Arbasino: omaggio a Soldati; tutti i popoli vanno all'inferno di Giorgio Calcagno

Arbasino: omaggio a Soldati; tutti ipopoli vanno all'inferno 1 LETTERE AL GIORNALE Arbasino: omaggio a Soldati; tutti ipopoli vanno all'inferno Madre e figlia negli Anni 50 «Soldati non sbaglia un colpo», scrive Giorgio Calcagno a proposito dell'importanza dei nomi inventati dai romanzieri per i propri personaggi. Ebbene, omaggio a Mario Soldati! Ricordo con riconoscenza una sua prescrizione rivelatrice sulla decisiva rilevanza dei nomi e cognomi nella narrativa italiana contemporanea: devono suonare plausibili e autentici, senza però dare adito a pettegolezzi di identificazione come nella narrativa «a chiave» cheap. E ci fu subito un esempio pratico, ormai antico (ero molto giovane). Che cognome tipico attribuire (stavo scrivendo La narcisata) a una coppia di madre e figlia perfettamente «Anni Trenta» nella Roma degli Anni Cinquanta? «Un doppio cognome è indispensabile», fu la risposta immediata. «E siccome ci fu un tipico artista d'epoca chiamato Ferruccio Ferrazzi che è impossibile concepire in altri contesti, le devi chiamare le Ferri Fazzi. Basta questo a definire un decennio». Grazie, Maestro. Alberto Arbasino, Roma L'onorevole Dini come Papa Giovanni? Ho l'impressione che, poco per volta, si finirà col paragonare, con tutto il rispetto, l'on. Dini a Papa Giovanni che, eletto come Pontefice di transizione, riuscì in soli quattro anni ad incidere profondamente sul corso della storia, non solo della Chiesa, ma della intera umanità. Qualcuno auspica il ritorno di questo presidente «tecnico» come uomo politico di primo piano. In realtà, è vero che qualche mese ancora di «governo Berlusconi» ci avrebbe por tato alla catastrofe, ma '. anche vero che il presidente Dini ha svolto ottimamente il lavoro di tecnico, ma ha finito col far sta- re meglio chi stava bene e peggio chi stava male. Non voglio annoiare nessuno con lunghi elenchi perché è sotto gli occhi di tutti che le tre più importanti conquiste, assistenza sanitaria, Inps, scuola aperta a tutti, sono state distrutte. E' stato distrutto, cioè, lo Stato sociale, col grande vantaggio di chi voleva il liberismo come economia selvaggia e con la sottrazione, a noi poveri mortali, dei diritti naturali. L'operazione è riuscita ma il malato è morto. In compenso, la lira sta bene, ma gode ottima salute nelle tasche di chi ce l'ha. prof. Nicola Galluccio Scafati (Sa) Una vita normale per i malati di Aids Pur riconoscendomi nella sostanza delle parole attribuitemi dalla Stampa sulla cosiddetta «banda dell'Aids numero due», preciso che, sebbene il mio nome sia stato coinvolto nelle gesta della «banda numero uno», mi sono sempre avvalso della facoltà di non rispondere e certo non rivendico il copyright di quella attività che anzi condanno. Riaffermo invece l'utilità di richiamare l'attenzione sul problema dei malati di Aids e sulla necessità di garantire anche a loro una vita normale. Antonio Lamarra Il «motore» di Satana Dopo aver letto l'articolo apparso il 24 agosto di Giorgio Calcagno dal titolo «Tutti i popoli vanno all'inferno» intervengo per affermare, pubblicamente, che concordo con le diverse rappresentazioni che alcuni poeti, scrittori ed artisti hanno dell'inferno ma particolarmente con quella espressa dal poeta Andrea Zanzotto. Egli ha avuto il coraggio civile di mettere in evidenza la causa prima di tutte le gravissime condizioni di miseria, di guerra, combattuta sempre dai più poveri, e distruzione di risorse ambientali. Questa causa egli la vede in quel gruppo che governa la finanza internazionale. Sembra una forza infernale «neutra» invece è il «motore» che tiene in piedi questo perverso sistema dell'ingiustizia planetaria - che fa accentuare