suo compaesano innamorato che la suonava ogni sera. Il capitano gli aveva detto che la mattina sarebbe dovuto andare con una pattuglia alla Pointe de Léchaud; ma senza passare per il crinale: sarebbe dovuto restare lassù qualche ora, osservare cosa si vedeva al di là e fare rapporto. Invece quella mattina era tutta bianca per la prima neve. Durante la notte il cielo si era completamente coperto, la temperatura alzata. Per questo, sotto le tende, c'era un bel tepore. Ora nevicava, la pattuglia era sospésa e, in mattinata, rientro anche il plotone del tenente Chabot che era su in alto. Dopo una settimana furono costretti a scendere più in basso. Anche i Francesi, dall'altra parte, erano ritornati nei quartieri invernali. Poi si spostarono con le tende ni ftirtud, infine a Dolomie, dove sarebbe venuto in ispezione S. A. il Principe di Piemonte. Che non venne. Una sera di ottobre, mentre stavano a riscaldarsi attorno al fuoco delle cucino, un alpino della Valmalenco raccontò di aver sentito dell'arresto di una spia: una donna bellissima che dall'Alpe di Prò de Bard stava salendo al Col du Gran Ferret. Nello zaino, diceva, aveva tutti i disegni delle nostre fortificazioni e, ad arrestarla, erano stati '. militi della Confinaria. Voleva andare in Svizzera. Un altro disse che non era cosi la storia: che la spia l'avevano presa al Gran San Bernardo, ma era un uomo. Il caporalmaggiore degli esploratori ascoltava in silenzio: se era un uomo, non era quella che aveva incontrato quel giorno a La Visaille; se era una donna bellissima, nemmeno. Forse queste erano tutto balle. Forse la spia vera era quella che aveva ùicontrato lui Forse non c'erano nemmeno spie. Aveva fatto male a non accettare l'invito di quella signora. Mario Rigoni Sterri «Ma dove va, alpino, così in fretta? Si fermi un po'con me» Una storia di bellissime straniere catturate che eccitava i soldati le d'Aosta, nel '39: una missione delicata, un incontro misterioso Il Monte Bianco, in Valle d'Aosta: qui si svolge la storia raccontata da Rigoni Stem Una sconosciuta alpinista, alpini alla vigilia della seconda guerra mondiale

Persone citate: Blanc, Chabot, Mario Rigoni, Noire, Peron, Rigoni Stem