«Vivere a Sampa, da orfani»

«Vivere a Sampa, da orfani» «Qui tutto funziona regolarmente, anche se qualcuno di noi comincia ad avere paura» «Vivere a Sampa, da orfani» «Il male di Vincenzo non ci ha bloccati» NELLA COLLINA SENZA MUCCIOLI RIMIN! DAL NOSTRO INVIATO Barbanera sta sulla panca dove si vede la strada che arriva e il sole che si ferma a qualche metro. In giorni come questi, Muccioli tirava su la testa e i ragazzi gli andavano intorno. C'era sempre qualche giornalista che saliva e quelli che aspettavano fuori con i maglioni dolcevita e le facce dello zoo chiedevano: «Puoi dire una parola a Vincenzo?». Salivano tutti dal mare, sulla collina di Vincenzo. Salgono ancora oggi che c'è qualcosa di diverso, e non è solo questo silenzio, non è il rumore che manca, non è questo vuoto che appare intorno. Chissà se si vede il mare dalle terrazze di Sampa. Mislav Ivkosic, uno degli ultimi arrivati sulla collina del dolore e della vita, il mare lo vedeva sempre dall'altra parte, dove fanno la guerra. I ragazzi continuano a venire e adesso arrivano anche da tutto il mondo, dalla Croazia, dalla Bosnia, dalla Svezia, dal Canada, e Antonio Schiavon Barbanera quando si alza dalla panca avrà pensato di incontrarne uno. E' tutto fermo intorno, non viene il vento dalle vigne. L'ultima macchina che è passata portava la voce triste di Roberto Vecchioni, ma era qualche minuto fa. Non è solo il silenzio. Però, la prima volta che il cronista salì quassù c'era un vocione che sfondava le pareti e quando apparve era così massiccio e rumoroso che uno si chiedeva se era proprio lui l'uomo che salvava tutti quelli che nessuno voleva, se era proprio lui Vincenzo Muccioli, da Coriano, Rimini, dove viene il mondo d'estate. Muccioli non c'è in questi giorni, malato di una malattia misteriosa che lo tiene nascosto e lontano dalla Comunità da più di due mesi, dal 18 giugno, l'ultima volta che l'hanno visto in pubblico. Dicono che sia grave, i suoi negano tutti e sempre. Sampa è un'altra cosa senza Muccioli e ci si chiede come ce la farà. Sampa è sempre stata come quest'uomo, [j alto, grosso, così romagnolo: roboante, generoso, irruento, passionale. Questa era San Patrignano, la collina del dolore e della vita. Oggi, c'è qualcosa di diverso, e non è solo questo silenzio. Antonio Schiavon e Franz Vismara portano i numeri, «57 settori di lavoro che funzionano, alcuni in crescita come il restauro e la ceramica; 150 nuovi ingressi negli ultimi due mesi; i giovani che continuano a scrivere e chiamare». Le mucche hanno fatto più latte, i maiali sono aumentati. La cittadella è nuova e pulita. Quanto fango c'era prima. Il centro medico sta curando «35 malati allo stadio finale», dice Schiavon. Aids? «Malati allo stadio finale», ripete. Aids non si dice. E' ancora così, Sampa, dicono. «Perché in tutti questi anni si è lavorato per costruire una rete con altre persone», come spiega Carlo Bozzo. Adesso vengono da tutto il mondo, dal Canada all'Olanda, e dalla vicina Svizzera: «Vuol dire che ci credono», dice Barbanera. Quand'erano 15 ragazzi qui, c'erano le pozzanghere e l'argilla, e per venire su dalla salita bisognava alzare i piedi dal fango. Alfio Russo arrivò, e Muccioli era nelle vigne e aveva le mani nella terra. «Ero un randagio. Lui mi riempì di caldo. Ma voi riuscite a capire che cosa vuol dire?». Passavano le notti parlando, tutti quanti e qualche volta qualcuno diceva: «Ci fosse il mare, Vincenzo». Betti era la prima donna che entrò, veniva da Bolzano e i suoi andavano in vacanza da Muccioli alla pensione «Stella polare» e si fidarono ciecamente di questo signore che soffriva se c'era da buttar giù un pioppo o tirare il collo a una gallina. Adesso Betti fa la pittrice, e ogni tanto viene a trovare gli amici e regala un quadro. Il primo ragazzo invece arrivò da Forlì, Gabriele Bertoni, e s'è sposato qui dentro, e poi è rimasto con la sua famiglia. «Era la collina degli ideali, era un paese, e ora è una città», disse una volta Alfio Russo, uno degli imputati per la morte di Roberto Maranzano, il giovane ucciso a Sampa. «E nelle città ci sono persone, storie, af- fetti, alcune cose belle e tante cose brutte». Da 15 a duemila ragazzi, da due case con il pollaio a una città, dal 1977 a oggi, Sampa è cresciuta come può crescere una persona, come cresce la vita. E allora, è ancora qui questo angolo surreale di socialismo utopico dove si è tutti uguali, fatto con gli scarti della società, con i più deboli, con gli sconfitti, con gli emarginati, con quelli che non vogliono più in casa, con quelli della strada? E' ancora qui, senza il suo padre padrone, così grande e così rumoroso? Francesco Jurak, il parroco di Medjugorje, scrive per raccomandare i suoi soldati che hanno scelto la dro¬ ga all'orrore della morte. E anche Miljenko Stojic, un altro prete della Croazia: «Vi prego, aiutate gente senza speranza». Poi scrive Mislav, soldato ferito: «A fine ottobre mi hanno colpito durante la guerra nella città di Trogir, Croazia. Ho fatto il militare per tre anni e ora sono senza tre dita nella ^ mano destra. Ho imparato a bu- te carmi facendo