sempre più il divario fra ricchi e poveri. Addirittura questi signori li chiamerei i «capi delle entità demoniache» che sconvolgono il mondo. Grazie caro Andrea Zanzotto per aver messo, con la sua sensibilità umana di poeta, il dito sulla suddetta piaga purulenta, che diffonde egoismo esasperato dappertutto. Come vorrei che anche certi responsabili politici e religiosi (tra i quali il Papa) dicessero, apertamente, ciò che ha detto lei, caro Andrea Zanzotto! Salvatore Mengaldo, Venezia Più controlli sulle evasioni Sono anni che parliamo di lotta all'evasione e mai che assistiamo alla soluzione di questo problema; noi dipendenti siamo costretti a pagare fino all'ultima lira mentre gli altri pagano con i condoni, se pagano. Non è giusto. E' mai possibile che i nostri governanti non debbano affrontare il problema alla radice, perché non copiano dagli Stati Uniti, dove l'evasione è considerata un reato. Se tutti pagassero le tasse, non ci sarebbero questi continui aumenti, vedi Iva, lei, spazzatura, gas, sanità. Perché il Dini non affronta il problema, perché continuano a tosarci, quando sanno che l'evasione esiste, fa bene il Santo Padre a mettere in guardia il governo, stiamo diventando tutti più poveri, per colpa dell'inettitudine. Basterebbero degli esempi: la legge «manette agli evasori» esiste, non ne occorrono delle altre, è la volontà che manca. L'italiano deve avere paura: è inutile che vengano comminate delle pene valutarie, quando si sa che non pagheranno mai. Un dentista non dà la ricevuta fiscale, bene: gli si chiuda lo studio; un barista: gli si chiuda l'esercizio; due giorni fa, ero da un meccanico, vuole ricevuta o fattura, anche qui c'è il trucco per evitare i controlli incrociati. E allora? Deve essere sempre il solito Pantalone a pagare? Oggi c'è l'automazione e se ci fosse un concorso da parte di tutti, dei Comuni, delle Conservatorie, del Pra, e degli altri organi, nessuno, dico nessuno, potrebbe evadere. E' importante che vengano dati degli esempi e non parole, parole ed il problema rimane. Parlano di 100.000 miliardi: ci sono, eccome. Quando si va da questi autonomi ci si accorge che evado¬ no le tasse, e quante noi ne pagheremmo di meno e non saremmo più costretti a essere munti ogni 3-4 mesi o ad ogni governo che cambia. Insomma se ci deve essere una seconda Repubblica, che ci sia, ma sia giusta ed uguale per tutti. Giorgio Zaglia Torino La «Grande Serbia» spina nel cuore Leggo soltanto ora sulla Stampa dell' 11 agosto la lettera del prof. Nicola Galluccio di Scafati (Salerno). Desidero fare un'osservazione a quanto scrive: «... Non è vero che noi modesti cittadini siamo stati a guardare indifferenti, ciò che potevamo fare lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo». Vorrei sapere cosa abbiano fatto, questi modesti cittadini, sino ad ora. Il prof. Galluccio aggancia il problema dell'ex Jugoslavia al problema del nucleare di Chirac. Per il quale problema sia la Ripa di Meana che la Nannini hanno fatto le loro «sceneggiate». E' questa «sacra rappresentazione» il contributo alla tragedia balcanica? Non sono per la «guerra». Preferisco la via diplomatica. Tuttavia credo che il tradizionale sogno di una «Grande Serbia» sarà sempre una spina nel cuore dell'Europa. Ho insegnato Storia nei licei classici e conosco il «problema balcanico». Purtroppo è un problema nel quale le grandi potenze non sono estranee. Ma quello che mi stupisce è ogni piano di «spartizione» perché credevo che la «politica del tappeto verde» (tipica del XVIII sec.) fosse ormai tramontata. La «vera democrazia» è la «democrazia» di un «popolo sovrano» nel rispetto della Carta Costituzionale. M. Luisa Anconetani Fiori Jesi (An)

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