Habermas il vero libertario oggi è il giudice tedesco
il caso. Il filosofo del'68: ecco perché le barricate non servono più il caso. Il filosofo del'68: ecco perché le barricate non servono più Habermas: il vero libertario oggi è il giudice tedesco BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Le barricate del 1968? Grazie alla Corte Costituzionale e alle sue decisioni liberali «ormai non servono più», sentenzia il sociologo Jùrgen Habermas, e il paradosso - invero permeato di robusti richiami alle spinte antiautoritarie delle ribellioni studentesche - scuote il cuore conservatore e misurato di una Germania appesa, ancora, alle lacerazioni della propria identità. Perché il nuovo graffio dell'autore di Conoscenza e interesse riassume un disagio in espansione e impone una domanda soprattutto, famigliare nel dibattitto italiano su potere politico e magistratura: dov'è il confine, qual è il limite fra «politica» e «giustizia», a «chi» spetta controllare «chi»? Sentiamo Habermas, nell'intervista concessa a Focus e dedicata al suo libro di prossima pubblicazione {La normalità di una repubblica berlinese, una raccolta di interviste e saggi scritti negli ultimi tre anni e presto edita da Suhrkamp): «In Germania, per essere considerati radicali basta fare una critica che in America si definirebbe "liberal". Basti pensare alle proteste studentesche negli Anni 60, a quelle contro il divieto di assunzione negli enti pubblici per sospetto comunismo negli Anni 70, o alla disobbedienza civile negli Anni 80. Per quanto mi riguarda però sono cambiate non soltanto le persone, ma anche le circostanze: oggi non c'è più bisogno di salire sulle barricate, perché c'è la Corte Costituzionale che per fortuna si incarica di difendere le ovvietà liberali». Per esempio, la non punibilità dei blocchi stradali e dei sit-in come strumento di pressione e di protesta, sancita pressappoco un anno fa dai supremi giudici di Karlsruhe. Per esempio, la possibilità di definire «assassini» i soldati tedeschi senza finire in carcere, grazie al «riconoscimento della protezione della libertà di espressione» di cui ognuno deve godere: una sentenza esplosiva che il Bundestag definì subito «il verdetto della vergogna», e che fece gridare alla «giustizia scandalo» l'ex ministro degli Esteri e vice cancelliere Hans-Dietrich Genscher. Per esempio il verdetto - recentissimo, di pochissime settimane appena - «dell'anticostituzionalità dei crocifissi» nelle scuole bavaresi: nel senso che d'ora innanzi non si potranno più appendere per legge, come prevedevano le norme regionali, ma soltanto per libera decisione di insegnanti e genitori. Le pungenti riflessioni del sociologo tedesco - fino all'anno scorso ordinario all'Università di Francoforte - non sem- brano casuali, nel momento in cui le controversie scatenate dalla «sentenza dei crocifissi» capovolgono solide consuetudini polemiche, infrangono alleanze, propongono inedite tutele della Costituzione e dei suoi massimi garanti. Per la prima volta infatti la suprema Corte è oggetto di aperta ribellione da parte dei suoi tradizionali paladini, i partiti della destra. Per la prima volta, esponenti di rilievo di quei partiti chiedono una riforma radicale dei meccanismi di elezione dei giudici di Karlsruhe, vogliono la modifica dei loro contestati criteri di giudizio, invocano «l'incostituzionalità di chi dovrebbe garantire la Costituzione». Per la prima volta, anche a Bonn la politica aggredisce la giustizia per correggere la sua presunta «ribellione» ai fondamenti della reciproca esistenza. Come nota la Frankfurter Allgemeine Zeitung, e quasi un terremoto e «non ci si raccapezza più», con «politici conservatori che minacciano apertamente il boicottaggio delle decisioni della Corte», con esponenti dei partiti di governo che invocano la disobbedienza, con «cristiani della domenica che si armano alla resistenza contro l'autorità dello Stato come se fossero dei martiri, in un Paese che si pensava secolarizzato». Ora che anche Habermas - una bandiera per il vasto schieramento della ex sinistra radicale - ha imposto sul dissidio fra politica e giustizia il sigillo delle proprie «riflessioni liberali», la Corte di Karlsruhe sembra davvero diventata il limite, l'emblema di uno scontro sul quale - c'è da scommettere - si giocheranno i margini di un confronto sempre più prossimo allo scontro. Emanuele Novazio Un nuovo libro sulla «Normalità di una Repubblica berlinese» «La Corte Costituzionale difende nel nostro Paese le conquiste civili» Polemica in Germania: la destra insorge contro i magistrati Sopra, Jùrgen Habermas; qui accanto, il giudice Antonio Di Pietro, magistrato-simbolo d'Italia; più a sinistra, una manifestazione nel '68
Persone citate: Antonio Di Pietro, Emanuele Novazio, Habermas
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