il soldato. Sono molto contento se posso entrare nella vostra Comune perché ho bisogno di curarmi». Mislav è venuto, e prima di lui altri e dopo ne verranno ancora, dalla Croazia e dalla Bosnia. Va bene, Sampa sembra ancora così, anche adesso che Vincenzo Muccioli è malato, e forse lontano, e qualcuno comincia ad avere paura. E' un tam tam che si rincorre, arrivano in visita Mauro Miccio, consigliere di amministrazione della Rai, e Vittorio Feltri, direttore del Giornale. Un po' di stupore, tutto funziona. Nessuno lo dice, ma tutto funziona anche senza di lui, senza il padre padrone, tutto funziona nell'autunno del patriarca. Comprose le liti, con il Palazzo dì Giustizia, là sotto, a Rimini. Prima, il procuratore capo, Franco Battaglino: «Provo dispiacere per l'uomo Muccioli che sta male. Però se è un credente ora dovrà vedersela con il Signore, che è un giudice che non può essere ingannato». Risposta da Sampa: «Siamo sbigottiti. Commenti di questo tipo evidenziano e confermano quell'assenza di serenità di giudizio che abbiamo sempre tèmuto. Non capiamo come possa sentirsi tanto vicino a Dio un uomo che continua a dimostrarsi così totalmente privo di umanità e rispetto». Tutto come sempre, tutto come ieri. Se non fosse per questo silenzio, potrebbe esserci Muccioli, di là dal muro, nell'ufficio. Questa notte è anche la prima che Mislav Ivkosic guarda il mare da questa parte. C'è una città sotto le colline, e il mare sta sotto al cielo, giù in fondo, dopo quel mucchio di case che svaniscono nella foschia. Da San Patrignano è quasi una scommessa, perché la gente che viene qui è come se avesse rischiato di annegare in mezzo al mare della vita e può capitare che non c'è nessuno a tirarti fuori. Una volta, Vincenzo mise il braccio sulla spalla di Betti e le chiese perché le piaceva questo posto. «Perché mi son salvata», disse lei. Non ti piacciono le colline, non ti piace per il mare? Il mare, da questa stradina che sale vicino al cancello, bisogna pensarlo, e Mislav ci riesce perché ha fatto la guerra fino all'altro ieri e quando l'hanno ferito a Trogir s'era fatto un buco nelle vene e non gli veniva da piangere. Non ha più tre dita, Mislav, da Osiek, Croazia, e ha imparato a chiudere gli occhi e a sognare una casa piena di amici, una partita a carte e una donna che gli scrive una lettera. Anche il mare ha imparato a sognare. «Ma non si vede», disse quella volta Betti, «non si vede il mare da San Patrignano». Dalla collina dei rifiuti, dalle strade dei tossici, dalla casa di Vincenzo Muccioli, che sta dietro le siepi, oltre il cancello, chissà se si vede davvero il mare. Eppure, oggi, siamo convinti d'averlo visto, per la prima volta da quando saliamo per questa via sulla collina del dolore, nella più grande comunità dei mondo per il recupero dei tossicodipendenti, più grande della Delancy Street Foundation di San Francisco, più grande di quella aperta alle porte di Berlino Est, più grande di tutte. Che silenzio, a Sampa. Dev'essere stata un'illusione. O forse no. Vorremmo chiederlo a Vincenzo Muccioli, da Coriano, Rimini, l'uomo più rumoroso che abbiamo conosciuto. Speriamo che ce lo dica la prossima volta che saliremo quassù. Pierangelo Sapegno Il magistrato «Dovrà vedersela con Dio, che non si fa ingannare» E' lontano dalla Comunità da oltre due mesi. Giallo sulla sua malattia misteriosa. I ragazzi: dicono che sia grave, ma non è vero «Abbiamo avuto da luglio altri centocinquanta nuovi ospiti» gazzi, da due case con i pollaio a una città, dal 1977 a oggi, Sampa è cresciuta come può crescere una persona, come cresce la vita. E allora, è ancora qui questo angolo surreale di socialismo utopico dove si è tutti uguali, fatto con gli scarti della società, con i più deboli, con gli sconfitti, con gli emarginati, con quelli che non vogliono più in casa, con quelli della strada? E' ancora qui, senza il suo padre padrone, così grande e così rumoroso? Francesco Jurak, il parroco di Medjugorje, scrive per raccomandare i suoi soldati che hanno scelto la dro¬ dea Coaa: V pego, agente senza speranza». Poi scrive Mislav, soldato ferito: «A fine ottobre mi hanno colpito durante la guerra nella città di Trogir, Croazia. Ho fatto il militare per tre anni e ora sono senza tre dita nella ^ mano destra. Ho imparato a bu- te pbisogno di curarmi». Mislav è venuto, e prima di lui altri e dopo ne verranno ancora, dalla Croazia e dalla Bosnia. Va bene, Sampa sembra ancora così, anche adesso che Vincenzo Muccioli è malato, e forse ,ro Miccio, consigliere di amministrazione della Rai, e Vittorio Feltri, direttore del Giornale. Un po' di stupore, tutto funziona. Nessuno lo dice, ma tutto funziona anche senza di lui, senza il padre padrone, tutto funziona nell'autunno del patriarca. Comprose le liti, con il Palazzo dì Giustizia, là sotto, a Rimini. Prima, il procuratore capo, Franco Battaglino: «Provo dispiacere per l'uomo Muccioli che sta male. Però se è un credente ora dovrà Sotto Vincenzo Muccioli. A destra una veduta aerea della Comunità. Sopra il patron con alcuni dei suoi ragazzi, a sinistra l'ingresso del Centro medico